Marc Chagall, Gli amanti di Vence (1957)

  

Marc Chagall (Lëzna 1887 – Saint-Paul-de-Vence 1985)

Tenerezza

Il dipinto è una delle interpretazioni più suggestive che Chagall offre del tema dell’amore inteso come relazione affettuosa di una coppia di giovani sposi sulla destra, uniti in un abbraccio e nella condivisione di un mazzo di fiori. Tale dimensione poetica si riflette anche nel paesaggio a cui è dedicata la metà sinistra del quadro: gli alberi viola in primo piano riprendono i colori dei fiori che il giovane porge alla sua sposa; sullo sfondo, si apre lo scorcio di una città circondata da colli verdeggianti; poco sopra, in maniera del tutto simbolica, compare una capra bianca, allusione al focolare domestico secondo la tradizione ebraica. Un sole rosso fuoco concorre a trasporre la scena in una dimensione “da favola”.

Chi sono i due amanti ritratti da Chagall sulla destra del quadro, con in mano un bouquet di fiori vivaci che sembrano accendersi di colore sul loro petto? Il capo di lei è posato sulla spalla di lui, che tiene gli occhi chiusi con un’espressione di sereno abbandono. Lo sguardo della donna è fisso sull’amato, tra i due vi è una confidenza, una tenera intesa che esprime in modo naturale un senso di raccoglimento quasi religioso. Il velo sul capo di lei suggerisce che i due non sono soltanto amanti ma una coppia di sposi. Due persone unite da una promessa d’amore che sfida il tempo: «Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne» (Gn 2,24). Amore è un termine impegnativo, importante, che ha tante manifestazioni nella vita di ciascuno: amicizia, rapporto genitori-figli, discepoli-maestri, coniugi.
L’amore generativo fra un uomo e una donna è tuttavia come la fonte che rende possibili queste forme dell’amore ed offre loro un riferimento ideale, perché luogo della trasmissione della vita, luogo privilegiato per manifestare e custodire l’amore. È lì che bisogna dirigere lo sguardo per apprezzare pienamente quella caratteristica dell’umano che è la sponsalità (dal latino spondere, “promettere”), la capacità di promettere e di promettersi, di fare dono di sé all’altro. Curiosamente, la coppia di sposi del dipinto di Chagall non occupa il centro della scena, ma sembra quasi solo introdurla. Al centro vediamo invece un borgo che, conoscendo la biografia dell’autore, riconosciamo come Saint-Paul de Vence, in Provenza, dove l’artista si trasferì negli anni Cinquanta. Svetta la torre del paese circondato dalla campagna mentre su una collina in lontananza fluttua la figura di un animale, una capra, molto frequente nelle opere di Chagall e legata all’immaginario della cultura ebraica da cui l’artista proviene.
Al centro della tela troviamo un luogo concreto, un paese, dove l’amore può abitare e diffondersi e gli sposi sembrano già idealmente dirigersi con il loro desiderio. La gioia degli sposi non è chiusa nell’autoreferenzialità di un rapporto a due, ma è collocata in un preciso contesto, quello dove si svolge la loro vita quotidiana, in una costante apertura all’altro e agli altri.
L’amore è fonte di condivisione per coloro che sono vicini agli sposi e li porta ad abitare questo mondo, essendo “fedeli alla terra”. Scrive a questo riguardo il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer:

Col “sì”, che essi [gli sposi] si sono detti reciprocamente, hanno liberamente deciso di dare un nuovo orientamento alla loro intera vita; essi hanno sfidato con serena sicurezza tutti i problemi e le perplessità che la vita fa nascere nei confronti di ogni durevole legame tra due persone, e si sono conquistati, con un atto di responsabilità personale, una terra nuova per la loro vita […]. Nella prospettiva del vostro amore vedete solo il cielo della vostra gioia personale; il matrimonio vi inserisce responsabilmente nel mondo e nella responsabilità degli uomini [1].

Se torniamo a osservare il quadro di Chagall, possiamo intuire che la vita della coppia non si ferma neanche nel paese al centro della scena: l’ultimo orizzonte che il quadro ci mostra è quello di un sole rosso che accende la valle in lontananza. Tra questo sole e il capo dello sposo c’è un reciproco rimando che suggerisce una dimensione “cosmica” dell’amore. O forse qualcosa di più.
Il rosso più intenso, che segna cromaticamente l’intero dipinto è proprio quello del sole. Come la fonte del calore e della luce è al di fuori della coppia e questa ne viene come illuminata, così l’amore coniugale sembra poter rimandare a qualcosa più grande di sé. Il cristianesimo sostiene che Dio stesso è Amore e che l’amore umano ne è come l’immagine. La famiglia è il riflesso della comunione interpersonale del Dio in Tre Persone. Amore paterno, amore materno, amore sponsale: la Bibbia non teme di impiegare tutte queste tre analogie per parlare dell’amore di Dio verso le sue creature. E Gesù di Nazaret consegna ai suoi discepoli il comandamento dell’amore fraterno, come segno di riconoscimento di chi desidera seguirlo. Giovanni rivela nella sua Prima Lettera: «Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore» (1Gv 4,7-8).

     

[1] Sermone di nozze dal carcere, maggio 1943, in Resistenza e resa. Lettere e scritti dal carcere, San Paolo, Cinisello Balsamo 2015.