Antoni Gaudì

Antoni Gaudì
Antoni Gaudì
(1852-1926)

Chi era Antoni Gaudì, architetto catalano, nome che dice forse poco a coloro che stanno leggendo queste righe? E perché parlarne in un approfondimento dedicato allo stupore? Chi è entrato una volta nella Cattedrale della Sagrada Familia a Barcellona, opera progettata e cominciata da Gaudì alla fine dell’800 e dopo lunghe vicende ormai avviata verso la sua conclusione, può facilmente capirlo: Gaudì stupisce. Io vi sono entrato un paio di anni fa. Ho visto la maggior parte dei visitatori, tanto negli spazi interni, come quando osservavano le 4 facciate esterne, e la costruzione delle torri (la più alta sarà di 172 metri), restare a bocca aperta. Mi sono chiesto perché Antoni Gaudì stupisce con la sua architettura. Ho trovato la risposta nella sua vita: perché Gaudì, lui per primo, si lasciva stupire. Amava la natura, osservava alberi, foglie e animali; ne studiava le origini, la diffusione geografica, la storia. Imparava da ciò che osservava, con attenzione. Nel 1876, all’età di 24 si iscrisse a due Associazioni di escursioni scientifiche e naturalistiche percorrendo in lungo e in largo le regioni della Catalogna, dialogando con ricercatori, intellettuali, artisti. Gaudì seppe stupire altri perché si educò egli stesso allo stupore. Ma andiamo con ordine e vediamo più da vicino qualcosa di questo straordinario personaggio.

Noto con il singolare appellativo l’“architetto di Dio”, Antoni Gaudì i Cornet (1852-1926) fu tra i più grandi artisti del suo tempo e lasciò un’impronta indelebile nel paesaggio urbano della sua Barcellona, città dove si era trasferito per frequentare l’università. Il suo nome, legato a progetti originali e sorprendenti come il parco Güell, Casa Batlló e casa Milá (soprannominata Pedrera, “casa di pietra”), divenne ben presto rappresentativo dell’orientamento modernista catalano. Quando, nel 1878, terminò gli studi di Architettura, il direttore della scuola, Elies Rogent, affermò: «Non so se abbiamo conferito il titolo a un pazzo o a un genio, con il tempo si vedrà». Linee curve, colori vivaci, materiali insoliti come pietra, ferro battuto, ceramica, soluzioni ardite e una ricca immaginazione, nutrita da un’attenta e ammirata osservazione della natura, furono gli elementi caratteristici del suo stile, che divenne ben presto riconoscibile e apprezzato. «La decorazione» sosteneva Gaudì «è stata, è e sarà colorata. La natura non ci presenta nessun oggetto monotonamente uniforme. Tutto, nella vegetazione, in geologia, in topografia, nel regno animale, mantiene sempre un contrasto cromatico più o meno vivo. Ed è per questo motivo che dobbiamo necessariamente colorare tutto o in parte un elemento architettonico».

Casa Battlò
Vetrate policrome all'interno della Sagrada Familia

Ma la sua notorietà, ben oltre i confini della sua terra, è legata all’opera cui dedicò la maggior parte della vita: la cattedrale della Sagrada Familia a Barcellona. In questa monumentale costruzione, che l’architetto non ebbe modo di vedere terminata e il cui completamento è stato annunciato per l’anno 2026, si condensa tutta l’universo artistico e spirituale di Gaudì, ricco di elementi simbolici e di influenze mistiche sempre radicati però nella contemplazione del mondo naturale, ritenuto da Gaudì l’opera d’arte del Creatore. In una raccolta di pensieri consegnati ai suoi studenti leggiamo: «Il grande libro, sempre aperto e che bisogna sforzarsi di leggere, è quello della natura; gli altri libri derivano da questo e contengono, inoltre, interpretazioni ed equivoci degli uomini. Ci sono due rivelazioni: una, quella dei principi della morale e della religione; l'altra, che guida mediante i fatti, è quella del grande libro della natura».Tutto, nella progettazione e realizzazione della Sagrada Familia stupisce: i minimi particolari di animali e di piante portatori di un ricco simbolismo, il numero eccedente e inusitato di elementi costruttivi delle singole parti, la sintesi fra l’esuberanza del cromatismo e la sobrietà della pietra. Chi sosta nella navata centrale e guarda verso l’alto ha l’impressione di trovarsi in una foresta, dove le colonne sono alberi. E chi guarda il soffitto prova la sensazione di trovarsi sotto un cielo stellato.

