Lunch atop a Skyscraper

Charles C. Ebbets

     

Charles Clyde Ebbets (Gadsden, 1905 - New York, 1978)

Lunch atop a Skyscraper

1932

Pennsylvania, Bettmann Archive

 

L’iconica fotografia è stata scattata il 20 settembre 1932 da Charles Clyde Ebbets durante la costruzione del 30 Rockefeller Plaza, il grattacielo in stile déco situato nel quartiere di Midtown a New York, e fu pubblicata dal New York Herald Tribune nel supplemento fotografico domenicale del 2 ottobre 1932. L’immagine ritrae undici operai edili mentre consumano il pasto seduti su una trave di acciaio sospesa al 69esimo piano del grattacielo, a 260 metri di altezza. I lavoratori – irlandesi, italiani e nativi americani – sembrano chiacchierare e godersi il pranzo a centinaia di metri sopra le strade della City, del tutto incuranti del pericolo. La fotografia fu un’audace trovata pubblicitaria per attenzionare l’opinione pubblica sul Rockefeller Center, negli anni immediatamente successivi alla grande crisi economica apertesi con il Big Crash del 1929. Ai tre fotografi chiamati per la campagna pubblicitaria (Charles Ebbets, Thomas Kelley e William Leftwich) fu chiesta un’immagine di grande intensità emotiva, che mostrasse al mondo che la crisi era alle spalle e che l’America era pronta a toccare il cielo a suon di investimenti e grattacieli. Quegli undici operai, pronti per il pranzo con scatole e sigarette, trasmettono un senso di serenità e angoscia allo stesso tempo: i più ottimisti ci leggono ricchezza, maestosità, slancio avveniristico; i disfattisti ci intravedono rischio, paura e senso di vuoto.

Come mostra questa celebre foto di Charles  C. Ebbets, il lavoro ricopre nella vita umana un ruolo del tutto particolare. Al lavoro, infatti, sono legate le aspirazioni, i sogni, gli slanci che rivelano la nostra intraprendenza. Nel profondo di ogni essere umano è inscritto il desiderio profondo di lasciare un segno nel mondo, di realizzare qualcosa di grande capace di proiettarci in alto... proprio come questi operai sospesi nel cielo di New York! Il nostro lavoro edifica, con pazienza e ostinazione, la società, contribuisce allo sviluppo personale, familiare e dell'intera umanità. D'altra parte, è proprio questa altezza cui ci conduce il lavoro a generare talvolta un senso di vertigine. Le preoccupazioni, le ansie legate al lavoro, al modo in cui trovarlo e al rischio di perderlo... Il mercato del lavoro si dimostra talvolta spietato e può generare sentimenti di sfiducia, stress, paura di non essere all'altezza (di nuovo, l'altezza...) del compito che ci viene assegnato. In maniera ancora più profonda, però, avvertiamo che queste paure possono derivare da una consapevolezza che va al di là delle giustificate preoccupazioni materiali. Oltre alla retribuzione, all'impegno in termini di tempo ed energie, alla soddisfazione personale, nella scelta e nella realizzazione di un certo lavoro si rivela il posto che andiamo a occupare nella società e nel mondo. Troverò il mio posto? Riuscirò a realizzare quell'opera che proprio io devo compiere? Tutto ciò chiama in causa quella che, in altre pagine di Educational, abbiamo chiamato vocazione. E non è un caso se per esempio, nella lingua tedesca, la parola Beruf indica tanto la "vocazione" quanto la "professione". Nel lavoro si gioca il mio stare al mondo, il mio occupare un certo posto, il mio essere chiamato a realizzare qualcosa di grande. Domandiamoci ora: ma se, a qualche livello, vocazione e lavoro hanno un rapporto così stretto, quando scelgo un impiego o una professione è sufficiente tener conto delle mie motivazioni o inclinazioni personali? O forse queste inclinazioni e aspirazioni vengono "poste in atto" da una chiamata che la società mi rivolge, perché la serva proprio con il mio lavoro. O, ancora di più, da una chiamata che giunge da più lontano, da Chi mi ha affidato un ruolo capace di orientare la mia vita intera? Siamo qui per realizzare, ognuno con i propri talenti, un sogno più grande anche dei nostri stessi desideri. Proviamo a guardare alle scelte professionali anche da questo punto di vista, considerando il nostro lavoro come un modo di collaborare a un entusiasmante progetto che supera i limiti ristretti dei nostri calcoli.