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L'importanza della conoscenza sperimentale per lo studio delle cose naturali

Ruggero Bacone
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La scienza sperimentale, I, 1,3-4

In questo testo tratto dalla sua opera La scienza sperimentale, Bacone sottolinea come per la conoscenza dei fenomeni occorre rivolgersi all'esperienza e non fermarsi alle comuni opinioni, spesso fallaci. Egli scrive: «Chi desidera godere delle verità sottostanti ai fenomeni senza avvalersi della dimostrazione, deve saper fare buon uso dell'esperienza. Infatti, gli autori scrivono molte cose e la maggior parte delle persone le accettano come se fossero va­lidamente argomentate, quando invece sono solo fantasticherie senza alcun fondamento nell'esperienza e per tale motivo risulta­ no poi essere del tutto false». La conoscenza sperimentale, aggiunge Bacone, non è però l'unica fonte di conoscenza: essa è valida per le cose naturali, mentre per la conoscenza delle cose spirituali sono necessarie la fede e l'ispirazione divina.

 [1] Una volta stabiliti i principi fondamentali del sapere dei Latini quali possono essere reperiti nello studio delle lingue, della matematica e dell' ottica, desidero ora ricercare quei fondamenti del sapere che si trovano nella scienza sperimentale, poiché non si può conoscere nulla in maniera soddisfacente se prima non se ne è fatta l'esperienza. Infatti, i modi di conoscere sono due, cioè si conosce o per mezzo del ragionamento o per mezzo dell'esperienza. Il ragionamento ci porta alla conclusione e ci costringe ad ammetterla, ma non è in grado di darci certezza, né riesce ad allontanare il dubbio acquietando la mente nella intuizione della verità se non quando riesce a trovarla mediante l'esperienza. Molti possiedono validi argomenti per acquisire la conoscenza, ma non avendone fatta esperienza, finiscono col trascurarli e così restano sprovvisti di un criterio per evitare le cose nocive e per scegliere quelle utili. Infatti, se qualcuno che non abbia mai visto il fuoco dimostra mediante validi argomenti che il fuoco brucia, danneggia e distrugge ogni cosa, non perciò la mente di chi lo ascolta ne risulterà appagata. Né costui eviterà il fuoco prima di aver posto su di esso la propria mano o qualche oggetto combustibile, cioè finché non avrà fatto esperienza diretta di ciò che ha imparato con la dimostrazione. Invece, una volta fatta esperienza della combustione, la mente ne diviene certa e si acquieta nell'evidenza della verità. Perciò non basta il solo ragionamento, ma è necessaria anche l'esperienza diretta. […] 

[3] Pertanto, chi desidera godere delle verità sottostanti ai fenomeni senza avvalersi della dimostrazione, deve saper fare buon uso dell'esperienza. Infatti, gli autori scrivono molte cose e la maggior parte delle persone le accettano come se fossero validamente argomentate, quando invece sono solo fantasticherie senza alcun fondamento nell'esperienza e per tale motivo risultano poi essere del tutto false. È opinione comune, ad esempio, che il diamante non possa essere spezzato se non con il sangue di capro e sia i filosofi che i teologi fanno uso di tale affermazione come se fosse valida. Ma finora nessuno è stato in grado di confermare questo modo di lavorare il diamante anche se sono stati fatti dei tentativi. Al contrario si è capito che il diamante può essere lavorato facilmente senza il sangue di capro. Posso confermare ciò perché l'ho visto con i miei occhi e deve essere così perché le gemme possono essere scolpite solo per mezzo di frammenti di questa pietra. È pure opinione comune che le ghiandole del castoro, che sono usate dai medici, sono i testicoli del maschio. Ma non è così, perché il castoro le ha sotto il petto e sia il maschio che la femmina producono tali ghiandole. E, comunque, il castoro maschio ha i segni del proprio sesso al loro luogo naturale. Pertanto, ciò che si deduce da ciò è un'orribile menzogna, cioè che quando i cacciatori inseguono il castoro, questi, sapendo quel che cercano, taglia via con i propri denti le ghiandole. È anche opinione comune che l' acqua calda congeli più rapidamente di quella fredda nei recipienti, e per provarlo si argomenta dicendo che principi contrari si eccitano a vicenda, come i nemici quando si incontrano. È invece certo a chiunque ne faccia l'esperienza che l' acqua fredda congela più rapidamente di quella calda. Costoro pretendono pure di attribuire tale opinione ad Aristotele, ma di sicuro nel secondo libro dei Meteorologica egli non afferma ciò. Egli fa un'affermazione simile che li ha ingannati, cioè che se dell'acqua fredda e dell'acqua calda vengono immesse in un recipiente freddo, ad esempio sopra del ghiaccio, l'acqua calda congela più velocemente e questo corrisponde a verità. Ma se si versa l'acqua calda e l'acqua fredda in due recipienti distinti l'acqua fredda congela prima. Pertanto ogni affermazione va verificata mediante l'esperienza. L'esperienza, tuttavia, è di due tipi; una è ottenuta mediante i nostri sensi esteriori e per tal mezzo noi facciamo esperienza di ciò che accade in cielo, mediante strumenti opportunamente costruiti, e di ciò che accade sulla terra, mediante ciò che ci testimoniano i nostri organi visivi. Le cose, poi, che non possiamo vedere perché non esistono nei luoghi in cui ci troviamo, lo veniamo a conoscere per mezzo di altri sapienti che ne hanno fatta l'esperienza. Così fece Aristotele che per incarico di Alessandro Magno inviò duemila uomini nei diversi siti dell'universo allo scopo di avere una conoscenza empirica diretta di tutto ciò che esiste sulla superficie della terra, come testimonia Plinio nella sua Storia naturale

[4]. Una simile conoscenza sperimentale è degna dell'uomo e dei filosofi in particolare, poiché l'uomo può ottenerla in virtù del dono intellettuale che gli è stato concesso. Ma questa esperienza non basta all'uomo poiché non gli dà piena certezza delle sostanze corporee a causa dei propri limiti; quanto alle sostanze spirituali, poi, non è in grado nemmeno di accostarsi ad esse. Per tale motivo è necessario che l'intelletto dell'uomo si avvalga anche di un'altra conoscenza. Ecco, quindi, che i santi patriarchi e i profeti, i quali per primi diedero a tutti gli uomini le conoscenze basilari della scienza, furono in grado di utilizzare le illuminazioni interiori e non si limitarono alla conoscenza dei sensi. Lo stesso fecero molti credenti dopo la venuta del Cristo. Infatti, il dono della fede e l'ispirazione divina illuminano non solo nelle cose spirituali, ma anche in quelle sensibili e nelle scienze filosofiche. D'altra parte, lo stesso Tolomeo afferma nel Centiloquio che il modo per arrivare alla conoscenza della realtà è duplice, cioè per mezzo dell'esperienza filosofica e per mezzo dell'ispirazione divina, che è di gran lunga la migliore.

   

Ruggero Bacone, La scienza sperimentale, a cura di Francesco Bottin, Rusconi, MIlano 1990, pp. 131-135.