Il senso di Francesco per la letteratura

Stefano Oliva
Stefano Oliva
Professore associato di Estetica Università Niccolò Cusano - Coordinatore DISF Educational

Il valore universale della letteratura è stato riconosciuto fin dall’antichità. Nella Poetica Aristotele esprime questa idea mettendo a confronto il racconto storico con l’opera poetica: «la poesia è cosa di maggior fondamento teorico e più importante della storia perché la poesia dice piuttosto gli universali, la storia i particolari» (51b 6-7). La storia ci dice come sono andati i fatti, il suo ambito è quella della contingenza e del vero; la poesia raffigura fatti possibili, il suo campo è quello del verosimile e, pertanto, ciò che essa racconta è generalizzabile alle più diverse situazioni: ognuno può trarne un insegnamento per la propria vita.

Negli ultimi tempi, chi è tornato a più riprese sul valore antropologico della letteratura è stato papa Francesco che, sorprendendo forse gli osservatori meno attenti ai riferimenti culturali del suo pontificato, ha sottolineato il ruolo cruciale del romanzo e della poesia nella formazione umana e spirituale, di fatto indicando alla contemporaneità una delle frontiere della nuova evangelizzazione: l’immaginario.

Prendiamo brevemente in esame due recenti documenti del Magistero di Francesco. Nella Lettera sul ruolo della letteratura nella formazione, pubblicata il 17 luglio 2024 e inizialmente concepita come «un titolo riferito alla formazione sacerdotale» ma poi immediatamente rivolta a qualsiasi cristiano, il Pontefice ha osservato: «Tranne poche eccezioni, l’attenzione alla letteratura viene considerata come qualcosa di non essenziale. Al riguardo, desidero affermare che tale impostazione non va bene. È all’origine di una forma di grave impoverimento intellettuale e spirituale dei futuri presbiteri, che vengono in tal modo privati di un accesso privilegiato, tramite appunto la letteratura, al cuore della cultura umana e più nello specifico al cuore dell’essere umano» (n. 4). La letteratura, e in particolare la narrativa, consente di accedere in maniera diretta alle profondità dell’umano, aprendo in tal modo alla comprensione delle differenze.

La lettura ci dischiude infatti orizzonti culturali distanti, remoti, così come sensibilità lontane dalle nostre benché contemporanee: le diverse produzioni letterarie ci mostrano la varietà di cui è capace l’umanità e allo stesso tempo questa esperienza conduce a un rinnovato incontro tra fede e cultura, nella consapevolezza che «nessuna grammatica storico-culturale [ha] la capacità di esprimere tutta la ricchezza e la profondità del Vangelo» (n. 10). Il mistero che l’essere umano reca in sé, le sue aspirazioni, i suoi sogni, i suoi sentimenti, le sue impressioni fugaci eppure cariche di un significato esistenziale, ma anche le sue ferite e le sue cadute, trovano nella letteratura un irrinunciabile mezzo espressivo. Frequentare la letteratura consente di incontrare l’essere umano per come questo realmente è. E per coloro che credono che Dio si è fatto uomo, nulla di ciò che la letteratura esprime deve essere considerato estraneo alla logica dell’Incarnazione.

Ma l’atto della lettura è anche una «palestra di discernimento» (n. 26), attraverso la quale inoltrarsi nelle profondità del proprio cuore e nel mistero dell’altro: «Per quanto riguarda la forma di discorso, accade questo: leggendo un testo letterario, siamo messi in condizione di “vedere attraverso gli occhi degli altri”, acquisendo un’ampiezza di prospettiva che allarga la nostra umanità» (n. 34), ampliando cioè l’orizzonte della nostra comprensione senza per questo eliminare la capacità di giudizio morale ma anzi permettendo di sviluppare una profonda coscienza del bene e del male.

