Bibbia, corporeità e visione dell'amore umano nel Cantico dei Cantici
Il Cantico dei Cantici, che letteralmente vuol dire “il Cantico per eccellenza”, è senza dubbio il più singolare fra i libri dell’Antico Testamento della Bibbia Ebraica. La sua bellezza e la sua elegia, sebbene riprodotte attraverso le traduzioni dalla lingua originale (ebraico antico) alle lingue moderne, sono tali da poterlo considerare a ragione fra gli esempi più alti della letteratura di tutti i tempi. Il Cantico dei Cantici è un poema, anzi un gruppo di poemi d’amore, che si snodano secondo gli appassionati dialoghi fra l’amata e l’amato, intervallati dal coro, presentati con una lirica attraente ove l’amore umano, per esprimersi, si serve di ricche metafore, prese in prestito specialmente dal paesaggio naturale. I corpi degli amati sono essi stessi parte di questo paesaggio: la loro descrizione si serve dei profumi della natura, della bellezza del territorio e degli animali, segue i profili dei monti e delle valli. Il Cantico celebra l’amore come ricerca appassionata, quasi senza fine, disposta a ogni sacrificio pur di riposare sul cuore della persona amata. La tradizione teologica, prima ebraica e poi cristiana, ha letto a ragione in questo libro, collocato nella Bibbia, una profonda allegoria della relazione d'amore che lega Dio creatore al suo popolo e alla sua creatura. Un amore fontale, i cui sentimenti, per essere spiegati, compresi e illustrati, sembrano richiedere l’intervento di tutti gli elementi della natura, ma anche la descrizione delle emozioni e degli affetti che legano i due innamorati.
La Sacra Scrittura non è nuova nel ricorrere al linguaggio dell’amore umano per esprimere l’amore di Dio per il suo popolo. I profeti dell’Antico Testamento paragonano l’infedeltà e l’idolatria all’adulterio, parlando paradossalmente di una “gelosia divina”, quella di Dio che desidera solo per Sé l’amore della creatura plasmata a Sua immagine. Nel Nuovo Testamento, Paolo di Tarso paragona l’amore di Cristo per la sua Chiesa all’amore sponsale fra marito e moglie, applicandone interamente le esigenze di fedeltà e di dedizione, fino al sacrificio della propria vita.
Il significato del Cantico dei Cantici, tuttavia, non si esaurisce solo in una lettura allegorica, volta ad impiegare l’amore umano per esprimere e descrivere l’amore divino. Dice ancora molto di più. Il testo biblico e la sua collocazione nell’esperienza spirituale e religiosa del popolo di Israele vogliono far comprendere che l’amore umano, la ricerca e l’incontro fra l’amata e l’amato, hanno un ruolo preciso nel piano creatore di Dio. L’amore fra l’uomo e la donna è un bene in sé, voluto così da Dio, quando si esprime, come in questi versi, con il carattere di una fedeltà appassionata, come ricerca capace di affrontare ogni difficoltà, come consapevole percezione della dignità e della preziosità della persona amata. È un bene il desiderio dell’altro, come preludio a un incontro fecondo. Ed è un bene in sé anche la “scoperta” reciproca dei corpi dell’amata e dell’amato, che trova la sua collocazione solo all’interno di una relazione di amore esclusivo, donato e consapevole. In una società e in un contesto di comunicazione di massa in cui la sessualità è stata separata dall’amore coniugale e dalla procreazione, il testo del Cantico dei Cantici aiuta a tornare alla vera sorgente della bellezza sessuale, all’emozione della scoperta che fa sussultare il cuore, preparando all’unione fra l’amato e l’amata. La descrizione dei corpi degli amanti, come proposta dal settimo, ottavo e nono poema del Cantico, che il linguaggio comune chiamerebbe oggi erotica, riscatta la bellezza dei corpi dalla logica del possesso egoista, del dominio e della banalizzazione, oggi frequenti, per restituirla alla contemplazione che immerge nel creato e ne svela i significati nel progetto di Dio.
Il testo dei Cantico dei Cantici, la cui lettura integrale il popolo ebreo riservava alla celebrazione delle feste pasquali, ha conosciuto diversi strati redazionali. Vi si frammezzano versi che ricordano le nozze del re Salomone con la figlia del Faraone, portata dall’Egitto a Gerusalemme, appendici e aggiunte. Le sue pagine sono state commentate da molteplici autori, credenti e non credenti. Sono noti i commenti scritti dai mistici cristiani, Bernardo di Chiaravalle, Guglielmo di san Thierry, Jan van Ruysbroeck, Giovanni della Croce, autori specialmente attenti alla dinamica del nascondimento, all’amato perso che viene ritrovato, metafora dell’anima in ricerca di Dio; una ricerca non di rado segnata da oscurità e apparente abbandono che, come nel vero amore, misura la fedeltà dell’amante che sa attendere e sperare. Una lettura, quella del Cantico dei Cantici, che merita di essere svolta integralmente, sul testo biblico, al di là dei pochi versi messi a disposizione in questa selezione.
dal Prologo e dal Primo Poema (vv. 1,1-5 e 1,9-17)
Cantico dei Cantici, di Salomone.
L'amata
«Mi baci coi baci della sua bocca,
poiché dolci sono le tue carezze, più del vino;
soavi all’odore i tuoi profumi:
profumo versato di fresco il tuo nome.
