Annibale Carracci, Ercole al bivio (1596)

     

Annibale Carracci (Bologna 1560 - Roma 1609)

Ercole al bivio
1596
Olio su tela, 168x238 cm
Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte

     

La tela decorava il soffitto del Camerino del Cardinal Odoardo Farnese, all’interno del palazzo romano della famiglia dove il pittore bolognese affrescherà la celebre Galleria al piano nobile (1598-1601).    

Ercole, con la sua clava, è rappresentato al centro affiancato dalle personificazioni femminili del Vizio e della Virtù: l’una, a destra, indica gli attributi tipici del teatro, della musica e del gioco (due maschere teatrali, uno spartito, un tamburello, un violino e delle carte da gioco); l’altra, sulla sinistra, addita il monte Parnaso, in cima al quale si scorge il mitico cavallo alato Pegaso.  La tela ha un esplicito significato allegorico e, essendo collocata al centro della volta, riassume il complesso simbolismo dell’intera decorazione del Camerino: Ercole adolescente è chiamato a scegliere tra il Piacere terreno o il ripido sentiero che porta alla Conoscenza.

Annibale Carracci adotta un linguaggio classicista esemplato sulla lezione di Raffaello e sui modelli scultorei antichi, come, per esempio, la celebre statua dell’Ercole di proprietà dei Farnese ripresa nella figura centrale dell’eroe. 

     

Virtù e Voluttà, impegno e capriccio, forse dovere e piacere, impersonate dalle due donne ai lati della tela, indicano al giovane Ercole due scelte di vita alternative, raffigurate da Annibale Carracci rispettivamente come un tortuoso percorso di montagna, in salita, e un dolce sentiero pianeggiante, ornato di fiori. 

Davanti a una simile scelta tra impegno e piacere, abnegazione e divertimento, Ercole rimane seduto al centro, con lo sguardo pensieroso e intenso di chi sta valutando con attenzione le diverse opzioni che gli vengono offerte. Da un lato la figura austera della Virtù che indica un cammino aspro e faticoso ma che conduce a una meta alta; dall’altro, le vesti trasparenti della Voluttà, ai cui piedi riconosciamo strumenti musicali, spartiti e maschere teatrali, emblemi di un piacere leggero e seducente. Tutte le volte che l’essere umano si trova davanti a decisioni di questo tipo, si percepisce come un essere dotato di libertà. Il dilemma – che, riflettendo sull’etimologia, propone al nostro ragionamento e alla nostra scelta “due premesse”, cioè due possibilità già determinate –talvolta ci costringe a fermarci, a sostare come l’eroe che, deposta la clava con cui solitamente percuote i suoi nemici, ora non può più contare sulla sua proverbiale forza.
Le nostre abilità, le nostre capacità non sempre ci sono d’aiuto nel momento della scelta; bisogna allora fermarsi a riflettere, immaginare diversi scenari possibili, cercare di prevedere le conseguenze delle proprie azioni e ascoltare una voce più profonda, quella della propria interiorità, forse della propria coscienza.
Eppure in quello sguardo, penetrante e assorto, che occupa il centro del quadro, c’è un bagliore di vita e d’intelligenza irriducibile all’alternativa, fin troppo schematica, tra impegno e piacere. Ercole esita e in quell’esitazione c’è l’attimo di sospensione – «l’attimo della scelta», come scrive Søren Kierkegaard in Aut-aut (1843) – che rivela la vera libertà, la quale non si accontenta di scegliere tra due strade già segnate ma ambisce a tracciare nuovi percorsi, ad aprire sentieri dove nessuno li ha ancora immaginati.
Ercole sembra guardare oltre, forse intravedere, o comunque desiderare, una via d’uscita, trovata e non imposta, creata e non subita. La libertà, nel suo senso pieno, non è selezionare una tra più opzioni ma autodeterminarsi verso un fine. In questo modo, qualunque sia la scelta di Ercole il suo percorso non sarà la mera esecuzione di un compito dato, o la realizzazione di un progetto delineato da altri. Sarà il passo stesso, veloce o lento, energico o cauto, a segnare la strada, che diventerà proprio la sua strada.
Questo aspetto di creatività è insito in una concezione della libertà ricca e profonda, una libertà che non cerca semplicemente di indovinare la strada giusta ma, dopo aver soppesato, valutato e fatto discernimento, intraprende un percorso non garantito in partenza ma proprio per questo veramente autonomo e maturo. Solo allora il giovane Ercole si alzerà dal masso dove è seduto e, impugnata laclava, dirigerà i suoi passi verso la piena realizzazione di sé.