Salmo (8, 2-10)
Fra i Salmi più noti di tutto il Salterio, il Salmo 8 descrive lo sguardo stupito dell’essere umano di fronte alle opere del Creatore, ma anche di fronte a sé stesso, creato a immagine di Dio. L’Autore si dirige a Dio con familiarità – “opere delle tue dita, opere delle tue mani” (vv. 4 e 7) – e sembra ripercorrere la prima pagina della Genesi, nella quale la creazione dell’uomo e della donna veniva presentata come apice della creazione (cf. Gen 1,26-28). Ad essere fonte di stupore, per il salmista, è proprio l’essere umano. Più del cielo, della luna e delle stelle, è lui l’opera del Creatore che massimamente desta meraviglia. Il potere che l’uomo esercita sulla natura non è despotico, ma segno di regalità, potere che amministra e custodisce. Anche oggi la natura, con la sua bellezza e il suo richiamo estetico, resta per tutti una fonte di stupore. È tuttavia il volto della persona umana che deve sorprendere più di ogni altra cosa, la sua coscienza e la sua libertà, il suo animo e la sua dignità. Una dignità che rende ogni persona umana meritevole di protezione e di cura. Non dimenticarlo è condizione per instaurare una società davvero umana.
O Signore, Signore nostro,
quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
Voglio innalzare sopra i cieli la tua magnificenza,con la bocca di bambini e di lattanti:
hai posto una difesa contro i tuoi avversari,
per ridurre al silenzio nemici e ribelli.Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell'uomo, perché te ne curi?Davvero l'hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi:tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari.O Signore, Signore nostro,
quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
Vangelo di Luca (1,26-38)
Dei quattro vangeli trasmessi dalla tradizione apostolica, solo uno, quello di Luca, ci parla di questo misterioso incontro. A Maria, giovane donna di Nazaret, viene inaspettatamente annunciato che concepirà un figlio senza conoscere uomo, e che questo figlio è il Messia atteso da Israele, il figlio di Dio. Il vangelo di Matteo è però al corrente del concepimento verginale (cf. Mt 1,18-25), quello di Giovanni presenta in molti luoghi Maria come madre di Gesù (cf. Gv 2,1-5; 19,25) e anche Marco conosce il suo nome (cf. Mc 6,3, 3,31). La narrazione dell’incontro mostra Maria tutta pervasa da stupore. È stupita dall’interlocutore che ha di fronte, lo è per ciò che le viene annunciato; è profondamente sorpresa di essere stata lei la prescelta dalla Provvidenza. Ella stessa diviene fonte di stupore, perché qualificata dall’angelo kecharitoméne, letteralmente “bellissima”, perché “tutta aggraziata”, “piena di grazia”. Le Parole con cui Maria partecipa al dialogo sono sobrie, essenziali. Tutto richiama ad un realismo che mantiene agganci con la storia, con luoghi precisi, con altre persone reali: non siamo di fronte ad una descrizione mitologica, ma a qualcosa di assai diverso. Lo stupore sul volto di questa giovane donna è stato immortalato dalle più famose Annunciazioni che l’arte cristiana ci ha consegnato, dal beato Angelico a Luca della Robbia, da Simone Martini ad Antonello da Messina.
Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: "Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te".
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine".
Allora Maria disse all'angelo: "Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?". Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra.Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio".Allora Maria disse: "Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola". E l'angelo si allontanò da lei.
Vangelo di Matteo (8, 23-27)
Nei quattro vangeli, Gesù è autore di una quarantina di miracoli. Le reazioni dei presenti sono quasi sempre descritte nel medesimo modo: si stupirono, restarono stupiti, furono pieni di stupore, ecc. (cf. Mt 9,33; 15,31; Mc 7,37; Lc 5,9). Il termine miracolo, dal verbo latino miror, mirari “mi meraviglio, guardo meravigliato”, indica, appunto, la reazione di meraviglia dello spettatore, che osserva stupito. Si trattava di opere, soprattutto guarigioni ma anche, come in questo caso, di miracoli sulla natura, che Gesù di Nazaret compiva in modo diretto, controllato, mosso dalle necessità di chi gli stava attorno, quasi senza dare spettacolo. È un uomo al quale le acque del lago di Genezaret e il vento obbediscono. Gli obbediscono gli elementi della natura, la fisiologia di corpi malati che vengono curati, cadaveri di uomini e donne deceduti ai quali viene restituita la vita (cf. Mc 5,42; Lc 7,14; Gv 11,44). Sono queste le opere che lungo i secoli hanno suscitato la domanda che ancora oggi suscita stupore: chi era, davvero, quest’uomo?
