Dorothy Day: una vita a fianco dei lavoratori

È il 1 maggio 1933, festa del lavoro. Siamo in Union Square, a New York. La piazza è piena di gente, lavoratori che manifestano per i propri diritti. Molte battaglie devono ancora essere vinte; le condizioni dei lavoratori e soprattutto delle lavoratrici sono critiche. Ma c’è una donna nella piazza che distribuisce un nuovo giornale… conosciamola meglio.

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Dorothy Day in un'occasione pubblica nel 1952

Dorothy Day nasce a New York nel 1897. La famiglia segue il padre di Dorothy, giornalista, nei suoi frequenti spostamenti fino a quando, nel 1914 Dorothy vince una borsa di studio presso l’Università dell’Illinois. Vi rimarrà per due anni, senza portare a termine gli studi ma entrando in contatto con ambienti radicali e socialisti. Nello stesso periodo si allontana dalla fede cristiana che aveva conosciuto in famiglia e nella Chiesa episcopaliana. Tornata a New York, inizia a lavorare come giornalista per “The Call”, quotidiano socialista, e intraprende una intensa attività politica che la porta anche all’arresto nel 1917, all’età di 20 anni, a motivo della sua partecipazione a manifestazioni che rivendicavano il diritto di voto anche alle donne, allora negato. È durante la permanenza in carcere che riscopre la Bibbia, e in particolare i Salmi. Uscita di prigione, è infermiera durante la Prima guerra mondiale. Al termine del conflitto bellico, torna alla sua attività di giornalista e scrittrice, sempre in difesa delle lotte dei lavoratori. Vivace e tormentata, vicina agli ambienti comunisti americani, Dorothy vive anni complessi, ma dentro di lei si fa strada un rinnovato senso religioso, nutrito dall’amore per gli ultimi, gli umili, i diseredati. Gli incontri con i rari cattolici americani presenti nel suo ambiente, successivamente raccontati nel volume autobiografico Ho trovato Dio attraverso i suoi poveri (Libreria Editrice Vaticana 2023), la colpiscono profondamente la conducono a una riscoperta, via via più intensa, della fede in Gesù di Nazaret. Impegno sociale, politico e religioso si armonizzano gradualmente nel suo percorso di vita, non lineare ma segnato da svolte significative. Scriverà ad anni di distanza, rivolgendosi al fratello, lavoratore radicale lontano dalla fede:

Spesso c’è un elemento mistico nell’amore di un lavoratore radicale verso il fratello, verso il compagno di lavoro. Si allarga alla scena delle sue sofferenze e ne vengono santificati quei luoghi in cui ha sofferto ed è morto. […] Tu conosci questa sensazione come ogni altro radicale del Paese. Forse per ignoranza non riconosci il nome di Cristo, eppure cerchi di amare Cristo nei suoi poveri, nei suoi perseguitati. 

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Dorothy Day
(1897-1980)
Ogni volta che gli uomini hanno dato la vita per i loro compagni, in una certa misura lo stavano facendo per Lui. Lo credo ancora fermamente, anche se tu e gli altri potreste non rendervene conto (p. 34).

Nel 1924 si stabilisce a Staten Island e si lega sentimentalmente all’anarchico Forster Batterham, da cui ha una figlia, Tamar Teresa (1927). Ma la sua fede, non incline a soluzioni di compromesso, finisce per segnare la rottura con il compagno. Dorothy racconta la sua vita sulla casa affacciata sulla spiaggia, insieme a persone di diversa provenienza, con accenti poetici in cui la bellezza della natura, la semplicità della vita e la gratitudine per la scoperta di Dio nella sua vita si fondono in maniera appassionata:

Giù sulla spiaggia i belgi [suoi vicini] stavano lavorando, caricando pietre su un carretto che sembrava un barroccio, trainato da un ossuto cavallo bianco. Si sono chinati come in preghiera, stagliati contro il cielo luminoso e, mentre guardavo, la campana della cappella di S. Giuseppe ha suonato l’Angelus. Mi sono ritrovata a pregare, a pregare in atto di ringraziamento, a pregare con gli occhi aperti, mentre guardavo loro che lavoravano sulla spiaggia, contemplavo il tramonto e ascoltavo lo sciabordio delle onde e le grida acute dei gabbiani candidi (p. 159).

Dorothy sceglie di far battezzare la figlia e lei stessa si battezza abbracciando la fede cattolica. Gli ideali di giustizia, equità e libertà che animano il suo impegno politico la pongono in rotta di collisione con il cristianesimo borghese che, a suo modo di vedere, non coglie fino in fondo la portata del messaggio di Cristo. Scrive Dorothy:

La mia critica ai cristiani del passato, e vale ancora per troppi di loro, è che in realtà negano Dio e lo respingono. “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). Lo ha detto Cristo, e oggi ci sono cristiani che oltraggiano Cristo nel nero, nel povero messicano, nell’italiano, sì, e nell’ebreo (p. 196).

Nel 1933, insieme all’attivista francese Peter Maurin, fonda il giornale “The Catholic Worker”, distribuito per la prima volta durante la manifestazione del 1 maggio presso la Union Square di New York. Il mensile affronta le questioni legate alle condizioni di vita dei lavoratori poveri e sfruttati dal punto di vista della Dottrina sociale della Chiesa. “Con l'aumento della distribuzione del giornale negli anni successivi, Day e altri ‘lavoratori cattolici’cercarono di vivere gli ideali di cui scrivevano, fondando ‘case di ospitalità’ per i poveri e ‘comuni agricole’ per i disoccupati. Era nato un movimento” (https://catholicworker.org/about-the-catholic-worker-movement/history-of-the-catholic-worker-movement/).

descrizione della foto
Unione Square, New York, 1 maggio 1933.

Centrale nella spiritualità di Dorothy Day è proprio il lavoro:

Ma Cristo stesso era un lavoratore. San Giuseppe, suo padre adottivo, era un lavoratore. Un uomo che lavora con le mani e con la testa è una persona integrale. È un co-creatore, prende le materie prime fornite da Dio e crea cibo, vestiti, riparo e ogni sorta di cose belle (p. 198).

Negli anni le comunità del Catholic Worker Movement sono cresciute e oggi ne esistono 187 in diverse nazioni, dalla Germania all’Australia. Il loro ideale trova espressione nel “vivere in accordo con la giustizia e la carità di Gesù Cristo”.

Dorothy ha continuato fino alla fine della sua vita, avvenuta a Manhattan il 29 novembre 1980, nel suo impegno a fianco dei lavoratori e degli ultimi della terra. Dopo la sua morte è iniziato il

processo di beatificazione e canonizzazione, tuttora in corso, del quale Giovanni Paolo II concluse la prima tappa nell’anno 2000, con il riconoscimento di Dorothy Day come “serva di Dio”.Come scrive papa Francesco nella prefazione al volume già citato, “La vita di Dorothy Day è una delle possibili conferme di quanto papa Benedetto XVI ha sostenuto e che io stesso ho ricordato: ‘La Chiesa cresce per attrazione, non per proselitismo’. Il modo in cui Dorothy Day racconta il suo pervenire alla fede cristiana attesta il fatto che non sono gli stratagemmi umani ad avvicinare le

 persone a Dio, bensì la grazia che scaturisce dalla carità, la bellezza che sgorga dalla testimonianza, l’amore che si fa fatti concreti” (p. 9).

 

Per ulteriori informazioni su Dorothy Day, visita il sito The Catholic Worker Movement