Percorsi interdisciplinari della fisica: metodo sperimentale e grandi domande

Alfio Briguglia
Albert Einstein (Ulm, Germania, 1879 - Princeton, NJ, USA, 1955).
In pillole
  • Il metodo sperimentale della fisica si avvale di riduzioni che semplificano la ricerca ma ciò non implica un riduzionismo ontologico.
  • Tra Ottocento e Novecento il fisico e filosofo Ernst Mach si propose di eliminare dalla fisica concetti ritenuti metafisici, come massa, forza, spazio assoluto, influenzando il neopositivismo logico.
  • Partendo da scoperte e ipotesi teoriche, molti fisici si trovano impegnati in domande filosofiche riguardanti, ad esempio, la presenza di finalismo nella natura e l’origine dell’informazione.
  • La razionalità scientifica non è avulsa da considerazioni di ordine etico, estetico, filosofico, politico e teologico.
  • L’ideale dello scienziato colto pone in dialogo le diverse narrazioni e rappresentazioni circa la natura e i suoi fenomeni, sapendo tenere insieme le dimensioni scientifiche e quelle umanistiche.

Due famosi storici della fisica, Gerald Holton e Stephen Brush, pubblicarono nel 2001 un manuale di fisica per il quale scelsero come titolo: Physics, the Human Adventure. Il titolo era indicativo di un mutamento di paradigma culturale circa la relazione tra la più dura delle scienze, la fisica, e il mondo vitale dell’uomo, che Edmund Husserl chiamava Lebenswelt

Tutta la ricerca scientifica è avventura dell’uomo e si inserisce nella sua tradizione culturale perché vive tra le immaginazioni, utopie, narrazioni, aspirazioni, progetti, idee di una determinata cultura, di un determinato periodo storico, di un determinato ricercatore. Dietro ogni astratta formula, dietro ogni asettico algoritmo c’è il ricercatore vivente, con la sua capacità di conoscere e appassionarsi, con la sua precisa consapevolezza di quale sia la responsabilità verso il vero e il bene, con la sua libertà, con le sue decisioni circa quali vie sia più opportuno percorrere. 

grandi scienziati non sono mai stati solo scienziati: avevano interessi filosofici, artistici, religiosi, erano socialmente impegnati. Keplero viveva la preparazione delle sue osservazioni astronomiche come se fosse una liturgia. Newton dedicò molto tempo a commentare libri della sacra Scrittura, forse più di quanto ne avesse dedicato alla ricerca scientifica. 

Durante la Prima guerra mondiale, Marie Curie mise le sue conoscenze, acquisite nell’ambito della fisica, al servizio dei feriti. Einstein aveva fondato con due suoi amici la Akademie Olympia, che si riuniva periodicamente per leggere le opere di filosofi influenti. Planck e Heisenberg erano ottimi pianisti. Bohr, HeisenbergSchrödinger avevano anche una formazione filosofica. La specializzazione disciplinare nasce nella seconda metà dell’Ottocento. Prima ogni scienziato era anche un uomo di cultura. 

Tutti i diversi atteggiamenti nei confronti della religione – atei, agnostici, credenti – erano e sono rappresentati nel vasto mondo della ricerca scientifica. Come mostrato da Amos Funkestein nella sua opera Theology and Scientific Imagination (1986), le concezioni filosofiche di una determinata epoca risentono della visione del mondo offerta dalle scienze e si traducono in una filosofia della natura che influenza anche la teologia e i rapporti col vissuto della fede. L’idea stessa di razionalità scientifica, e di ciò che è accettabile o meno come conoscenza garantita, muta a seconda di contesti ed epoche storiche particolari. Questo avviene anche per quel tipo di razionalità che si immagina eterna: la razionalità matematica.

Tra fine Ottocento e inizio Novecento Ernst Mach (1838-1916), influente fisico e filosofo austriaco, si propose di eliminare definitivamente dalla fisica concetti ritenuti metafisici (massa, forza, spazio assoluto). Mach influenzò il neopositivismo logico che pensava di portare a termine un progetto di totale riduzione delle teorie fisiche a puri fatti empirici. Oggi quel tentativo sembra lontano e, tutto sommato, ingenuo, perché la fisica del Novecento si è trovata invece di fronte alla sfida di nuove visioni che superano l’ambito puramente disciplinare ed empirico e intrigano fortemente fisici impegnati sia in campo teorico sia sperimentale. 