Salito sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco, avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la barca era coperta dalle onde; ma egli dormiva. Allora si accostarono a lui e lo svegliarono, dicendo: "Salvaci, Signore, siamo perduti!". Ed egli disse loro: "Perché avete paura, gente di poca fede?". Poi si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia. Tutti, pieni di stupore, dicevano: "Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli gli obbediscono?".
Vangelo di Luca (24, 36-49)
La sera del primo giorno dopo il sabato – oggi diremmo la domenica – il crocifisso, morto e sepolto al tramonto del venerdì, appare vivo ai suoi discepoli. Questa scena, narrata dall’evangelista Luca, conosce un parallelo nel vangelo di Giovanni. Lo stupore nel vedere risuscitato e vivo colui che era morto ed era stato posto nel sepolcro è comprensibile. Stupore mescolato adesso con la paura, perché essi sono di fronte a qualcosa che, per la sua assoluta novità, sconvolge. Lentamente, ci informa il testo, il timore si volge in gioia. Gesù di Nazaret chiede da mangiare e mangia di fronte ai suoi discepoli. Dichiara di non essere un fantasma. Mostra le ferite e le piaghe sul suo corpo. Spiega il senso profondo degli avvenimenti: “il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati”. La risurrezione di Gesù stupisce perché inaspettata, difficile da accettare senza un “supplemento di realismo”: mangiare, toccare… Restarne stupiti ci caratterizza come esseri umani, che ben conoscono cosa sia la morte e come da essa non si torni indietro. Chi è, ancora, quest’uomo che compare vivo dopo la morte ai suoi discepoli? I credenti trovano qui il fondamento della loro fede: nello stupore dei discepoli e nel realismo di quelle piaghe.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: "Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho". Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: "Avete qui qualche cosa da mangiare?". Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: "Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi". Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: "Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto".
Atti degli Apostoli (3, 1-10)
Gli Atti degli Apostoli, redatti dallo stesso autore del terzo vangelo, il medico Luca, narrano le gesta degli apostoli di Gesù di Nazaret quando, dopo la risurrezione e l’ascensione del loro Maestro, cominciano a predicare ciò che avevano ascoltato e ricevuto come mandato. Sono i discepoli di Gesù di Nazaret che, in suo nome, compiono adesso miracoli. Uno storpio fin dalla nascita viene risanato in modo immediato, accanto alla porta del Tempio di Gerusalemme detta “Bella”. Collocata sul lato orientale della spianata del Tempio, era probabilmente la più antica, oggi murata, e la incontrava chi si dirigeva al Tempio venendo dal Monte degli Ulivi. I presenti al miracolo sono ricolmi di stupore e di meraviglia. Come la quasi totalità dei miracoli di Gesù, anche i miracoli realizzati dai suoi discepoli sono guarigioni. Non siamo di fronte ad “effetti speciali”, ma ad azioni mosse dal desiderio di alleviare le sofferenze, guarire, salvare.
Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera delle tre del pomeriggio. Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita; lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta Bella, per chiedere l'elemosina a coloro che entravano nel tempio. Costui, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, li pregava per avere un'elemosina. Allora, fissando lo sguardo su di lui, Pietro insieme a Giovanni disse: "Guarda verso di noi". Ed egli si volse a guardarli, sperando di ricevere da loro qualche cosa. Pietro gli disse: "Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!". Lo prese per la mano destra e lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e, balzato in piedi, si mise a camminare; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio. Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio e riconoscevano che era colui che sedeva a chiedere l'elemosina alla porta Bella del tempio, e furono ricolmi di meraviglia e stupore per quello che gli era accaduto.
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