Apriamo la Sacra Scrittura: Identità

 

Libro del Deuteronomio (6,1-13)

    

La formazione del popolo di Israele si è imposta all’attenzione degli storici delle religioni a motivo della sua forte identità religiosa. A differenza di molti altri popoli del tardo neolitico, la fede nell’unico Dio, Creatore del cielo e della terra, determina in modo totale non solo le sue tradizioni e la sua organizzazione interna, ma anche la sua unità politica e sociale, in una parola la sua identità. Esso è il popolo scelto da Jahvè, anzi, da Lui creato, difeso, sostenuto e liberato. Tutti i libri dell’Antico Testamento, in un modo o nell’altro, tornano su questa convinzione. Lo fa spesso il libro del Deuteronomio, ultimo del Pentateuco, del quale riportiamo alcuni passaggi dal cap. 6. La fede in Jahvè va trasmessa di padre in figlio, deve accompagnare tutte le azioni degli israeliti, va scritta sui muri e nei cuori per non essere dimenticata. La memoria del proprio Dio è ciò che rende il popolo uno, ne garantisce la sussistenza, ne assicura la prosperità. La fede in Dio è ciò che lo identifica e lo rende stabile.

   

Questi sono i comandi, le leggi e le norme che il Signore, vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica nella terra in cui state per entrare per prenderne possesso; perché tu tema il Signore, tuo Dio, osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così si prolunghino i tuoi giorni. Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto.

 Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai.  Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte.

Quando il Signore, tuo Dio, ti avrà fatto entrare nella terra che ai tuoi padri Abramo, Isacco e Giacobbe aveva giurato di darti, con città grandi e belle che tu non hai edificato, case piene di ogni bene che tu non hai riempito, cisterne scavate ma non da te, vigne e oliveti che tu non hai piantato, quando avrai mangiato e ti sarai saziato, guàrdati dal dimenticare il Signore, che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile. Temerai il Signore, tuo Dio, lo servirai e giurerai per il suo nome.

   


     

Salmo (139 1-18)

   

La fede nell’unico Dio non qualifica solo l’identità di Israele come popolo, ma anche quella di ciascun israelita. Per estensione, e alla luce della missione universale associata a Israele, la fede in Dio identifica ciascun uomo e rivela chi ogni essere umano sia davvero. Nei versetti del salmo 139 che qui riportiamo, l’orante esprime la sua convinzione di essere sempre di fronte a Dio, custodito dal suo sguardo, confortato dalla sua presenza. A motivo della sua trascendenza su tutte le cose, Dio è presente alla sua creatura e la segue amorevolmente. È Dio stesso che, da sempre, ha voluto e amato ogni essere umano chiamandolo all’esistenza, plasmando il suo corpo e il suo spirito nel seno della propria madre. Nella sua origine e nel suo sviluppo, tutto ciò che appartiene all’essere umano e lo rende tale è conosciuto da Dio in profondità. L’identità di ogni vita che viene all’esistenza è, nel modo più profondo e originario, quella di essere creatura di Dio.

   

Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo,
intendi da lontano i miei pensieri,

osservi il mio cammino e il mio riposo,
ti sono note tutte le mie vie.

La mia parola non è ancora sulla lingua
ed ecco, Signore, già la conosci tutta.

Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.

Meravigliosa per me la tua conoscenza,
troppo alta, per me inaccessibile.

Dove andare lontano dal tuo spirito?
Dove fuggire dalla tua presenza?

Se salgo in cielo, là tu sei;
se scendo negli inferi, eccoti.

Se prendo le ali dell'aurora
per abitare all'estremità del mare,

anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.

Se dico: "Almeno le tenebre mi avvolgano
e la luce intorno a me sia notte",

nemmeno le tenebre per te sono tenebre
e la notte è luminosa come il giorno;
per te le tenebre sono come luce.

Sei tu che hai formato i miei reni
e mi hai tessuto nel grembo di mia madre.

Io ti rendo grazie:
hai fatto di me una meraviglia stupenda;
meravigliose sono le tue opere,
le riconosce pienamente l'anima mia.

Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
ricamato nelle profondità della terra.

Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi;
erano tutti scritti nel tuo libro i giorni che furono fissati
quando ancora non ne esisteva uno.

Quanto profondi per me i tuoi pensieri,
quanto grande il loro numero, o Dio!

Se volessi contarli, sono più della sabbia.
Mi risveglio e sono ancora con te.

    


      

Vangelo di Matteo (5,13-16. 33-48)

     

Subito dopo l’insegnamento sulle Beatitudini, il “discorso della montagna” tenuto da Gesù di Nazaret e riportato dall’evangelista Matteo offre il profilo dell’identità del cristiano. Ciò che identifica i discepoli di Gesù è l’essere “sale della terra” e “luce del mondo”, due qualifiche che fanno subito pensare al messaggio di salvezza da loro ricevuto e che sono chiamati a trasmettere. Entrambe le immagini (sale, luce) rimandano all’idea di sapienza e intelletto, forme di una conoscenza di cui sono depositari e adesso messaggeri. L’identità cristiana, tuttavia, non si ferma qui. Essa implica un preciso stile di vita, un modo di comportarsi che riscatta la semplice osservanza formale dei comandamenti e della Legge di Mosè, perché opera con sincerità di cuore, con rettitudine, con coerenza piena. Nei passaggi finali della prima parte del discorso, che qui riportiamo, Gesù rilegge alcuni comandamenti del Primo Testamento, mostrandone il vero significato: essi non chiedono di fermarsi ad una specifica misura, ma aprono verso un compimento sincero, pieno, ove l’amore non ha più misura.

