In diverse occasioni Benedetto XVI ha fatto riferimento all’immagine della natura come libro, la cui leggibilità è fondata sulla razionalità del Logos creatore, per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte. Qui giace, per Benedetto XVI, una importante specificità del cristianesimo nel suo rapporto con il pensiero filosofico. L’impiego della metafora è spesso proposto nel contesto di una rinnovata teologia della creazione, che sostenga la coscienza creaturale dell’essere umano e la sua capacità di riconoscere il Creatore attraverso le sue opere.
«Il motto scelto [per la giornata mondiale della Gioventù] – “Andiamo ad adorarlo” – conteneva due grandi immagini che, fin dall'inizio, favorirono l'approccio giusto. Vi era innanzitutto l'immagine del pellegrinaggio, l'immagine dell'uomo che, guardando al di là dei suoi affari e del suo quotidiano, si mette alla ricerca della sua destinazione essenziale, della verità, della vita giusta, di Dio. Questa immagine dell'uomo in cammino verso la meta della vita racchiudeva in se ancora due indicazioni chiare. C'era innanzitutto l’invito a non vedere il mondo che ci circonda soltanto come la materia grezza con cui noi possiamo fare qualcosa, ma a cercare di scoprire in esso la "calligrafia del Creatore", la ragione creatrice e l'amore da cui è nato il mondo e di cui ci parla l'universo, se noi ci rendiamo attenti, se i nostri sensi interiori si svegliano e acquistano percettività per le dimensioni più profonde della realtà. Come secondo elemento si aggiungeva poi l'invito a mettersi in ascolto della rivelazione storica che, sola, può offrirci la chiave di lettura per il silenzioso mistero della creazione, indicandoci concretamente la via verso il vero Padrone del mondo e della storia che si nasconde nella povertà della stalla di Betlemme».
Discorso alla Curia Romana in occasione degli auguri natalizi, 22 dicembre 2005.
«La matematica come tale è una creazione della nostra intelligenza: la corrispondenza tra le sue strutture e le strutture reali dell'universo – che è il presupposto di tutti i moderni sviluppi scientifici e tecnologici, già espressamente formulato da Galileo Galilei con la celebre affermazione che il libro della natura è scritto in linguaggio matematico – suscita la nostra ammirazione e pone una grande domanda. Implica infatti che l'universo stesso sia strutturato in maniera intelligente, in modo che esista una corrispondenza profonda tra la nostra ragione soggettiva e la ragione oggettivata nella natura. Diventa allora inevitabile chiedersi se non debba esservi un'unica intelligenza originaria, che sia la comune fonte dell'una e dell'altra. Così proprio la riflessione sullo sviluppo delle scienze ci riporta verso il Logos creatore. Viene capovolta la tendenza a dare il primato all'irrazionale, al caso e alla necessità, a ricondurre ad esso anche la nostra intelligenza e la nostra libertà. Su queste basi diventa anche di nuovo possibile allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza dell'intrinseca unità che le tiene insieme. È questo un compito che sta davanti a noi, un'avventura affascinante nella quale merita spendersi, per dare nuovo slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire in essa alla fede cristiana piena cittadinanza. Il "progetto culturale" della Chiesa in Italia è senza dubbio, a tal fine, un'intuizione felice e un contributo assai importante».
Discorso al Convegno nazionale della Chiesa italiana, Verona, 19 ottobre 2006.
