Davide e la bellezza

Quando il profeta Samuele, già avanti negli anni, si recò a Betlemme, inviato da Dio per riconoscere e ungere il futuro re di Israele, nella piccola cittadina della Giudea vi furono commenti e sguardi interrogativi. Cosa vorrà mai il profeta da noi? Sarà un emissario del re Saul per giustificare qualche suo sopruso? Samuele tranquillizzò gli abitanti e si recò decisamente verso la casa di Iesse, padre di otto figli. Qui si fece scorrere innanzi tutti i suoi figli, uno a uno, per capire a quale di essi il Signore Dio lo avesse inviato…

Samuele chiese a Iesse: "Sono qui tutti i giovani?". Rispose Iesse: "Rimane ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge". Samuele disse a Iesse: "Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui" (1 Samuele 16,11).

Michelangelo
Michelangelo, David, 1501-1504.

La comparsa di Davide nella casa paterna assomiglia all’entrata inaspettata del protagonista nella scena di in un film.

Lo mandò a chiamare e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto. Disse il Signore: "Àlzati e ungilo: è lui!". Samuele prese il corno dell'olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi (1 Samuele 16, 12-13).

La centralità di Davide nella Bibbia non dipende tanto dalla sua condizione di re di Israele, condizione che condivide con molti altri personaggi biblici, quanto soprattutto dall’essere capostipite della discendenza che, in linea diretta, porterà fino a Giuseppe e Maria di Nazaret, madre di Gesù. Dalla discendenza di Davide sarebbe dovuto sorgere il Messia, il Re che avrebbe dato stabilità per sempre al Regno di Israele; il Salvatore la cui missione i profeti dell’Esilio intravedevano ben oltre le aspettative umane. Il Cristo sarà figlio di Davide. Il Cristo nascerà a Betlemme, città di Davide.

Fin dall’inizio della sua storia – la sua unzione come futuro re da parte di Samuele – Davide viene qualificato per la sua bellezza, un attributo che lo accompagnerà lungo la sua vita. «Egli sa suonare ed è forte e coraggioso, abile nelle armi, saggio di parole, di bell'aspetto, e il Signore è con lui» (1Samuele 16,18). La bellezza stessa, a dir la verità, diverrà per Davide qualcosa con cui confrontarsi, qualcosa da saper gestire. Davide suona la cetra, compone canti, danza davanti a Dio e al suo popolo in occasione delle vittorie, sa far festa. Non è facile trovare nella Bibbia lodi alla bellezza fisica di un uomo. L’ammirazione più alta la Scrittura la rivolge a personaggi femminili, prime fra tutte le bellissime Giuditta ed Ester, che proprio grazie al loro fascino potranno scrivere una pagina della storia della salvezza del popolo di Dio, liberandolo dai suoi nemici terreni. Davide è un bel giovane. Mikal, figlia di Saul, si innamora di lui al primo sguardo. Ad Abigail, moglie di Nabal, basterà un fugace incontro con lui per restarne invaghita. Le fanciulle di Israele lo ammirano mentre danza al Signore canti di vittoria, suscitando gelosie. Con Davide si stava bene: la sua personalità risultava attraente e gradita, come lascia intendere anche la fedele amicizia di Gionata, figlio di Saul. Secoli più tardi, due artisti come Donatello (1440) e Michelangelo (1504) rappresenteranno Davide come esemplare della bellezza maschile in due sculture di ascendenza greca, la prima ispirata sul modello del dio Hermes, con fattezze adolescenziali, la seconda come simbolo universalmente riconosciuto del Rinascimento italiano, perfezione anatomica di una gioventù ormai matura.

L’associazione fra Davide e la bellezza passa anche attraverso i suoi sentimenti di musico e di cantore. Suonando la cetra egli consola il re Saul, rende lode a Dio, compone salmi. Ancora oggi la lettura dei Salmi biblici, vari dei quali attribuiti proprio a Davide, eleva la mente e il cuore a un senso di bellezza, favorisce la contemplazione della natura, mostra la profondità della legge divina, pone l’essere umano in dialogo con la sua coscienza. Di Davide la Parola di Dio sottolinea i suoi sentimenti e la sua bontà d’animo. È persona gradita a Dio, uomo secondo il Suo cuore. Al tempo stesso – ed è questo uno dei motivi della sua originalità nelle pagine dei testi biblici – in Davide vi è alternanza tra audacia eroica e momenti di grande debolezza, coesistenza di ardore bellico e desiderio di pace, cedimenti alla violenza e all’egoismo e una consapevolezza così profonda dei propri errori che genera il pentimento più sincero. Sono questi gli elementi che contribuiscono a rendere la sua figura così umana, quasi familiare a ciascuno.

