Ma è davvero amore? Gli adolescenti e l’affettività

Emanuela Confalonieri
2019

Le relazioni sentimentali fanno profondamente parte della vita sociale degli adolescenti e negli ultimi decenni hanno assunto funzioni ancor più precise e fisiologicamente legate al loro quotidiano. Gli adolescenti di oggi sicuramente si avvicinano al tema dell'affettività e della sessualità più precocemente che in passato e le relazioni che instaurano, siano esse occasionali e di breve durata, oppure stabili e continuative, diventano per loro una palestra sociale in vista di legami più maturi.
A essi i giovanissimi attribuiscono un significato profondo, che spesso gli adulti faticano a comprendere. Negli ultimi decenni questa convinzione ha portato la comunità scientifica a dare maggior peso a tali esperienze, studiandone le caratteristiche e le implicazioni legate alla crescita e al benessere dell'individuo (E. Confalonieri - M.G. Olivari, Questioni di cuore. Le relazioni sentimentali in adolescenza: traiettorie tipiche e atipiche, 2017).
Se l'interesse per tale tematica ha trovato solo recentemente posto nella letteratura scientifica, questo è dovuto al superamento della concettualizzazione classica delle relazioni sentimentali in adolescenza, intese come frivole, passeggere e superficiali, disgiunte dalla sessualità (W.A. Collins, More than myth: The developmental significance of romantic relationships during adolescence, in «Journal of Research on Adolescence», 13, 2003, pp. 1-24). Con sempre maggiore evidenza, esse rappresentano invece un importante aspetto della vita sociale degli adolescenti, impattando fortemente sulla loro costruzione identitaria e avendo spesso implicazioni psicologiche significative a breve e medio termine.
Possono essere definite come dei legami instabili, volontari, caratterizzati da comportamenti di reciproco riconoscimento, connotate da una dimensione affettiva specifica con espressioni sia fisiche sia, nel tempo, sessuali. Assolvono a diverse funzioni legate all'adolescenza: consentono di sperimentarsi in modi relazionali distinti e nuovi rispetto a quelli amicali e a quelli con i genitori. Certamente le relazioni precedenti influiscono e modellano quelle sentimentali, ma queste ultime portano con sé implicazioni nuove, legate ai bisogni che lo sviluppo avvenuto in adolescenza (fisico, cognitivo ed emotivo) ora richiede. Inoltre supportano il processo di separazione e individuazione dalla famiglia di origine, sostenendolo e garantendo esperienze emotivamente salienti. Il viverle contribuisce alla costruzione dell'autostima in senso globale: scoprirsi amati e in grado di amare, capaci di comprendere i bisogni dell'altro e di dare parola ai propri, trovare condivisione di vedute e di interessi, sentirsi confermati nelle proprie caratteristiche aumenta un'immagine positiva di sé. Sono infine anche il primo contesto di apprendimento della sessualità nascente.
Nel corso degli ultimi decenni, sono stati proposti diversi modelli esplicativi circa lo sviluppo delle relazioni sentimentali in adolescenza. Il modello più noto è quello di Wyndal Furman ed Elizabeth A. Wehner (Romantic views: Toward a theory of adolescent romantic relationships, in R. Montemayor - G.R. Adams - T.P. Gullota, eds., Advances in Adolescent Development, vol. 6: Relationships during adolescence, 1994, pp. 168-195), che con la loro teoria dei sistemi comportamentali spiegano come le relazioni romantiche si evolvano per soddisfare diverse funzioni. L'evoluzione passa da diversi stadi: da quello caratterizzato da semplici interazioni con pari del sesso opposto, a quello del casual dating che consiste in una serie di relazioni a breve termine che soddisfano il bisogno di affiliazione, arrivando a costruire legami stabili grazie a cui i bisogni d'intimità degli adolescenti più grandi vengono soddisfatti insieme ai bisogni di sessualità e affiliazione, per terminare con quello delle relazioni impegnate, tipico dei giovani adulti che sono maggiormente capaci di rispondere ai diversi bisogni emotivi del partner.
