Amore, dal Catechismo della Chiesa Cattolica

 

218
Israele, nel corso della sua storia, ha potuto scoprire che uno solo era il motivo per cui Dio gli si era rivelato e lo aveva scelto fra tutti i popoli perché gli appartenesse: il suo amore gratuito. Ed Israele, per mezzo dei profeti, ha compreso che, ancora per amore, Dio non ha mai cessato di salvarlo e di perdonargli la sua infedeltà e i suoi peccati.

 

219
L'amore di Dio per Israele è paragonato all'amore di un padre per il proprio figlio. È un amore più forte dell'amore di una madre per i suoi bambini. Dio ama il suo Popolo più di quanto uno sposo ami la propria sposa; questo amore vincerà anche le più gravi infedeltà; arriverà fino al dono più prezioso: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito» (Gv 3,16).

 

221
Ma san Giovanni si spingerà oltre affermando: «Dio è Amore» (1Gv 4,8.16): l'Essere stesso di Dio è Amore. Mandando, nella pienezza dei tempi, il suo Figlio unigenito e lo Spirito d'Amore, Dio rivela il suo segreto più intimo: è lui stesso eterno scambio d'amore: Padre, Figlio e Spirito Santo e ci ha destinati ad esserne partecipi.

 

604
Nel consegnare suo Figlio per i nostri peccati, Dio manifesta che il suo disegno su di noi è un disegno di amore benevolo che precede ogni merito da parte nostra. «In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (1Gv 4,10). «Dio dimostra il suo amore verso di noi, perché mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,8).

 

605
Questo amore è senza esclusioni; Gesù l'ha richiamato a conclusione della parabola della pecorella smarrita: «Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli» (Mt 18,14). Egli afferma di «dare la sua vita in riscatto per molti» (Mt 20,28); quest'ultimo termine non è restrittivo: oppone l'insieme dell'umanità all'unica persona del Redentore che si consegna per salvarla. La Chiesa, seguendo gli Apostoli, insegna che Cristo è morto per tutti senza eccezioni: «Non vi è, non vi è stato, non vi sarà alcun uomo per il quale Cristo non abbia sofferto».[1]

   

609
Accogliendo nel suo cuore umano l'amore del Padre per gli uomini, Gesù «li amò sino alla fine» (Gv 13,1) «perché nessuno ha un amore più grande di questo: dare la propria vita per i propri amici» (Gv 15,13). Così nella sofferenza e nella morte, la sua umanità è diventata lo strumento libero e perfetto del suo amore divino che vuole la salvezza degli uomini. Infatti, egli ha liberamente accettato la sua passione e la sua morte per amore del Padre suo e degli uomini che il Padre vuole salvare: «Nessuno mi toglie la vita, ma la offro da me stesso» (Gv 10,18). Di qui la sovrana libertà del Figlio di Dio quando va liberamente verso la morte.

   

733
«Dio è Amore» (1 Gv 4,8.16) e l'Amore è il primo dono, quello che contiene tutti gli altri. Questo amore, Dio l'ha «riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato» (Rm 5,5).

 

735
Egli dona allora la «caparra» o le «primizie» della nostra eredità; la vita stessa della Trinità Santa che consiste nell'amare come egli ci ha amati. Questo amore è il principio della vita nuova in Cristo, resa possibile dal fatto che abbiamo «forza dallo Spirito Santo» (At 1,8).

 

826
La carità è l'anima della santità alla quale tutti sono chiamati: essa «dirige tutti i mezzi di santificazione, dà loro forma e li conduce al loro fine»:[2]

Compresi che la Chiesa aveva un corpo, composto di varie membra, e non mancava il membro più nobile e più necessario. Compresi che la Chiesa aveva un cuore, un cuore ardente d'Amore. Capii che solo l'Amore spingeva all'azione le membra della Chiesa e che, spento questo Amore, gli Apostoli non avrebbero più annunziato il Vangelo, i Martiri non avrebbero più versato il loro sangue... Compresi che l'Amore abbracciava in sé tutte le vocazioni, che l'Amore era tutto che si estendeva a tutti i tempi e a tutti i luoghi, ... in una parola, che l'Amore è eterno! [3]

 

1022
Ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo, per cui o passerà attraverso una purificazione, o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo, oppure si dannerà immediatamente per sempre.
Alla sera della vita, saremo giudicati sull'amore.