«Meditando sulle otto opere compiute da Dio nella sequenza dei sei giorni nel commento della Genesi, s. Giovanni Crisostomo vuole riportare i fedeli dalla creazione al Creatore: “È un gran bene”, dice, “conoscere ciò che è la creatura e ciò che è il Creatore”. Ci mostra la bellezza della creazione e la trasparenza di Dio nella sua creazione, la quale diventa così quasi una “scala” per salire a Dio, per conoscerlo. Ma a questo primo passo se ne aggiunge un secondo: questo Dio creatore è anche il Dio della condiscendenza (synkatábasis). Noi siamo deboli nel “salire”, i nostri occhi sono deboli. E così Dio diventa il Dio della condiscendenza, che invia all’uomo caduto e straniero una lettera, la Sacra Scrittura, cosicché creazione e Scrittura si completano. Nella luce della Scrittura, della lettera che Dio ci ha dato, possiamo decifrare la creazione. Dio è chiamato “padre tenero” (philostórghios), medico delle anime (Omelia 40,3 sulla Genesi), madre (ibid.) e amico affettuoso (La provvidenza, 8,11-12). Ma a questo secondo passo – prima la creazione come “scala” verso Dio e poi la condiscendenza di Dio tramite una lettera che ci ha dato, la Sacra Scrittura – si aggiunge un terzo passo. Dio non solo ci trasmette una lettera: in definitiva, scende Lui stesso, si incarna, diventa realmente “Dio con noi”, nostro fratello fino alla morte sulla Croce. E a questi tre passi – Dio è visibile nella creazione, Dio ci dà una sua lettera, Dio scende e diventa uno di noi – si aggiunge alla fine un quarto passo. All’interno della vita e dell’azione del cristiano, il principio vitale e dinamico è lo Spirito Santo (Pneuma), che trasforma le realtà del mondo. Dio entra nella nostra stessa esistenza tramite lo Spirito Santo e ci trasforma dall’interno del nostro cuore».
Udienza generale, 26 settembre 2007.
«"Evolvere" significa letteralmente "srotolare un rotolo di pergamena", cioè, leggere un libro. L'immagine della natura come libro ha le sue origini nel cristianesimo ed è rimasta cara a molti scienziati. Galileo vedeva la natura come un libro il cui autore è Dio così come lo è delle Scritture. È un libro la cui storia, la cui evoluzione, la cui "scrittura" e il cui significato "leggiamo" secondo i diversi approcci delle scienze, presupponendo per tutto il tempo la presenza fondamentale dell'autore che vi si è voluto rivelare. Questa immagine ci aiuta a comprendere che il mondo, lungi dall'essere stato originato dal caos, assomiglia a un libro ordinato. È un cosmo. Nonostante elementi irrazionali, caotici e distruttivi nei lunghi processi di cambiamento del cosmo, la materia in quanto tale è "leggibile". Possiede una "matematica" innata. La mente umana, quindi, può impegnarsi non solo in una "cosmografia" che studia fenomeni misurabili, ma anche in una "cosmologia" che discerne la logica interna visibile del cosmo. All'inizio potremmo non riuscire a vedere né l'armonia del tutto né delle relazioni fra le parti individuali né il loro rapporto con il tutto. Tuttavia, resta sempre un'ampia gamma di eventi intellegibili, e il processo è razionale poiché rivela un ordine di corrispondenze evidenti e finalità innegabili: nel mondo inorganico fra microstruttura e macrostruttura, nel mondo animale e organico fra struttura e funzione, e nel mondo spirituale fra conoscenza della verità e aspirazione alla libertà. L'indagine filosofica e sperimentale scopre gradualmente questi ordini».
Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze, Roma, 31 ottobre 2008.
«Il libro della natura è uno e indivisibile, sul versante dell'ambiente come sul versante della vita, della sessualità, del matrimonio, della famiglia, delle relazioni sociali, in una parola dello sviluppo umano integrale. I doveri che abbiamo verso l'ambiente si collegano con i doveri che abbiamo verso la persona considerata in se stessa e in relazione con gli altri».
Caritas in veritate, 29 giugno 2009, n. 51.
«L'analisi dei fenomeni, se rimane rinchiusa in se stessa rischia di far apparire il cosmo come un enigma insolubile: la materia possiede un'intelligibilità in grado di parlare all'intelligenza dell'uomo e indicare una strada che va al di là del semplice fenomeno. È la lezione di Galileo che conduce a questa considerazione. Non era, forse, lo scienziato di Pisa a sostenere che Dio ha scritto il libro della natura nella forma del linguaggio matematico? Eppure, la matematica è un'invenzione dello spirito umano per comprendere il creato. Ma se la natura è realmente strutturata con un linguaggio matematico e la matematica inventata dall'uomo può giungere a comprenderlo, ciò significa che qualcosa di straordinario si è verificato: la struttura oggettiva dell'universo e la struttura intellettuale del soggetto umano coincidono, la ragione soggettiva e la ragione oggettivata nella natura sono identiche. Alla fine, è “una” ragione che le collega entrambe e che invita a guardare ad un'unica Intelligenza creatrice».
