Conoscere, dal Catechismo della Chiesa Cattolica


    

2467
L'uomo è naturalmente proteso alla verità. Ha il dovere di rispettarla e di attestarla: «A motivo della loro dignità tutti gli uomini, in quanto sono persone,... sono spinti dalla loro stessa natura e tenuti per obbligo morale a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la religione. E sono pure tenuti ad aderire alla verità conosciuta e ordinare tutta la loro vita secondo le esigenze della verità».[1]

  

356 
Di tutte le creature visibili, soltanto l'uomo è «capace di conoscere e di amare il proprio Creatore»; [2] «è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa»;[3] soltanto l'uomo è chiamato a condividere, nella conoscenza e nell'amore, la vita di Dio. A questo fine è stato creato ed è questa la ragione fondamentale della sua dignità.

    

2486 
La menzogna (essendo una violazione della virtù della veracità) è una autentica violenza fatta all'altro. Lo colpisce nella sua capacità di conoscere, che è la condizione di ogni giudizio e di ogni decisione. Contiene in germe la divisione degli spiriti e tutti i mali che questa genera. La menzogna è dannosa per ogni società; scalza la fiducia tra gli uomini e lacera il tessuto delle relazioni sociali.

   

2471
Davanti a Pilato Cristo proclama di essere «venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità» (Gv 18,37). Il cristiano non deve vergognarsi «della testimonianza da rendere al Signore» (2Tm 1,8). Nelle situazioni in cui si richiede che si testimoni la fede, il cristiano ha il dovere di professarla senza equivoci, come ha fatto san Paolo davanti ai suoi giudici. Il credente deve «conservare una coscienza irreprensibile davanti a Dio e davanti agli uomini» (At 24,16).

   

50
Per mezzo della ragione naturale, l'uomo può conoscere Dio con certezza a partire dalle sue opere. Ma esiste un altro ordine di conoscenza a cui l'uomo non può affatto arrivare con le sue proprie forze, quello della Rivelazione divina. Per una decisione del tutto libera, Dio si rivela e si dona all'uomo svelando il suo Mistero, il suo disegno di benevolenza prestabilito da tutta l'eternità in Cristo a favore di tutti gli uomini. Egli rivela pienamente il suo disegno inviando il suo Figlio prediletto, nostro Signore Gesù Cristo, e lo Spirito Santo.

   

2780
Possiamo invocare Dio come «Padre» perché ci è rivelato dal Figlio suo fatto uomo e perché il suo Spirito ce lo fa conoscere. Ciò che l'uomo non può concepire, né le potenze angeliche intravvedere, cioè la relazione personale del Figlio nei confronti del Padre, ecco che lo Spirito del Figlio lo comunica a noi, a noi che crediamo che Gesù è il Cristo e che siamo nati da Dio.

   

158
«La fede cerca di comprendere»:[4] è caratteristico della fede che il credente desideri conoscere meglio colui nel quale ha posto la sua fede, e comprendere meglio ciò che Egli ha rivelato; una conoscenza più penetrante richiederà a sua volta una fede più grande, sempre più ardente d'amore. La grazia della fede apre «gli occhi della mente» (Ef 1,18) per una intelligenza viva dei contenuti della Rivelazione, cioè dell'insieme del disegno di Dio e dei misteri della fede, dell'intima connessione che li lega tra loro e con Cristo, centro del Mistero rivelato. Ora, «affinché l'intelligenza della Rivelazione diventi sempre più profonda, lo stesso Spirito Santo perfeziona continuamente la fede per mezzo dei suoi doni». [5] Così, secondo il detto di sant'Agostino, «credo per comprendere e comprendo per meglio credere».[6]

   

 



[1] Concilio Vaticano II, Dignitatis humanae, 2.
[2] Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 12.
[3] Concilio Vaticano II, 24.
[4] Anselmo d’Aosta, Proslogion, proemio (PL 153, 225).
[5] Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 5.
[6] Agostino di Ippona, Sermones, 43, 7, 9 (PL 38, 258).