Non esistono dichiarazioni o documenti del Magistero della Chiesa cattolica che citino il naturalista inglese o i titoli delle sue opere. Fra gli autori di fede cattolica contemporanei a Darwin ve ne furono alcuni che criticarono la teoria dell’evoluzione per selezione naturale da lui proposta; altri invece, come John Henry Newman, Angelo Secchi o Antonio Stoppani, non vi trovarono conflitti con la fede cristiana. Nel Novecento il Magistero della Chiesa cattolica, con messaggi, discorsi e lettere encicliche, ha menzionato la teoria dell’evoluzione biologica in senso ampio, cioè non limitandola ai meccanismi di selezione naturale suggeriti da Darwin. La teoria scientifica dell’evoluzione biologica non viene dichiarata contraria alla fede cattolica, a differenza delle filosofie evoluzioniste, come lo storicismo, il materialismo o l’immanentismo.
Le opere di Charles Darwin furono condannate dalla Chiesa cattolica?
Non esistono condanne delle opere di Darwin da parte di organismi ufficiali della Chiesa cattolica, come Concili, encicliche di papi o documenti delle Congregazioni vaticane. Dopo la pubblicazione de L’Origine delle specie (1859), i libri di alcuni autori cattolici che accolsero favorevolmente la teoria dell’evoluzione biologica nei loro studi, anche quelli di teologia o di esegesi biblica, furono inviati al Sant’Uffizio di Roma per essere esaminati. Negli Archivi esistono, ad esempio, valutazioni delle opere di Raffaello Caverni, Dalmace Leroy, John A. Zahm, Geremia Bonomelli, John C. Hedley, St. George Mivart. I pareri dei recensori sono discordi e fra fine Ottocento e i primi del Novecento il Sant’Uffizio non matura alcun orientamento chiaro circa queste opere, né formula condanne ufficiali, come sarebbero state, ad esempio, l’inserimento di questi volumi nell’elenco dei libri proibiti ai cattolici, una prassi a quel tempo ancora in vigore.
Nei decenni successivi alla pubblicazione delle opere di Darwin, neanche gli autori di fede cattolica ebbero una posizione univoca nei confronti della nuova teoria. Alcuni dissentirono, ritenendo che l’evoluzione per selezione naturale si opponesse a una visione dell’essere umano creato a immagine e somiglianza di Dio; altri proposero invece delle sintesi fra scienza e teologia capaci di includere la visione evolutiva all’interno di una rinnovata teologia della creazione. Divenne comunque per tutti evidente, con il procedere del tempo, che i capitoli della sacra Scrittura che parlavano della creazione dell’essere umano dovevano essere interpretati in modo non letterale, come avevano in parte già fatto in passato alcuni Padri della Chiesa commentando le narrazioni del libro della Genesi.
A partire dalla metà del Novecento, la teoria dell’evoluzione biologica delle specie si può considerare un risultato scientifico acquisito, ma i meccanismi evolutivi suggeriti da Charles Darwin (variazioni casuali della morfologia e selezione naturale degli individui adatti) sono stati integrati, arricchiti e in parte anche corretti, da nuove prospettive scientifiche, facendo sì che oggi si possa parlare di “teorie dell’evoluzione” al plurale. Per quanto riguarda l’orientamento della teologia cattolica, non esistono oggi autori di rilievo che abbiano messo in dubbio l’evoluzione delle specie animali, e dunque anche quella della morfologia delle specie di mammiferi Primati che hanno preceduto Homo sapiens.
Il Concilio Vaticano I (1870) discusse la teoria darwiniana sull’origine dell’uomo?