Messaggio ai partecipanti al Convegno “Dal telescopio di Galileo alla cosmologia evolutiva. Scienza, Filosofia e teologia in dialogo”, 26 novembre 2009
«Non si può domandare ai giovani di rispettare l’ambiente, se non vengono aiutati in famiglia e nella società a rispettare se stessi: il libro della natura è unico, sia sul versante dell’ambiente come su quello dell’etica personale, familiare e sociale».
Messaggio per la giornata mondiale della Pace, 8 dicembre 2009
«La Bibbia ci parla della creazione come del primo linguaggio attraverso il quale Dio – che è somma intelligenza, che è Logos – ci rivela qualcosa di sé. Il libro della Sapienza, per esempio, afferma che i fenomeni della natura, dotati di grandezza e bellezza, sono come le opere di un artista, attraverso le quali, per analogia, noi possiamo conoscere l’Autore del creato (cfr Sap. 13,5). Con una similitudine classica nel Medioevo e nel Rinascimento si può paragonare il mondo naturale a un libro scritto da Dio, che noi leggiamo in base ai diversi approcci delle scienze (cf. Discorso ai partecipanti alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, 31 Ottobre 2008). Quanti scienziati, infatti, sulla scia di sant’Alberto Magno, hanno portato avanti le loro ricerche ispirati da stupore e gratitudine di fronte al mondo che, ai loro occhi di studiosi e di credenti, appariva e appare come l’opera buona di un Creatore sapiente e amorevole! Lo studio scientifico si trasforma allora in un inno di lode».
Udienza generale, 24 marzo 2010
«La natura viene considerata oggi come una cosa puramente meccanica, quindi che non contiene in sé alcun imperativo morale, alcun orientamento valoriale: è una cosa puramente meccanica, e quindi non viene alcun orientamento dall’essere stesso. La Rivelazione viene considerata o come un momento dello sviluppo storico, quindi relativo come tutto lo sviluppo storico e culturale, o – si dice – forse c’è rivelazione, ma non comprende contenuti, solo motivazioni. E se tacciono queste due fonti, la natura e la Rivelazione, anche la terza fonte, la storia, non parla più, perché anche la storia diventa solo un agglomerato di decisioni culturali, occasionali, arbitrarie, che non valgono per il presente e per il futuro. Fondamentale è quindi ritrovare un concetto vero della natura come creazione di Dio che parla a noi; il Creatore, tramite il libro della creazione, parla a noi e ci mostra i valori veri. E poi così anche ritrovare la Rivelazione: riconoscere che il libro della creazione, nel quale Dio ci dà gli orientamenti fondamentali, è decifrato nella Rivelazione, è applicato e fatto proprio nella storia culturale e religiosa, non senza errori, ma in una maniera sostanzialmente valida, sempre di nuovo da sviluppare e da purificare. Così, in questo "concerto" – per così dire – tra creazione decifrata nella Rivelazione, concretizzata nella storia culturale che sempre va avanti e nella quale noi ritroviamo sempre più il linguaggio di Dio, si aprono anche le indicazioni per un’educazione che non è imposizione, ma realmente apertura dell’"io" al "tu", al "noi" e al "Tu" di Dio. […].
Educare è formare le nuove generazioni, perché sappiano entrare in rapporto con il mondo, forti di una memoria significativa che non è solo occasionale, ma accresciuta dal linguaggio di Dio che troviamo nella natura e nella Rivelazione, di un patrimonio interiore condiviso, della vera sapienza che, mentre riconosce il fine trascendente della vita, orienta il pensiero, gli affetti e il giudizio».
Discorso alla Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, 27 maggio 2010.
«In questo ambiente, Gaudí volle unire l’ispirazione che gli veniva dai tre grandi libri dei quali si nutriva come uomo, come credente e come architetto: il libro della natura, il libro della Sacra Scrittura e il libro della Liturgia. Così unì la realtà del mondo e la storia della salvezza, come ci è narrata nella Bibbia e resa presente nella Liturgia. Introdusse dentro l’edificio sacro pietre, alberi e vita umana, affinché tutta la creazione convergesse nella lode divina, ma, allo stesso tempo, portò fuori i “retabli”, per porre davanti agli uomini il mistero di Dio rivelato nella nascita, passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo. In questo modo, collaborò in maniera geniale all’edificazione di una coscienza umana ancorata nel mondo, aperta a Dio, illuminata e santificata da Cristo. E realizzò ciò che oggi è uno dei compiti più importanti: superare la scissione tra coscienza umana e coscienza cristiana, tra esistenza in questo mondo temporale e apertura alla vita eterna, tra la bellezza delle cose e Dio come Bellezza.»
