Apriamo la Sacra Scrittura: Conoscere

Libro della Sapienza (9,1-18)

 

Il testo, scritto in greco e datato nel II secolo a.C., riporta un’antica preghiera attribuita a Salomone, per richiedere a Dio il dono della Sapienza. La figura biblica della Sapienza giunge a personificarsi, fino ad indicare colei che, prendendo l’uomo per mano, lo conduce fino alla conoscenza di Dio. Cercare la Sapienza è cercare Dio, vivere secondo Sapienza è vivere secondo Dio. Il libro della Sapienza appartiene ad un gruppo di libri dell’Antico Testamento detti “sapienziali”, che comprendono anche il Qoèlet, il Libro dei Proverbi, il Libro di Giobbe e il Siracide. Una delle idee centrali della “rivelazione sapienziale” è che la Parola di Dio si può comprendere anche prestando ascolto alle cose, mediante il raccoglimento e la riflessione. A differenza del profeta, che viene investito da una Parola che egli deve annunciare in nome di Dio agli uomini, al sapiente viene chiesto l’impegno della meditazione e della ricerca, per trovare ciò che Dio vuol dire agli uomini. La parola sapienziale conosce una dinamica di libertà e di conversione: di fronte alla rivelazione di Dio nelle sue opere e nella coscienza di colui che riflette, l’uomo può aprirsi al dono di senso offertogli dal Creatore oppure chiudersi e indurire il proprio cuore, non prestando ascolto alla voce di Dio.

 

Dio dei padri e Signore di misericordia,
che tutto hai creato con la tua parola,
che con la tua sapienza hai formato l'uomo,
perché domini sulle creature fatte da te,
e governi il mondo con santità e giustizia
e pronunzi giudizi con animo retto,
dammi la sapienza, che siede in trono accanto a te
e non mi escludere dal numero dei tuoi figli,
perché io sono tuo servo e figlio della tua ancella,
uomo debole e di vita breve,
incapace di comprendere la giustizia e le leggi.
Se anche uno fosse il più perfetto tra gli uomini,
mancandogli la tua sapienza, sarebbe stimato un nulla.

Tu mi hai prescelto come re del tuo popolo
e giudice dei tuoi figli e delle tue figlie;
mi hai detto di costruirti un tempio sul tuo santo monte,
un altare nella città della tua dimora,
immagine della tenda santa
che ti eri preparata fin da principio.

Con te è la sapienza che conosce le tue opere,
che era presente quando creavi il mondo;
essa conosce che cosa è gradito ai tuoi occhi
e ciò che è conforme ai tuoi decreti.
Inviala dai cieli santi, mandala dal tuo trono glorioso,
perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica
e io sappia ciò che ti è gradito.
Essa infatti tutto conosce e tutto comprende,
e mi guiderà prudentemente nelle mie azioni
e mi proteggerà con la sua gloria.

Così le mie opere ti saranno gradite;
io giudicherò con giustizia il tuo popolo
e sarò degno del trono di mio padre
Quale uomo può conoscere il volere di Dio?
Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?

I ragionamenti dei mortali sono timidi
e incerte le nostre riflessioni,
perché un corpo corruttibile appesantisce l'anima
e la tenda d'argilla grava la mente dai molti pensieri.
A stento ci raffiguriamo le cose terrestri,
scopriamo con fatica quelle a portata di mano;
ma chi può rintracciare le cose del cielo?

Chi ha conosciuto il tuo pensiero,
se tu non gli hai concesso la sapienza
e non gli hai inviato il tuo santo spirito dall'alto?
Così furono raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra;
gli uomini furono ammaestrati in ciò che ti è gradito;
essi furono salvati per mezzo della sapienza.