Il Concilio convocato nel 1869 da Pio IX non contiene alcuna dichiarazione sul darwinismo, né sulla teoria dell’evoluzione biologica. Il Concilio si propose di chiarire alcuni errori presenti in alcune visoni della natura e dell’uomo nell’epoca moderna, ma ciò avvenne soprattutto a livello filosofico, nei confronti del razionalismo, del materialismo e dell’agnosticismo, senza interessare le scienze naturali. Vi furono alcuni Padri conciliari, come Agostino Vérot, vescovo di Savannah-Atlanta, che nei loro interventi chiesero all’Assemblea di prendere posizione nei riguardi dell’evoluzione darwiniana. Altri, all’interno del dibattito, misero in luce che pronunciamenti su questioni scientifiche non erano compito del Concilio. La chiusura affrettata dell’assemblea conciliare, dovuta all’entrata delle truppe piemontesi a Roma, impedì ulteriori sviluppi. Non va dimenticato che nel 1870 erano trascorsi solo pochi anni dalla pubblicazione de L’Origine delle specie (1859) e non vi era stato tempo di maturare visioni teologiche della dottrina sulla creazione che inglobassero l’evoluzione biologica, cosa che avvenne alcuni decenni più tardi. Esistevano solo pareri e commenti frammentari, sia a favore che contro. In questo contesto, la decisione del Vaticano I di non trattare del tema mostrò pertanto non solo prudenza, ma anche lungimiranza.
Cosa dice l’enciclica di Pio XII, Humani generis (1950) a proposito dell’evoluzionismo?
Nell’enciclica di Pio XII non compare il nome di Darwin né il termine darwinismo. Compaiono invece i termini evoluzionismo ed evoluzione. Il primo termine è quasi sempre inteso in senso filosofico, allo scopo di indicare uno storicismo immanente che presenta la storia del cosmo e della vita come un processo determinista, privo di finalità, chiuso all’idea che un Creatore trascendente possa conferire senso alla storia e, dunque, anche alla storia naturale. È un evoluzionismo così inteso che il Papa dichiara incompatibile con una visione di un mondo creato da Dio e sostenuto dalla sua Provvidenza. Quando si parla invece dell’evoluzione biologica, come teoria scientifica, in particolare in riferimento all’origine della morfologia dell’essere umano, non si associa alcun giudizio della Chiesa. Ecco le parole di Pio XII: «Il Magistero della Chiesa non proibisce che in conformità dell'attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e di discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i campi, la dottrina dell'evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche sull'origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente». Il Papa invita tuttavia a far sì che le diverse opinioni al riguardo «siano ponderate e giudicate con la necessaria serietà, moderazione e misura», chiarendo che l’interpretazione autorevole delle sacre Scritture circa l’origine dell’essere umano, come logico, è prerogativa del giudizio della Chiesa e non dei ricercatori scientifici.
Il contesto filosofico e non direttamente scientifico del giudizio di Pio XII sull’evoluzionismo si comprende facilmente leggendo questo passo dell’enciclica: «Con temerarietà [alcuni] sostengono l'ipotesi monistica e panteistica dell’universo soggetto a continua evoluzione. Di quest’ipotesi volentieri si servono i fautori del comunismo per farsi difensori e propagandisti del loro materialismo dialettico e togliere dalle menti ogni nozione di Dio. Le false affermazioni di siffatto evoluzionismo, per cui viene ripudiato quanto vi è di assoluto, fermo e immutabile, hanno preparato la strada alle aberrazioni di una nuova filosofia che, facendo concorrenza all'idealismo, all'immanentismo e al pragmatismo, ha preso il nome di “esistenzialismo” perché, ripudiate le essenze immutabili delle cose, si preoccupa solo della “esistenza” dei singoli individui».