Omelia nella Chiesa della Sagrada Familia, Barcellona, 7 novembre 2010.
«Inoltre, se al centro della Rivelazione divina c’è l’evento di Cristo, occorre anche riconoscere che la stessa creazione, il liber naturae, è anche essenzialmente parte di questa sinfonia a più voci in cui l’unico Verbo si esprime»
Verbum Domini, 30 settembre 2010, n. 7
«Esprimendoci con un’immagine, possiamo paragonare il cosmo ad un “libro” — così diceva anche Galileo Galilei —, considerandolo come “l’opera di un Autore che si esprime mediante la ‘sinfonia’ del creato. All’interno di questa sinfonia si trova, a un certo punto, quello che si direbbe in linguaggio musicale un ‘assolo’, un tema affidato ad un singolo strumento o ad una voce; ed è così importante che da esso dipende il significato dell’intera opera. Questo ‘assolo’ è Gesù… Il Figlio dell’uomo riassume in sé la terra e il cielo, il creato e il Creatore, la carne e lo Spirito. È il centro del cosmo e della storia, perché in Lui si uniscono senza confondersi l’Autore e la sua opera” [Omelia 6.1.2009]».
Verbum Domini, 30 settembre 2010, n. 13
«Questo cantico mette in luce il giusto posto da dare al Creatore, a Colui che ha chiamato all’esistenza tutta la grande sinfonia delle creature. "…tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione… Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le Tue creature". Questi versi fanno parte giustamente della vostra tradizione culturale e scolastica. Ma sono anzitutto una preghiera, che educa il cuore nel dialogo con Dio, lo educa a vedere in ogni creatura l’impronta del grande Artista celeste, come leggiamo anche nel bellissimo Salmo 19: "I cieli narrano la gloria di Dio, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento… Senza linguaggi, senza parole, senza che si oda la loro voce, per tutta la terra si diffonde il loro annuncio" (v. 1.4-5). Frate Francesco, fedele alla Sacra Scrittura, ci invita a riconoscere nella natura un libro stupendo, che ci parla di Dio, della sua bellezza e della sua bontà. Pensate che il Poverello di Assisi chiedeva sempre al frate del convento incaricato dell’orto, di non coltivare tutto il terreno per gli ortaggi, ma di lasciare una parte per i fiori, anzi di curare una bella aiuola di fiori, perché le persone passando elevassero il pensiero a Dio, creatore di tanta bellezza (cf. Vita seconda di Tommaso da Celano, CXXIV, 165)».
Discorso ai membri della Fondazione “Sorella natura”, 28 novembre 2011.
«Dio si manifesta come Padre nella creazione, in quanto origine della vita, e, nel creare, mostra la sua onnipotenza. Le immagini usate dalla Sacra Scrittura al riguardo sono molto suggestive (cfr Is 40,12; 45,18; 48,13; Sal 104,2.5; 135,7; Pr 8, 27-29; Gb 38–39). Egli, come un Padre buono e potente, si prende cura di ciò che ha creato con un amore e una fedeltà che non vengono mai meno, dicono ripetutamente i salmi (cfr Sal 57,11; 108,5; 36,6). Così, la creazione diventa luogo in cui conoscere e riconoscere l’onnipotenza del Signore e la sua bontà, e diventa appello alla fede di noi credenti perché proclamiamo Dio come Creatore. “Per fede, – scrive l’autore della Lettera agli Ebrei – noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sicché dall’invisibile ha preso origine il mondo visibile” (11,3). La fede implica dunque di saper riconoscere l’invisibile individuandone la traccia nel mondo visibile. Il credente può leggere il grande libro della natura e intenderne il linguaggio (cf. Sal 19,2-5); ma è necessaria la Parola di rivelazione, che suscita la fede, perché l’uomo possa giungere alla piena consapevolezza della realtà di Dio come Creatore e Padre. È nel libro della Sacra Scrittura che l’intelligenza umana può trovare, alla luce della fede, la chiave di interpretazione per comprendere il mondo.
Udienza generale, 6 febbraio 2013.