Molti fisici si trovano confrontati con domande che, partendo da scoperte e ipotesi teoriche, finiscono per diventare domande schiettamente filosofiche. Ricordiamone qualcuna all’intreccio tra fisica e discipline umanistiche, sebbene la fisica intrattenga relazioni interdisciplinari con quasi tutte le discipline.

a) Quando si è affermata l’interpretazione standard della meccanica quantistica, i fisici hanno vestito i panni del filosofo e si sono posti di nuovo, in modo diverso, problemi già affrontati nell’antichità: il mondo è retto dal determinismo degli eventi, come pensava Laplace, oppure a livello microscopico tutto è indeterminato? Davvero accade, come diceva il fisico Richard Feynman, che “la natura non sa dove andrà un elettrone”? Ancora: c’è forse più spazio per la libertà umana visto che il caso è presente dovunque?

b) Se la misura di intervalli temporali e la stessa definizione di eventi simultanei dipende dallo stato di moto dell’osservatore, come afferma la teoria della Relatività Speciale del 1905, che cosa è il tempo? E che relazione c’è tra il tempo percepito, soggettivo, e il tempo misurato, oggettivo?

c) Nel 1929 il sacerdote cattolico George Lemaître proponeva, come possibile soluzione delle equazioni della Relatività Generale di Einstein del 1916, l’idea di un cosmo in espansione. Ma se il cosmo si espandeva in avanti nel tempo, andando a ritroso bisognava giungere a un tempo iniziale nel quale tutto lo spazio-tempo materiale era racchiuso in un punto singolare: cosa significa allora un inizio del tempo? E cosa significa una situazione di concentrazione materiale quasi infinita in uno spazio quasi nullo? Dove va a finire la fisica che conosciamo quando attraversiamo a ritroso quello che oggi i fisici chiamano tempo di Planck (10-43 secondi dopo il Big Bang)? La cosmologia vista alla luce della termodinamica poneva ancora altri problemi. Poiché le leggi della fisica sono reversibili rispetto alla direzione del flusso temporale, se l’entropia aumenta verso il futuro, allora essa dovrebbe aumentare anche andando all’indietro, verso il passato. È sperimentale che questo non avvenga. Ciò significa che, di fatto, l’entropia era minore nel passato. L’universo è nato in una condizione di minima entropia. Come giustificare la particolarità di questi inizi? Inoltre, ogni legge fisica dipende da costanti non deducibili dalla teoria. Il valore di tali costanti è, si dice, finemente sintonizzato (finely tuned) in modo che la vita sia possibile. Cosa significa questo da un punto di vista filosofico? Si tratta di domande poste dal cosiddetto Principio antropico, incrocio di questioni fisiche, filosofiche, teologiche.

d) Robert Oppenheimer, che diresse il cosiddetto “Progetto Manhattan” per la costruzione della bomba atomica negli USA tra il 1942 e il 1945, consapevole della propria responsabilità disse: “I fisici hanno conosciuto il peccato”. Si incontra allora la domanda: la ricerca scientifica e la scoperta sono bene in sé, qualunque cosa si stia cercando di fare, oppure no? Possono gli scienziati invocare libertà nella ricerca come valore non negoziabile e lasciare solo ai politici le responsabilità delle applicazioni?

Esistono, poi, delle relazioni interdisciplinari anche fra la fisica e la teologia. Queste non riguardano solo il caso Galileo Galilei, ma accompagnano, in modi diversi l’evoluzione della fisica dal Seicento in poi. Quale relazione è possibile tra un universo sempre più “meccanico” e un universo retto dal governo divino?

L’intersezione tra i percorsi fisici e filosofici ha reso necessario riflettere in modo più approfondito sui metodi, sui linguaggi adoperati, sulle domande legittime e quelle illegittime, sui confini di ogni disciplina e sugli sconfinamenti che costituiscono sempre una tentazione. 

Il metodo sperimentale della fisica ha successo perché si avvale di successive riduzioni che semplificano la ricerca di correlazioni tra variabili: delimitazione del sistema, individuazione delle variabili interessanti, fissazione di condizioni iniziali… Tuttavia, di fronte al successo di una legge trovata, che si esprime anche come capacità di manipolare la natura, la tentazione di estendere l’efficacia della legge a ogni ambito della realtà, anche agli aspetti non abbordabili con il metodo scientifico, resta alquanto insidiosa. In tal modo il metodo di “riduzione” si trasforma in riduzionismo. In termini filosofici si potrebbe dire che il “riduzionismo metodologico”, efficace e necessario, si trasforma in un più discutibile “riduzionismo ontologico”, come se tutto l’essere sia oggetto adeguato della fisica.

Se la scienza è “avventura umana”, appartiene cioè al mondo vitale dell’uomo, e se ciò che è “scientificamente” accettabile lo è grazie al consenso circa le conoscenze e i metodi condivisi in un determinato periodo storico, allora l’etica, l’estetica, le esigenze sociali e le visioni filosofiche in genere, influiscono sul nostro concetto di razionalità, determinano la scelta dei problemi importanti sui quali lavorare, imprimono la direzione verso cui vale la pena fare ricerca, suggeriscono ciò che è eticamente permesso e ciò che non lo è, e perfino potrebbero influenzare il peso di verità posseduto dalle proposizioni scientifiche. 