La riflessione di Francesco si sviluppa e si specifica nella Lettera ai poeti, rielaborazione di un discorso tenuto nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico il 27 maggio 2023, ora pubblicata nel libro Versi a Dio. Antologia della poesia religiosa (a cura di Davide Brullo, Antonio Spadaro e Nicola Crocetti, Crocetti editore, 2024). Per il Papa, i poeti sono «occhi che guardano e che sognano», osservatori della realtà capaci di prefigurare scenari futuri, di vedere ciò che gli altri ancora non riescono a vedere. In questo senso, la poesia – nelle sue espressioni più alte e compiute – è sempre anche profezia. «L’arte – continua il pontefice – è un antidoto contro la mentalità del calcolo e dell’uniformità; è una sfida al nostro immaginario, al nostro modo di vedere e capire le cose. E in questo senso lo stesso Vangelo è una sfida artistica. Essa possiede quella carica “rivoluzionaria”, che voi conoscete bene, ed esprimete grazie al vostro genio con una parola che protesta, chiama, grida. Anche la Chiesa ha bisogno della vostra genialità, perché ha bisogno di protestare, chiamare e gridare».

I poeti sono anche coloro i quali riescono a dare voce ai conflitti, alle tensioni, ai turbamenti del nostro tempo. In una realtà spesso contraddittoria, i poeti possono rendere percepibile la crisi, lo smarrimento che mette in moto la ricerca di una risposta. Ciò li rende destinatari di un preciso compito: «È quello che vorrei chiedere oggi anche a voi: andare oltre i bordi chiusi e definiti, essere creativi, senza addomesticare le vostre inquietudini e quelle dell’umanità. Ho paura di questo processo di addomesticamento, perché toglie la creatività, toglie la poesia. Con la parola della poesia, raccogliete gli inquieti desideri che abitano il cuore dell’uomo, perché non si raffreddino e non si spengano».

Immagine
Loyola

Infine, afferma Francesco, «[voi poeti] siete tra coloro che plasmano la nostra immaginazione. Il vostro lavoro ha una conseguenza sull’immaginazione spirituale delle persone del nostro tempo. E oggi abbiamo bisogno della genialità di un linguaggio nuovo, di storie e immagini potenti». Il ruolo cruciale dei poeti riguarda la loro influenza sull’immaginazione che, come è noto, tanta importanza ha nella concezione che anima gli Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù a cui papa Francesco, primo papa gesuita della storia, appartiene.

L’attenzione di Francesco alla letteratura rilancia su basi nuove e con accenti diversi una partita in cui la Chiesa cattolica è da sempre impegnata, quella del dialogo tra fede e cultura. In questo senso possiamo cogliere la continuità con l’interesse dei predecessori di Francesco nei confronti del mondo scientifico e dell’impresa conoscitiva (interesse peraltro non assente nel Magistero dell’attuale pontefice: si pensi a Laudato si’, n. 62). Si pensi per esempio all’enciclica Fides et ratio (1998) di Giovanni Paolo II (e al suo memorabile incipit: «La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s'innalza verso la contemplazione della verità») o al ricorrente riferimento di Benedetto XVI all’immagine della natura come libro (ripresa da Francesco nella Laudato si’, n. 12) la cui leggibilità è fondata sulla razionalità del Logos creatore, per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte.

Alla conoscenza del libro della natura, perseguita dalle scienze, ora Francesco aggiunge in maniera esplicita, con nuovi accenti, la conoscenza di un altro libro, o meglio di un’altra biblioteca, consegnata a noi dalla letteratura mondiale. Attraverso di essa si dischiude di fronte a noi il cuore dell’uomo, il mistero di noi stessi, l’enigma dell’altro. Se l’esattezza delle scienze, formidabili creatrici di immagini (modelli) della natura, mira alla verità, altrettanto può dirsi della letteratura che, muovendosi nell’ambito del verosimile – come ricorda Aristotele – ambisce a esprimere «gli universali [ta katholou]», la verità profonda dell’umano. Tanto basta a promuovere un rinnovato dialogo tra conoscenza scientifica e sapere umanistico che possa a sua volta contribuire all’incontro tra fede e cultura.

«Homo sum, humani nihil a me alienum puto», scriveva Terenzio nella sua commedia Heautontimorumenos. Perché fede e cultura dialoghino occorre allora non escludere alcuna dimensione dell’umano e anzi accogliere le immagini dell’umano che la letteratura è oggi in grado di esprimere.