   

Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.

Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte,  né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli. […] Avete anche inteso che fu detto agli antichi: "Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti". Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: "Sì, sì", "No, no"; il di più viene dal Maligno.

 Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l'altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da' a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.

 Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.  Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.

   


      

Lettera ai Colossesi (3,1-11)

   

La vera identità del cristiano si rivela nella logica della risurrezione. Partecipando in certo modo già in questa vita alla risurrezione di Gesù di Nazaret, i cristiani rivelano al mondo cosa essi siano e a cosa sono chiamati. L’apostolo Paolo delinea il comportamento del credente in Cristo Risorto mostrando come, in virtù della sua fede in Cristo, egli già vive in una dimensione nuova, trascendente. Pur restando con i piedi sulla terrà, è come se egli avesse già la testa e il cuore nel cielo. Vede le cose con gli occhi di Dio e opera secondo la Sua volontà. Si delinea così un contrasto, frequente nella predicazione di Paolo di Tarso: l’opposizione fra l’uomo vecchio e l’uomo nuovo. Il Risorto conferisce al cristiano una nuova identità: questi vive nel mondo senza essere del mondo, usa delle cose della terra senza restarne prigioniero, non cerca più il proprio vantaggio ma quello degli altri, non separa più gli esseri umani per la loro diversa appartenenza ma tutti considera fratelli. La nuova identità del cristiano è Gesù Cristo stesso, e ciò fa sì che Egli sia tutto in tutti.

   

Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.

Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria; a motivo di queste cose l'ira di Dio viene su coloro che gli disobbediscono. Anche voi un tempo eravate così, quando vivevate in questi vizi. Ora invece gettate via anche voi tutte queste cose: ira, animosità, cattiveria, insulti e discorsi osceni, che escono dalla vostra bocca. Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell'uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato.  Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.

     


       

Lettera ai Galati (2,19-21)

   

Considerare Gesù Cristo come la vera identità del cristiano conduce, per san Paolo, ad accettarne tutte le conseguenze. In questi versetti, brevi ma assai pregnanti, il credente in Gesù è chiamato a riconoscere che Gesù stesso vive in lui. “Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me”. Ci troviamo di fronte ad un apparente paradosso. Per acquistare la propria identità, il credente in Cristo deve perderla, quasi crocifiggendosi insieme a Cristo, un’azione che Paolo indica con un nuovo verbo, sinestauromai, cioè essere con-crocifisso con Cristo. Per essere sé stesso, il credente deve rinunciare ad esserlo e fare spazio alla presenza di Gesù Cristo in lui. Cosa indica questa inconsueta “sostituzione”, io ma non più io, che rappresenta il nerbo dell’esistenza cristiana? Come può qualcuno cessare di essere sé stesso per affermare ciò che egli è davvero? Comprenderlo richiede due considerazioni. La prima è capire che, per il cristianesimo, ogni essere umano è stato creato in Cristo, perché immagine di Dio come figlio nel Figlio. Essendo Gesù Cristo il vero uomo, la verità dell’essere umano consiste nel conformarsi a Lui. La seconda è comprendere che la libertà del cristiano viene affermata – ed egli afferma sé stesso – proprio nel volerla impegnare ad identificarsi con Gesù Cristo: egli afferma la propria identità precisamente volendo questo svuotamento in vista di una nuova identificazione. È il dinamismo dell’amore, ove l’amante afferma sé stesso volendo essere una sola cosa con l’amato e sentire in sé ciò che l’altro sente: come una madre con suo figlio, come lo sposo con la sposa, come l’amico che ama il suo amico come sé stesso.

   

In realtà mediante la Legge io sono morto alla Legge, affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo,  e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. Dunque non rendo vana la grazia di Dio; infatti, se la giustificazione viene dalla Legge, Cristo è morto invano.

     


     

Lettera ai Galati (5,18-25)

    

A determinare l’identità del cristiano non concorre soltanto la sua identificazione con Gesù Cristo, ma anche la sua speciale relazione con lo Spirito Santo. Anzi, le due cose sono strettamente in relazione, in quanto la vita filiale, vita in Cristo, è generata per mezzo dello Spirito. I figli di Dio sono guidati dallo Spirito e vivono secondo lo Spirito. Paolo di Tarso descrive in questa pagina della Lettera ai Galati quali sono le caratteristiche del cristiano inabitato dallo Spirito Santo e i frutti che la Sua presenza genera. Il cristiano si distingue per la nuova vita, vita dello Spirito, che opera in lui. Lasciate le opere del male, la faziosità, l’odio, l’impurità e i vizi, grazie allo Spirito e ai suoi frutti egli acquista una precisa identità, che lo qualifica come nuova creatura, rigenerata da Dio.

   

Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c'è Legge.

Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.

    

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