Gaudì cantiere
Gaudì nel cantiere della Sagrada Familia

Dopo gli anni di studio all’università, le prime esperienze come architetto e i primi successi, che gli aprirono le porte della vita mondana di Barcellona, Gaudì ricevette la commissione della Sagrada Familia (1883), opera che segnò una svolta nella sua esistenza. Egli, però, ne assunse non solo la dimensione architettonica, ma anche quella spirituale e religiosa che il progetto implicitamente comportava. In modo naturale e progressivo, la sua fede cristiana cominciò a confluire in tutto ciò che progettava, disegnava, faceva costruire. Scelse per sé una vita ascetica: abitava in una piccola stanza ricavata nel cantiere della cattedrale e intervallava le ore di lavoro con quelle dedicate alla preghiera, in modo tale che sembrava stesse facendo una sola cosa. La vita, però, non era stata generosa con lui. A soli vent’anni aveva perso la madre tre fratelli e qualche anno più radi morì anche una sua sorella. Il dolore, l’esperienza della finitezza e quella della morte di persone care, lo accompagnarono fin da giovane. Egli seppe interiorizzare queste esperienze e ricomprenderle nel proprio cammino di fede. Pienamente identificato con la realizzazione della Sagrada Familia, la ricerca di forme, soluzioni e strutture per la costruzione della cattedrale si trasformò per lui in un cammino religioso, con successi e sconfitte, fatiche e soddisfazioni.

L’osservazione della natura e delle “soluzioni” che gli elementi naturali e i viventi avevano raggiunto nel corso della loro storia geologica, ambientale e biologica, lo spingeva a imitare queste forme e riprodurle nella costruzione. Era infatti persuaso che, se la mente umana affronta le cose in modo separato e poi cerca di unirle, la natura affronta invece tutto insieme, unendo la bellezza alla funzionalità e all’efficienza. «La prima qualità che deve avere un oggetto per essere bello è soddisfare lo scopo a cui è destinato, non come se riunissimo problemi, risolti separatamente, e li collegassimo ottenendo un risultato eterogeneo, bensì cercando una soluzione unitaria che tenga conto delle condizioni materiali dell'oggetto, del suo impiego e del suo carattere. In altre parole, una volta capite quali sono le soluzioni valide, bisogna optare per quella più consona all'oggetto; da ciò si deduce che è necessario considerarne l'uso, il carattere e le condizioni fisiche».

Gaudì morì in un incidente urbano, investito da un tram all’età di 74 anni e provato da uno stato di saluto precario, dovuto anche all’intensità del suo lavoro. Data la povertà del suo abbigliamento e la semplicità del suo apparire, fu scambiato per un senzatetto e portato in un grande ospedale. Quando poi fu riconosciuto come il più grande architetto spagnolo, era già troppo tardi. Ai suoi funerali partecipò una folla immensa, che riconobbe in lui non soltanto un esempio di grande artista, ma anche quello di un uomo generoso e altruista. Sobrio in tutto ciò che riguardava la sua vita personale, si preoccupava della salute e delle condizioni di vita degli operai del cantiere. Per i loro figli, Gaudì volle che si costruissero accanto al cantiere una scuola e dei luoghi di ritrovo. Nel 1998 è stato avviato nella Chiesa cattolica il processo di beatificazione di Antoni Gaudì, a motivo dell’unità profonda, nella sua vita, tra ispirazione artistica, fede cristiana e virtù umane. Terminata con successo la fase diocesana del processo, è stato dichiarato “Servo di Dio”. Affermava uno dei biografi di Gaudì, Juan Manuel González-Cremona: «Non è esagerato affermare che la sua opera fu il tentativo di unire il cielo e la terra. Non è neanche esagerato affermare che in buona parte ci riuscì».

descrizione della foto
Casa Battló a Barcellona

Un ultimo episodio significativo lo registriamo ai nostri giorni. Uno scultore giapponese Etsuro Sotoo, comincia a studiare l’architettura di Gaudì e ne resta affascinato. Approfondendone i significati e le motivazioni, si avvicina al cattolicesimo, ne coglie il messaggio e decide di ricevere il battesimo nel 1991. Oggi dirige i lavori finali del cantiere della Sagrada Familia ed ha realizzato molte delle statue e composizioni progettate ma non concluse da Gaudì. Possiamo vedere la notizia e conoscere Etsuro Sotoo in questo video.

     

Guarda su DISF Educational le presentazioni alla pagina Arte e natura nell’architettura religiosa