Per Paul Dirac, ad esempio, uno dei fondatori dell’elettrodinamica quantistica, la bellezza è un criterio di scelta tra teorie equivalenti, anche se potrebbe non essere immediato, a parità di dati sperimentali spiegati, definire in che modo una teoria sia più “bella” di un’altra. Documentaristi e scrittori cercano, a loro modo, di descrivere e narrare la bellezza della scienza. E, poiché per fare ricerca occorrono finanziamenti pubblici, la questione su quali ricerche siano essenziali o meno diventa un fatto anche politico, come dimostra la contesa “filosofica” fra riduzionismo od olismo ingaggiata davanti al Congresso degli Stati Uniti tra due premi Nobel: Stephen Weinberg e Philip Anderson. Il primo, impegnato nel campo della fisica delle particelle e riduzionista radicale; il secondo, impegnato nel campo della fisica della materia condensata, sintetizzò la sua posizione in un motto diventato celebre: “more is different!.

La conoscenza scientifica non vive in un mondo fatto solo di teorie, ipotesi, esperimenti. Vive nel mondo dell’uomo e si interseca in molti modi con i suoi interessi vitali. I manuali di fisica asettici e scolpiti nella roccia vanno bene per addestrare a risolvere problemi. Ma descrivono paesaggi in due dimensioni, dai quali è scomparsa la storia e le vie impervie per le quali nascono le grandi teorie della fisica.

In realtà, la narrazione che la scienza fa della natura deve confrontarsi con altre narrazioni complementari, con altre forme di indagine che riguardano altre domande essenziali, sull’uomo e sul suo mondo. Scriveva Ludwig Wittgenstein nel suo influente Tractatus logico-philosophicus, nel 1922: “Noi sentiamo che, anche una volta che tutte le possibili domande scientifiche hanno avuto risposta, i nostri problemi vitali non sono ancora neppur toccati” (prop. 6.52).

Le narrazioni bibliche, ad esempio, intendono offrire una risposta a queste domande vitali. Suggeriscono un senso per il cosmo e per la storia. Con queste altre narrazioni le conoscenze scientifiche possono entrare in conflitto oppure in sinergia, possono ignorarsi oppure integrarsi. L’ideale dello scienziato colto, al quale ci riferivamo all’inizio, aiutava a tenere insieme le dimensioni scientifiche e quelle umanistiche, e può essere ancora oggi un esempio per la ricerca contemporanea.

Tracce di lavoro: 

Laboratorio Interdisciplinare: In un incontro che coinvolga docenti sia di materie scientifiche che umanistiche, gli insegnanti espongano agli studenti il concetto del “Principio Antropico” e le sue conseguenze sul piano scientifico, filosofico e teologico, chiarendo le diverse versioni in cui esso viene presentato (Principio Antropico forte, Principio Antropico debole e Principio Antropico finale). Promuovano in seguito una ricerca autonoma degli studenti sul tema e una loro personale riflessione.

Discutiamone insieme: Le grandi svolte che si sono susseguite nella storia della fisica moderna hanno richiesto notevoli sforzi e dedizione alla ricerca. Il docente discuta insieme agli studenti su quali potrebbero essere le motivazioni capaci di spingere lo scienziato a intraprendere ricerche difficili e complesse, dall’esito spesso non scontato.

Approfondisci e rifletti: Servendoti delle risorse suggerite in questo Percorso Tematico e di altre risorse disponibili in rete, svolgi una ricerca sulla differenza tra probabilità epistemica e probabilità ontologica. Cosa vogliono dire queste due diverse forme di probabilità? Secondo te, sostenere che a livello microscopico un evento sia intrinsecamente aleatorio negherebbe il principio di causalità?

Approfondisci e rifletti: Insieme ai tuoi compagni cerca di analizzare le caratteristiche che ha il tuo tempo vissuto e le caratteristiche che ha il tempo come variabile della fisica. Queste due nozioni sono diverse? Sono incompatibili oppure armonizzabili?

Per approfondire
Dal Dizionario Interdisciplinare: 
Giuseppe Tanzella-Nitti, Antropico, Principio
Alberto Strumia, Determinismo
Giuseppe Tanzella-Nitti, Leggi naturali
Alberto Strumia, Meccanica
Alberto Strumia, Relatività, Teoria della
John Polkinghorne, Riduzionismo

John Polkinghorne, Quantum Mechanics

voci tratte da DISF e INTERS
Pagine scelte: 
Scienza e Fede (1930), di Max Planck
James Clerk Maxwell e le equazioni della luce (1984), di Thomas F. Torrance
La bellezza e la ricerca della bellezza nella scienza (1987), di Subrahmanyan Chandrasekhar
Opere influenti: 
Albert Einstein, Come io vedo il mondo (1934), a cura di Elena Pautasso
Thomas S. Kuhn, La Struttura delle rivoluzioni scientifiche (1962), a cura di Antonio Livi
Karl R. Popper, Congetture e Confutazioni (1962), a cura di Matteo Acciari
Paul Davies, Dio e la nuova fisica (1983), a cura di Giuseppe Tanzella-Nitti
Roger Penrose, La strada che porta alla realtà (2004), a cura di Luca Granieri
Altri documenti: 

More is different (1972), di P.W. Anderson

Il valore formativo della scienza (2017), di G. Lucchini

Why Science needs Philosophy (2019), di C. Rovelli et al.