Perciò le fanciulle ti amano.
Portami via con te, corriamo!
Il re mi ha introdotto nelle sue stanze.
Esulteremo e gioiremo per te,
ricorderemo le tue carezze più del vino.
A ragione ti amano!
Nera sono, ma bella, figlie di Gerusalemme,
come le tende di Kedar, come le cortine di Salomone»
[…]
L’amato
«A una puledra tra i cocchi del faraone
t'assomiglio, amica mia.
Sono belle le tue guance fra i monili,
il tuo collo fra catene di perle!»
Coro
«Monili d'oro faremo per te, trapunti d'argento».
L'amata
«Mentre il re sta nel triclinio,
il mio nardo effonde il suo profumo.
Un sacchetto di mirra è i l mio diletto per me,
fra i miei seni trascorre la notte.
Un grappolo d'alcanna è il mio diletto per me,
fra le vigne di Engaddi».
Il diletto
«Come sei bella, amica mia, come sei bella!
I tuoi occhi sono colombe!»
L'amata
«Come sei bello, diletto mio, e dolce!
Anche il nostro letto è di tenero verde,
travi della nostra casa sono i cedri,
nostro soffitto i cipressi».
dal Secondo Poema (vv. 2,8-17)
L'amata
« Senti... È il mio diletto !
Eccolo: viene,
saltando per i monti
balzando per le colline.
Il mio diletto somiglia a un capriolo
o a un piccolo di cervo.
Ecco: si è fermato
dietro al nostro muro;
scruta dalle finestre,
occhieggia dalle grate
Il mio diletto parla, e mi dice:
"Alzati, amica mia,
mia bella, e va' !
Perché, ecco, l'inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n'è andata.
I fiori sono apparsi nel paese,
è venuto il tempo del canto,
la voce della tortora s'è fatta udire
nel nostro paese.
Il fico arrossa i suoi primaticci,
e le viti in fiore effondono profumo.
Alzati, amica mia,
mia bella, e va'!
Mia colomba, che stai negli anfratti della roccia,
nei nascondigli dei dirupi,
fammi vedere il tuo volto
fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è dolce
e il tuo volto leggiadro".
Catturateci le volpi,
le volpi piccine,
che devastano le vigne,
perché le nostre vigne sono in fiore.
Il mio diletto è mio, e io sono sua,
egli pascola tra i fiori di loto.
Quando il giorno respira
e le ombre si allungano,
vieni, mio diletto, somiglia a un capriolo
o a un piccolo di cervo
sui monti divisi».
dal Terzo Poema (vv. 3,1-5)
L'amata
«Sul mio letto, la notte, ho cercato
l'amore dell' anima mia,
l’ho cercato, ma non l’ho trovato.
Mi alzerò e percorrerò la città;
per le strade e per le piazze
cercherò l'amore dell’anima mia.
L' ho cercato, ma non l'ho trovato.
Mi hanno trovata le guardie,
che fan la ronda della città.
"Avete visto
l 'amore dell'anima mia?"
Le avevo appena oltrepassate,
quando ho trovato
l'amore dell'anima mia.
L'ho stretto e non lo lascerò,
finché non l'abbia introdotto nella casa di mia madre,
nella stanza di colei che mi ha concepito.
Vi scongiuro,figlie di Gerusalemme,
per le gazzelle o per le cerve dei campi:
non svegliate, non ridestate l'amore
finché a lui non sia gradito!»
dal Settimo Poema (vv. 5,9-16)
Coro
«Che ha il tuo diletto di diverso da un altro diletto,
tu, la più bella fra le donne?
Che ha il tuo diletto di diverso da un altro diletto, perché così ci scongiuri?».
L’amata
«Il mio diletto è bianco e vermiglio, si distingue tra mille e mille.
Il suo capo è oro, oro puro
i suoi riccioli, infiorescenze di dattero,
neri come il corvo.
I suoi occhi come colombe su rivoli d'acqua,
lavate nel latte,
posate su una vasca ricolma.
Le sue guance come un'aiuola di balsamo,
torri d'aromi.
Le sue labbra, fiori di loto
stillanti liquida mirra.
Le sue mani, anelli d'oro
incastonati di pietre di Tarsis.
Il suo ventre, un volume d'avorio
tempestato di lapislazzuli.
Le sue gambe, colonne d'alabastro
fondate su basi di puro oro.
Il suo aspetto, come il Libano,
imponente come i cedri.
Il suo palato, dolcezza: tutto è fascino in lui.
Questo è il mio diletto, questo il mio amico,
o figlie di Gerusalemme».
dal Decimo e ultimo Poema (vv. 8,6-7)
L'amata
«Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio,
perché forte come la morte è Amore,
implacabile come gli inferi Gelosia.
I suoi dardi sono dardi di fuoco,
una fiamma di Jah.
Le grandi acque non bastano
a spegnere l’amore,
né i fiumi lo travolgono.
Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
in cambio dell'amore,
non ne otterrebbe che disprezzo».
I brani qui proposti seguono la traduzione di Gianni Barbiero, realizzata dal testo ebraico originale. Il testo e le interpretazioni ritmiche dei dialoghi, come ricostruite da traduttore, si distanziano in alcuni casi dal testo italiano presentato della CEI (editio princeps, 2008).