Matematico, fisico, ingegnere elettrotecnico, il sacerdote ortodosso Pavel Florenskij (1882-1937) fornì importanti contributi anche al pensiero filosofico e teologico, occupandosi allo stesso tempo di teoria dell’arte, filosofia del linguaggio, teoria del simbolo. Tanti saperi diversi ma connessi in una visione profonda e unitaria della realtà: «Che cosa ho fatto per tutta la vita? Ho contemplato il mondo come un insieme, come un quadro e una realtà compatta, ma ad ogni tappa della mia vita da un determinato punto di vista […]. Le sue angolature mutano, l’una arricchendo l’altra […]» [1].
Florenskij vive le vicende drammatiche della rivoluzione bolscevica (1917) e subisce la persecuzione riservata ai religiosi dal regime sovietico, senza mai abbandonare le sue convinzioni e la sua fede. Secondo la cultura di regime, è un prete e quindi sospetto e pericoloso: troppo inusuale il suo abito religioso nei convegni scientifici a cui partecipava in qualità di brillante studioso. Al tempo del suo primo arresto, nel 1928, viene definito «una minaccia per il potere sovietico». A pochi anni di distanza, viene nuovamente arrestato (1933) e confinato nel gulag delle isole Solovki fino al 1937, anno in cui viene condannato a morte in quanto considerato «un controrivoluzionario», un nemico del popolo.
Ma chi lo conosce ha un altro parere. Il teologo Sergej Bulgakov lo definisce il «Leonardo da Vinci della Russia». Secondo L.K. Mertens, direttore dell’Enciclopedia tecnica, le sue ricerche scientifiche sono un’importante risorsa per lo stesso regime, che non a caso gli impone di continuare a studiare e condurre esperimenti anche durante la sua reclusione. Anche nelle circostanze più drammatiche, durante la prigionia nei gulag staliniani, continua a condurre ricerche offrendo importanti contributi allo sviluppo scientifico del suo tempo.
La scelta di Florenskij di rimanere fedele alla verità, anche a costo della vita, è una testimonianza di unità del sapere e di unità della persona: per conoscere ci vuole coraggio e chi ama la verità la segue fino alla fine. Sacerdote ortodosso, ma anche marito e padre di cinque figli, in una delle lettere inviate dal gulag scrive alla moglie: «Colgo l’occasione per dire a te e ai bambini che tutte le idee scientifiche che mi stanno a cuore scaturiscono dal mio sentimento per il mistero. Tutto ciò che esula da tale sentimento non trova dimora nel mio pensiero, al contrario tutto ciò che da esso scaturisce resta vivo in me e prima o poi diventa oggetto di uno sforzo scientifico» (24 marzo 1937). La ragione non esclude il mistero. Anzi, è proprio dal mistero che proviene il desiderio di conoscere.
Ma il mistero di cui parla Florenskij non è qualcosa di oscuro, enigmatico e angosciante: esso ha un volto, ha un nome, soprattutto ha uno sguardo benevolo sulla nostra vita. Nel testamento che inizia a redigere all’indomani della rivoluzione russa (1917) padre Pavel lascia scritto ai suoi cari: «Osservate più spesso le stelle. Quando avrete un peso nell'animo, guardate le stelle o l'azzurro del cielo. Quando vi sentirete tristi, quando vi offenderanno, intrattenetevi col cielo. Allora la vostra anima troverà la quiete» [2]. Quello stesso cielo che Florenskij, come scienziato e come cristiano, desiderò per tutta la vita conoscere.
Per approfondire…
Leggi la biografia di Pavel AleksandrovicFlorenskij
[1] Pavel A. Florenskij, Non dimenticatemi. Le lettere dal gulag del grande matematico, filosofo e sacerdote russo, Mondadori, Milano 2013 p. 385.
[2] P. Florenskij, Non dimenticatemi, cit., p. 418.