A partire da alcuni dati invariabili nel tempo, quello a cui si sta assistendo da un paio di decenni è un sempre più difficile lavoro di definizione di sé in relazione alla propria appartenenza di genere e alla propria sessualità , in un contesto socio-culturale che non offre modelli univocamente determinati in questo ambito, ma sollecitazioni complesse e a volte contraddittorie.
Forte rimane l'investimento dell'adolescente su queste dimensioni, investimento spesso accompagnato da incertezze interne, da modelli di riferimento esterni ambigui, scarsi, flessibili, da forti pressioni dei pari. Possibili sono quindi i momenti di confusione, in cui la ricerca identitaria sembra arrestarsi e la costruzione del Sé appare più incerta, più volta a fare domande che non a trovare risposte.
Quelli a cui abbiamo assistito e stiamo ancora assistendo sono mutamenti dei modelli che regolano i comportamenti sessuali e che hanno portato a dei cambiamenti sul modo in cui gli adolescenti conoscono, pensano e vivono la sessualità, mutamenti negli atteggiamenti verso la sessualità con una morale sempre più privata e relativistica, sempre meno pubblica e valutativa. L'esito è quello di adolescenti più liberi, più informati, ma non per questo più competenti. Inoltre la maggiore precocità nei rapporti sessuali e la maggiore liberalizzazione nei modelli di espressione sessuale (rapporti con diversi partner, maggiore frequenza di rapporti) porta a una "normalizzazione" della sessualità: se ne parla da "subito", è accessibile, condivisibile, praticabile, spesso diventa più una questione tecnica e di sperimentazione che non di affetto ed emozione.
Questi aspetti sono rintracciabili anche nelle ricerche realizzate dal nostro gruppo di lavoro presso il Dipartimento di Psicologia da cui riportiamo alcuni dati indicativi. In un campione di 3.922 adolescenti, il 46% aveva una relazione sentimentale stabile e fra di loro il 40% aveva già avuto rapporti sessuali (età media del loro primo rapporto sessuale 15,6 anni). Durante il primo rapporto sessuale, il 77% diceva di aver usato un metodo contraccettivo, il 18% non lo aveva usato e il 5% non lo sapeva. Abbiamo anche indagato la presenza di comportamenti aggressivi nella coppia e all'interno di un campione di 1.059 adolescenti, il 56% diceva di aver perpetrato almeno una volta una qualche forma di abuso psicologico nei confronti del partner, il 9% una forma di abuso fisico e il 6% una forma di abuso relazionale. Inoltre il 54% dichiarava di essere stato vittima almeno una volta di abuso psicologico, il 10% di abuso relazionale e l'8% di abuso fisico. Non si sono rilevate differenze significative di genere in relazione a questi comportamenti. Un recente comportamento frequente all'interno di coppie di adolescenti o in generale nel mondo adolescente è quello del sexting. Dei 1.089 adolescenti coinvolti, il 53% dichiarava di aver ricevuto sexts, il 26% di aver inviato sexts, il 5% di aver postato sexts. Infine in un campione di 546 adolescenti abbiamo indagato la frequenza d'uso di materiale pornografico: il 64% dichiarava di averne fatto uso (82% maschi, 18% femmine) e all'interno del campione maschile, il 13,5% dichiarava un uso di una o due volte al mese, il 10,1% di una volta alla settimana, il 34,3% di un paio di volte a settimana e il 30% tutti i giorni o quasi tutti i giorni, il 12,1% mai.
Anche alla luce di questi dati, appare chiaro come imparare a impegnarsi in una relazione sentimentale con un partner e confrontarsi con la capacità sessuale sia un vero e proprio compito di sviluppo del periodo adolescenziale e come tale andrebbe vissuto e affrontato. La scelta di confrontarsi con la sessualità deve essere frutto di una decisione matura e consapevole, mentre spesso rischia di essere esito di una scelta non personalmente motivata, risultato di una pressione subita da parte del partner o dei pari che l'adolescente non è preparato a contrastare o a negoziare.
