Simone Weil (1909-1943), filosofa, mistica e scrittrice, è tra le figure intellettuali più rilevanti nel panorama francese del Novecento. Allieva del filosofo Alain, sorella del matematico André Weil, che fu tra gli iniziatori del gruppo Bourbaki, ebbe contatti con personalità politiche e culturali di spicco. Nei suoi scritti le tematiche sociali e politiche si alternano e si integrano con quelle filosofiche e religiose. Nella raccolta L'ombra e la grazia, curata dall'amico filosofo Gustave Thibon e pubblicata postuma nel 1947, la filosofa annota alcune riflessioni sul tema del bello, inteso come sentimento che conduce alla trascendenza e come contemplazione che rinuncia a qualunque forma di possesso su ciò che viene contemplato. In questo "guardare" che rinuncia a "tendere la mano" si nasconde un'analogia con l'atto del Creatore: Dio infatti, secondo Weil, crea ritraendo se stesso e "facendo spazio" al mondo, lasciando che esso sussista in maniera autonoma. L'esperienza del bello dischiude dunque una via verso l'esperienza del divino.
La bellezza è l'armonia del caso e del bene.
II bello è il necessario che, pur rimanendo conforme alla legge propria, e ad essa sola, obbedisce al bene.
Oggetto della scienza: il bello (cioè l'ordine, la proporzione, l'armonia) in quanto sovrasensibile e necessario.
Oggetto dell'arte: il bello sensibile e contingente, percepito attraverso la rete del caso e del male.
Il bello nella natura: unione dell'impressione sensibile e del sentimento della necessità.
Dev'essere così (in primo luogo); e, precisamente, è così.
La bellezza seduce la carne per ottenere il permesso di passare fino all'anima.
Il bello racchiude, fra le altre unità di contrari, quella dell'istantaneo e dell'eterno. […]
Il bello è un richiamo carnale che tiene a distanza ed implica una rinuncia. Compresa la rinuncia più intima, quella della immaginazione. Si vuol mangiare tutti gli altri oggetti di desiderio. Il bello è ciò che si desidera senza volerlo mangiare. Desideriamo che sia.
Restare immobile e unirsi a quel che si desidera senza avvicinarsi.
Ci si unisce a Dio così: non potendosene avvicinare.
La distanza è l'anima del bello.
Lo sguardo e l'attesa sono l'attitudine che corrisponde al bello. Fin quando si può concepire, volere, desiderare, il bello non appare. Questa è la ragione per cui, in ogni bellezza, c'è contraddizione, amarezza, assenza irriducibili.
Poesia: dolore e gioia impossibili. Tocco struggente. Nostalgia. Tale è la poesia provenzale e inglese, una gioia che, a forza d'esser pura e senza che nulla vi si aggiunga, fa male. Un dolore che, a forza di esser puro e senza che nulla sia aggiunto, pacifica.
Bellezza. Un frutto che si guarda senza tender la mano. […]
In tutto quel che suscita in noi il sentimento puro ed autentico del bello, c'è realmente la presenza di Dio. C'è quasi una specie di incarnazione di Dio nel mondo, di cui la bellezza è il segno.
Il bello è la prova sperimentale che l'incarnazione è possibile.
Per questo ogni arte di prim'ordine è, per sua essenza, religiosa. (Ecco quello che oggi non si sa più.) Una melodia gregoriana testimonia quanto la morte di un martire.
Simone Weil, L'ombra e la grazia, trad. it. di F. Fortini, Bompiani, Milano 2002, pp. 265-269.