L’enciclica tocca, fra l’altro, il tema del monogenismo e del poligenismo, ovvero la questione se il genere umano derivi da una prima coppia di progenitori oppure da una popolazione di diversi individui. Pio XII dichiara che il monogenismo è in accordo con la dottrina cristiana sul peccato originale, perché interpreta in modo intuitivo la sua propagazione per generazione a tutto il genere umano, mentre il poligenismo «non pare per nulla potersi comporre» con la dottrina circa un peccato personale commesso da Adamo e dalla prima coppia. Se la scelta fra poligenismo e monogenismo fosse raggiungibile dall’analisi scientifica che studia le origini della nostra specie umana – cosa che attualmente non pare sperimentalmente risolta – sembrerebbe allora chiaro che la dottrina teologica sul peccato originale debba essere formulata o riformulata di conseguenza, come già avvenuto con altre questioni teologiche legate a visioni della natura e della vita, quando i dati scientifici certi lo richiedevano. Sebbene non obbligati da risultati certi a favore del poligenismo, alcuni teologi contemporanei, come ad esempio Karl Rahner e Joseph Ratzinger, hanno formulato interpretazioni della narrazione del peccato originale che includono anche una dimensione metastorica e ipotizzano una sua propagazione nel genere umano anche in modi diversi dalla trasmissione da genitori a figli.
Quale fu l’atteggiamento di Darwin verso la fede cristiana? Impiegò la sua teoria dell’evoluzione biologica contro l’idea di un Dio creatore?
Le convinzioni religiose di Charles Darwin furono incostanti e risentirono in buona misura anche delle sue vicende personali. In giovane età venne educato nei principi della Chiesa cristiana anglicana, ma l’ambiente familiare interpretò la religione soprattutto nei suoi aspetti moralisti e deisti, non favorendo in lui l’incontro personale con Gesù Cristo, né l’approfondimento maturo del Vangelo. Gli elementi che misero in sospetto gli insegnamenti religiosi ricevuti, già al tempo dei suoi primi viaggi sul Beagle, furono essenzialmente due. In primo luogo egli osservò che l’ordine e la regolarità delle forme naturali dei viventi, che una teologia naturale ingenua attribuiva in modo quasi antropomorfo all’azione divina sul creato, erano invece interpretabili come frutto di selezione naturale. In particolare, egli ravvide subito un’incompatibilità fra l’idea che Dio avesse creato in modo immediato tutte le specie dei viventi e il risultato del progressivo apparire di specie diverse in epoche diverse, che egli spiegava come dovuto all’evoluzione biologica. La credenza che Dio avesse creato le diverse specie biologiche in modo simultaneo e immediato – idea che circolava nell’ambiente religioso del suo tempo, frutto di una catechesi semplicistica e di una lettura poco attrezzata delle Scritture – venne da lui (e viene tuttora) indicata con il nome di creazionismo. In secondo luogo Darwin fu seriamente provato dal problema del male fisico in natura, sia nel mondo animale che nella vita umana, non vedendo come poterlo armonizzare con l’idea di un Creatore buono e provvidente. Quest’ultimo aspetto divenne particolarmente acuto dopo la morte della figlia Anne Elisabeth, all’età di10 anni. Tuttavia, come egli stesso scrisse in più occasioni, i dubbi e le prove coesistevano con la convinzione generale, conservata fino al termine della sua vita, che l’universo fosse effetto di un’intelligenza creatrice e che all’origine di tutte le cose dovesse esservi una Causa prima trascendente.