Quelle che gli adolescenti quotidianamente incontrano nel costruire e rapportarsi all'interno di questi primi legami possono dunque essere colte come delle sfide che riguardano solitamente aspetti normativi del percorso individuale, come ad esempio coniugare affettività e sessualità, affrontare e gestire la conflittualità all'interno della coppia, confrontarsi con la crisi e la rottura di una relazione. Tuttavia, quando l'adolescente si trova impreparato può far fatica nel confrontarsi con questi compiti rischiando di mettere in atto comportamenti poco funzionali che possono mettere in pericolo la propria e altrui salute, fisica e psicologica. Il rischio per gli adolescenti è quello di un gap tra le conoscenze, i desideri e le competenze che possiedono, gap che se presente può non consentire che tali esperienze siano funzionali alla loro crescita e alloro benessere individuale e relazionale.
Per gli adolescenti a cui tali competenze vengono a mancare, e a un'età più precoce è più probabile che esse siano carenti, la sessualità di frequente si realizza in condizioni situazionali o relazionali scadenti e può connotarsi come un comportamento a rischio sia fisico che psicosociale.
Acquisire la capacità di vivere serenamente la propria sessualità è dunque una sfida complessa ed è importante che l'adolescente abbia già sviluppato una serie di competenze sociali, emotive e cognitive necessarie alla realizzazione di un'esperienza sessuale positiva, sana e consensuale: saper riconoscere e opporsi ai tentativi di manipolazione, riuscire a controllare i propri impulsi e le proprie emozioni rispettando le proprie esigenze e quelle del partner, saper negoziare le scelte in modo paritario insieme al partner in un contesto carico dal punto di vista emozionale arrivando a comprendere e valutare le conseguenze del proprio comportamento sessuale sul piano relazionale e riproduttivo, sono espressioni di competenza e maturità.
Un recente e interessante costrutto, utile per meglio comprendere e attivare interventi volti al promuovere relazioni di qualità fra gli adolescenti è quello della competenza romantica, intesa da Joan Davila (cfr. J. Davila et al., Assessing romantic competence in adolescence: The Romantic Competence Interview, in «Journal of adolescence», 32, l, 2009, pp. 55-75) come l'insieme di abilità di tipo cognitivo, emotivo e sociale che consentono all'adolescente di affrontare in maniera adattiva l'esperienza sentimentale. Un primo elemento evidenziato è legato alla capacità di pensare alle relazioni nella loro reciprocità e mutualità, bilanciando intimità e individualità. Anche saper apprendere dall'esperienza passata e pensare in maniera consequenziale, prendendo decisioni che consentano di raggiungere i risultati desiderati, avendo cura e rispetto di sé e del partner appaiono elementi importanti e di qualità delle relazioni. E ancora essere consapevoli di bisogni e desideri propri e del partner e saper controllare e regolare le emozioni tollerando imprevisti o eventi non desiderati, e mantenendo buoni livelli di autostima sono tutti ingredienti necessari per una buona relazione che ne confermano la complessità evidenziandone le molteplici competenze necessarie per viverle in modo sano e consapevole.
Forse allora la domanda più giusta per accostarsi a tali relazioni in età adolescenziale non è tanto quella del «Ma è davvero amore?»: per gli adolescenti sono legami importanti e assolutamente parte della loro crescita identitaria, connessi alloro benessere fisico e psicologico. Coglierne i significati e le implicazioni può consentire di stare loro accanto mentre le vivono, aiutandoli a coglierne eventuali elementi di malessere e di disagio e consentendogli di mettersi alla prova e scoprirsi comunque competenti, in grado di cambiare e avvicinarsi alla relazione sentimentale successiva con più maturità e consapevolezza di sé e dell'altro.

E. Confalonieri, Ma è davvero amore? Gli adolescenti e l’affettività, «Vita e Pensiero», 102 (2019), n. 2, pp. 121-126. Si ringrazia Vita e Pensiero per il permesso di riproduzione del testo nel progetto DISF-Educational.

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