Lo mostra, più di tutti, l’episodio forse più noto della sua vita, nel quale il cedimento insensato alla passione lo condurrà prima all’adulterio e poi all’omicidio.

Un tardo pomeriggio Davide, alzatosi dal letto, si mise a passeggiare sulla terrazza della reggia. Dalla terrazza vide una donna che faceva il bagno: la donna era molto bella d'aspetto. Davide mandò a informarsi sulla donna. Gli fu detto: "È Betsabea, figlia di Eliàm, moglie di Uria l'Ittita". Allora Davide mandò messaggeri a prenderla. Ella andò da lui ed egli giacque con lei […]. Poi ella tornò a casa. La donna concepì e mandò ad annunciare a Davide: "Sono incinta" (2Samuele 11,2-5)

Davide ha perso il controllo, diremmo oggi. Vede solo il suo desiderio e vuole soddisfarlo a tutti i costi. Dalla sua bramosia di possedere ciò che non gli appartiene, nasceranno poi altre malvagità: menzogna, adulterio, omicidio. Davide cerca prima di ingannare Uria, spingendolo senza successo ad unirsi con sua moglie e così confondere la vera causa del nuovo concepimento; poi invierà ordini cifrati al fronte di guerra perché Uria venga lasciato solo davanti al nemico e da questi ucciso; infine simulerà la bontà di prendere con sé la vedova per occuparsi di lei. Pochi giorni dopo questi fatti, la visita inaspettata del profeta Natan, inviato da Dio per condannare il suo terribile peccato, non passato inosservato a chi scruta i cuori degli uomini, aprirà gli occhi di Davide e lo muoverà al pentimento. Natan gli racconta una storia, in terza persona, per aiutarlo a recuperare oggettività, a prendere le distanze dalle sue passioni e capire cosa è davvero successo…:

Il Signore mandò il profeta Natan a Davide, e Natan andò da lui e gli disse: "Due uomini erano nella stessa città, uno ricco e l'altro povero. Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero, mentre il povero non aveva nulla, se non una sola pecorella piccina, che egli aveva comprato. Essa era vissuta e cresciuta insieme con lui e con i figli, mangiando del suo pane, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno. Era per lui come una figlia. Un viandante arrivò dall'uomo ricco e questi, evitando di prendere dal suo bestiame minuto e grosso quanto era da servire al viaggiatore che era venuto da lui, prese la pecorella di quell'uomo povero e la servì all'uomo che era venuto da lui". Davide si adirò contro quell'uomo e disse a Natan: "Per la vita del Signore, chi ha fatto questo è degno di morte. Pagherà quattro volte il valore della pecora, per aver fatto una tal cosa e non averla evitata". Allora Natan disse a Davide: "Tu sei quell'uomo! Così dice il Signore, Dio d'Israele: "Io ti ho unto re d'Israele e ti ho liberato dalle mani di Saul, ti ho dato la casa del tuo padrone e ho messo nelle tue braccia le donne del tuo padrone, ti ho dato la casa d'Israele e di Giuda e, se questo fosse troppo poco, io vi aggiungerei anche altro. Perché dunque hai disprezzato la parola del Signore, facendo ciò che è male ai suoi occhi? Tu hai colpito di spada Uria l'Ittita, hai preso in moglie la moglie sua e lo hai ucciso con la spada degli Ammoniti. […] Allora Davide disse a Natan: "Ho peccato contro il Signore!" (2Samuele 12,1-9.13)

Donatello
Donatello, David, 1440 circa.

Il pentimento di Davide sarà profondo, sincera la sua penitenza. Di fronte alla morte prematura del bambino accetterà la volontà di Dio. I sentimenti di Davide ci sono stati trasmessi in un salmo che, secondo la tradizione, egli stesso avrebbe composto proprio per esprimere lo stato del suo cuore, una volta compresa la sua colpa:

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro. Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto […]. Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. […] Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi (Salmo 51, 3-6.11-12.19)

L’esperienza sofferta da Davide, il suo sguardo su Betsabea e ciò che da esso è seguito, riguarda in fondo un po’ tutti. Sembra volerci insegnare il modo di comprendere la bellezza, specie quella che il corpo umano manifesta. Ci dice che questa bellezza va rispettata come qualcosa che non ci appartiene, non si può rapire, mercificare. È bellezza personale, perché il corpo è espressione dell’intera persona, dei suoi sentimenti, del suo cuore, del suo essere. Ci dice che la passione può accecare, può far perdere l’oggettività e proiettare in un mondo virtuale, fatto solo dai nostri desideri. Ci dice anche, però, che esiste una coscienza, che è presente in ciascuno un giudizio morale capace, quando si recupera oggettività, di dirci cosa è davvero accaduto, cosa è bene e cosa è male. Ci insegna la bellezza del perdono e del pentimento. Chi la sperimenta sa che questa bellezza, forse, è la più grande di tutte.