 

1337
Il Signore, avendo amato i suoi, li amò sino alla fine. Sapendo che era giunta la sua Ora di passare da questo mondo al Padre, mentre cenavano, lavò loro i piedi e diede loro il comandamento dell'amore. Per lasciare loro un pegno di questo amore, per non allontanarsi mai dai suoi e renderli partecipi della sua Pasqua, istituì l'Eucaristia come memoriale della sua morte e della sua risurrezione, e comandò ai suoi apostoli di celebrarla fino al suo ritorno, costituendoli «in quel momento sacerdoti della Nuova Alleanza».[4]

 

1604
Dio, che ha creato l'uomo per amore, lo ha anche chiamato all'amore, vocazione fondamentale e innata di ogni essere umano. Infatti l'uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio che è Amore. Avendolo Dio creato uomo e donna, il loro reciproco amore diventa un'immagine dell'amore assoluto e indefettibile con cui Dio ama l'uomo. È cosa buona, molto buona, agli occhi del Creatore. E questo amore che Dio benedice è destinato ad essere fecondo e a realizzarsi nell'opera comune della custodia della creazione: «Dio li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela"» (Gn 1,28).

 

1611
Vedendo l'Alleanza di Dio con Israele sotto l'immagine di un amore coniugale esclusivo e fedele, i profeti hanno preparato la coscienza del Popolo eletto ad una intelligenza approfondita dell'unicità e dell'indissolubilità del matrimonio. I libri di Rut e di Tobia offrono testimonianze commoventi di un alto senso del matrimonio, della fedeltà e della tenerezza degli sposi. La Tradizione ha sempre visto nel Cantico dei Cantici un'espressione unica dell'amore umano, puro riflesso dell'amore di Dio, amore «forte come la morte» che «le grandi acque non possono spegnere» (Ct 8,6-7).

 

2391
Parecchi attualmente reclamano una specie di «diritto alla prova» quando c'è intenzione di sposarsi. Qualunque sia la fermezza del proposito di coloro che si impegnano in rapporti sessuali prematuri, tali rapporti «non consentono di assicurare, nella sua sincerità e fedeltà, la relazione interpersonale di un uomo e di una donna, e specialmente di proteggerla dalle fantasie e dai capricci».[5] L'unione carnale è moralmente legittima solo quando tra l'uomo e la donna si sia instaurata una comunità di vita definitiva. L'amore umano non ammette la «prova». Esige un dono totale e definitivo delle persone tra loro.

 

1823
Gesù fa della carità il comandamento nuovo. Amando i suoi «sino alla fine» (Gv 13,1), egli manifesta l'amore che riceve dal Padre. Amandosi gli uni gli altri, i discepoli imitano l'amore di Gesù, che essi ricevono a loro volta. Per questo Gesù dice: «Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore» (Gv 15,9). E ancora: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati» (Gv 15,12).

 

1826
«Se non avessi la carità, dice ancora l'Apostolo, non sono nulla...». E tutto ciò che e privilegio, servizio, perfino virtù... senza la carità, «niente mi giova» (1Cor 13,1-4). La carità è superiore a tutte le virtù. È la prima delle virtù teologali: «Queste le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità» (1Cor 13,13).

 

1878
Tutti gli uomini sono chiamati al medesimo fine, Dio stesso. Esiste una certa somiglianza tra l'unione delle Persone divine e la fraternità che gli uomini devono instaurare tra loro, nella verità e nella carità. L'amore del prossimo è inseparabile dall'amore per Dio.

 

 

 



[1] Concilio di Quierzy (853): DENZ.-SCHÖNM., 624.
[2] CONC. ECUM. VAT. II, Lumen gentium, 42.
[3] SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO, Manoscritti autobiografici, B 3v.
[4] Concilio di Trento: DENZ.-SCHÖNM., 1740.
[5] CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dich. Persona humana, 7.