Nella sua autobiografia Charles Darwin si dichiara a volte deista, esprimendo cioè la persuasione dell’esistenza di una Causa prima all’origine del mondo, altre volte agnostico, intendendo con questo termine l’impossibilità che la scienza potesse, da sola, giungere a conclusioni certe circa l’esistenza di Dio. Non si professò, invece, mai ateo, ritenendo che né la scienza, né la sua esistenza personale, gli fornissero elementi probanti per negare Dio. Interrogato esplicitamente su questo punto, specie negli ultimi anni della sua vita, Darwin scrisse che la teoria dell’evoluzione non poteva essere impiegata né per affermare né per negare l’esistenza di Dio. Le convinzioni deiste del naturalista inglese, che in parte resistettero anche ai suoi interrogativi insoluti sul male, sono rintracciabili non solo negli abbozzi e nella prima edizione de L’Origine delle specie, ma anche, come accennato, nell’autobiografia e nella corrispondenza privata. Nel 1879, soli tre anni prima di morire, risponde così a un giornalista che lo intervistava sulle sue convinzioni religiose: «Quali possano essere le mie opinioni è una faccenda di nessun peso per alcuno salvo me stesso. Ma visto che me lo chiede, posso affermare che il mio giudizio è spesso fluttuante. Inoltre, se o meno un uomo si meriti di esser chiamato teista dipende dalla definizione del termine: argomento di gran lunga troppo vasto per una breve nota. Nelle mie fluttuazioni più estreme, non sono mai stato un ateo nel senso di negare l’esistenza di Dio. Ritengo generalmente (e sempre di più invecchiando), ma non sempre, che agnostico corrisponderebbe alla definizione più corretta della mia condizione intellettuale».
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Concetto che presenta un duplice versante, scientifico e filosofico. In biologia indica la comprensione dell’evoluzione biologica dei viventi mediante variazioni morfogenetiche casuali e selezione naturale, che consente la sopravvivenza solo agli individui più adatti alle condizioni ambientali in cui vivono (clima, territorio, predatori, etc.). In termini filosofici indica di solito la prospettiva secondo cui solo i più forti e meglio equipaggiati sopravvivono alle condizioni avverse. Si parla così, ad esempio, di darwinismo sociale, oppure di selezione darwiniana di soggetti in competizione fra loro.
Posizione filosofica che legge la storia del mondo e della vita come frutto di costante divenire, impiegando i criteri dell’evoluzione biologica per selezione naturale per generare una comprensione esaustiva della realtà. L’evoluzionismo può dunque essere considerato parte dello storicismo. In particolare, l’evoluzionismo condivide una visione immanente della storia, non ritenendo che l’origine e il fine della storia possano trascendere la storia stessa. Il termine evoluzionismo viene impiegato a volte come sinonimo di “evoluzione”, specie in contesti in cui si estende la logica dell’evoluzione, almeno implicitamente, anche a campi diversi dalla biologia. Va comunque conservata, per chiarezza, la differenza fra evoluzionismo, come concetto filosofico, ed evoluzione come concetto scientifico.
Posizione religiosa e intellettuale che afferma Dio Creatore aver creato tutte le specie biologiche simultaneamente, o comunque direttamente e senza la mediazione di una storia naturale. Anche il corpo dell’essere umano sarebbe stato creato in modo immediato. Tale posizione, che si basa su una comprensione letterale dei passi biblici del libro della Genesi, viene condivisa da alcune correnti protestanti ma non trova riscontro nella teologia cattolica.
Il termine indica la derivazione di tutto il genere umano da una prima coppia originaria, in opposizione al termine “poligenismo”, che pone più coppie alla base della generazione dei primi esemplari della specie umana. Dal punto di vista scientifico, la scelta fra le due prospettive dovrebbe ritenersi frutto di un’indagine conoscitiva positiva, ma in realtà non sembra possibile definire, con i soli metodi delle scienze empiriche, cosa sia la specie umana e quando sia precisamente comparsa. Di conseguenza, le osservazioni scientifiche possono fornire al riguardo orientamenti, tendenze e suggerimenti, ma non risultati apodittici, come accade invece, ad esempio, in altri campi, come la durata delle epoche geologiche o la posizione della Terra nel cosmo. Gli insegnamenti della Chiesa cattolica chiedono di conservare la prospettiva del monogenismo perché “non si vede” come armonizzare il poligenismo con la propagazione per generazione di un peccato di origine commesso da una prima coppia umana. La teologia riflette su questo tema, alla ricerca di interpretazioni del peccato originale che siano rispettose di quanto trasmesso dalla Rivelazione biblica e siano al contempo capaci di accogliere dati scientifici sul poligenismo qualora fossero scoperti con certezza.