 


 

Libro dei Proverbi (8, 1-13.19-21)

 

In questo testo tratto dal Libro dei Proverbi, scritto in lingua ebraica fra il VII e l’VIII secolo a.C., la Sapienza esorta gli uomini, in particolare i governanti ad ascoltarla. L’uomo deve fare di tutto per ottenerla, poiché essa vale più dell’oro fino e dell’argento più pregiato. Non sono il potere, la forza fisica, il profitto o l’affermazione di sé ciò a cui gli uomini devono aspirare. Essi devono invece cercare la vera conoscenza e la pratica delle virtù che dalla Sapienza discendono.

 

La sapienza forse non chiama
e l'intelligenza non fa udire la sua voce?
In cima alle alture, lungo la via,
nei crocicchi delle strade si apposta,
presso le porte, all'ingresso della città,
sulle soglie degli usci essa grida:

A voi, uomini, io mi rivolgo,
ai figli dell'uomo è diretta la mia voce.
Imparate, inesperti, la prudenza
e voi, stolti, fatevi assennati.
Ascoltate, perché dirò cose rilevanti,
dalle mie labbra usciranno sentenze giuste,
perché la mia bocca proclama la verità
e l'empietà è orrore per le mie labbra.

Tutte le parole della mia bocca sono giuste,
niente in esse è tortuoso o perverso;
sono tutte chiare per chi le comprende
e rette per chi possiede la scienza.
Accettate la mia istruzione e non l'argento,
la scienza anziché l'oro fino,
perché la sapienza vale più delle perle
e quanto si può desiderare non l'eguaglia.

Io, la sapienza, abito con la prudenza
e possiedo scienza e riflessione.
Temere il Signore è odiare il male:
io detesto la superbia e l'arroganza,
la cattiva condotta e la bocca perversa.

[…]

Il mio frutto è migliore dell'oro più fino,
il mio prodotto è migliore dell'argento pregiato.
Sulla via della giustizia io cammino
e per i sentieri dell'equità,
per dotare di beni quanti mi amano
e riempire i loro tesori.

 


 

Vangelo di Giovanni (14,1-11)

 

La pagina, tratta dal vangelo secondo Giovanni, presenta un dialogo fra Gesù di Nazaret e i suoi discepoli più stretti, da collocare nell’imminenza della sua passione e morte, forse immediatamente dopo la cena pasquale durante la quale istituì il sacramento dell’Eucaristia. In questo dialogo, come in altre pagine di questo vangelo, Gesù si rivela come Figlio inviato dal Padre e uguale al Padre, dunque come Dio, pur avendo i suoi contemporanei l’esperienza di conoscerlo come uomo. La proclamazione della propria figliolanza divina sarà ciò che condurrà Gesù al processo del Sinedrio, dove verrà accusato di blasfemia, origine della successiva condanna a morte ottenuta dal potere romano. In questo testo, gli apostoli sembrano correre il rischio di non aver ancora conosciuto chi sia davvero Gesù. Egli si auto-dichiara qui come la via da conoscere per andare al Padre. Anzi, la conoscenza di lui è essa stessa conoscenza di Dio Padre.

 

«Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.

 


 

Prima lettera ai Corinzi (13,9-12)

 

Nella sua prima lettera inviata alla comunità cristiana di Corinto nel Peloponneso, scritta attorno all'anno 54, Paolo di Tarso espone quale conoscenza è instaurata dall'amore, nella vita con Dio. Al termine della pagina nota come "Inno alla carità", Paolo afferma che il modo imperfetto di conoscere scomparirà e lascerà spazio ad un modo perfetto di capire ogni cosa, passando dall'ombra alla luce, fino a vedere Dio "faccia a faccia" e così "poter conoscere come siamo conosciuti".

 

Conosciamo in parte e profetizziamo in parte.
Ma quando sarà venuta la perfezione, allora quello che è solo parziale sarà abolito.
Quand'ero bambino, parlavo come un bambino, avevo il senno di un bambino, ragionavo come un bambino; quando sono diventato uomo, ho smesso le cose da bambino.
Ora infatti vediamo come per mezzo di uno specchio, in modo oscuro, ma allora vedremo a faccia a faccia; ora conosco in parte, ma allora conoscerò proprio come sono stato conosciuto.

 

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