Sessualità e persona

Leda Galli
Docente di biologia nei licei e saggista
2008

I. «II corpo, se lo guardi solo, è muto; ma se lo guardi e lo interroghi, è eloquente»

Questo profondo pensiero, quasi una massima di saggezza popolare, esprime bene il criterio metodologico con cui intendiamo portare avanti una riflessione su che cos' è l'essere umano. Partire cioè dal dato biologico – come già specificato nell'Introduzione – per approdare, attraverso il filo rigoroso della logica, al piano dell'etica. Perché l'etica (cioè i principi del comportamento che più si addice alla natura dell' essere umano in quanto persona), in qualche modo è già iscritta nel corpo stesso: basta volerIa leggere.

Che cos'è dunque l'essere umano? È stato definito, con espressione sintetica, "corpo spiritualizzato" o "spirito corporeizzato"; come unità di corpo e di spirito. In realtà, a voler essere precisi, le sue dimensioni sono tre: corpo, psiche e spirito; laddove la psiche, quasi un trait d'union fra le altre due, è una dimensione più direttamente legata al corpo, secondo la logica stimolo-risposta; mentre lo spirito, che pure presuppone le precedenti, si muove nel regno della libertà (si veda il paragrafo successivo). Comunque le tre dimensioni sono sempre talmente intrecciate fra loro, che l'uomo, pur nella sua straordinaria complessità, si esprime, proprio attraverso di esse, come un “essere unitario”. Dimostriamolo. Esemplificando al massimo, per chiarezza, possiamo allora immaginare l'essere umano come composto di sfere concentriche; tenendo però sempre ben presente, come già detto, che nessuna di queste agisce mai separatamente e che la loro compenetrazione è profonda [1].

Cominciando dalla periferia, troviamo la corporeità, dimensione direttamente a contatto con l’ambiente esterno da cui riceve gli input, con cui interagisce e che arriva a conoscere attraverso i sensi esterni – vista, udito, olfatto, gusto e tatto – che sono appunto le "porte" sulla realtà circostante. In questa stessa dimensione si radicano gli istinti, che si esprimono poi nella sfera psichica; essi sono finalizzati alla soddisfazione dei bisogni fisici primordiali –nutrirsi, dissetarsi, riposare, riprodursi – tanto che in loro assenza gli individui e la specie non potrebbero sopravvivere. È facile constatare come alla soddisfazione dei bisogni –cosa che in qualche misura comporta sempre un certo lavoro – si accompagni quella sorta di gratificazione che è il piacere corporeo, utile come incentivo per lo svolgimento delle corrispondenti funzioni.

Fin qua, il discorso potrebbe sembrare identico per l'uomo e per gli animali, E invece, già qui tra noi e loro si apre un abisso. Perché negli animali gli istinti hanno una autoregolazione: soddisfatto il bisogno, l'istinto si spegne. Infatti l'animale mangia solo se ha fame, beve solo se ha sete, va in calore solo per determinati periodi all'anno, quanto basta per assicurare il proseguimento della specie, rimanendo invece, al di fuori di questi, assolutamente tranquillo.

Per l'uomo non è così. Egli infatti è capace, pur una volta soddisfatta la fame, di continuare a mangiare – vuoi per festeggiare una qualche ricorrenza o semplicemente per il piacere stesso del gusto – e analogamente per quanto riguarda il bere. Sul piano sessuale, poi, l'essere umano fisiologicamente e psicologicamente è disponibile sempre, tutto l'anno, molto al di là, quindi, di quanto sarebbe necessario per il mantenimento della specie. È come dire che nell'uomo c'è sempre la possibilità di "andare oltre". E allora è necessario che nell'essere umano intervengano, come vedremo, facoltà superiori a regolare gli istinti, affinché il loro esercizio risulti ordinato.

La sfera confinante con la corporeità è quella della psiche, caratterizzata dai sentimenti, dalle passioni, dagli affetti, dalle emozioni, che costituiscono nel loro insieme la dimensione dell'affettività. Questa, sia pur presente in qualche misura anche negli animali superiori, solo nell'essere umano raggiunge una pienezza tale da renderla una dimensione estremamente ricca e coinvolgente. A un livello più profondo, nella psiche, si collocano i cosiddetti sensi interni, che fanno da ponte fra quelli esterni e la razionalità con cui interagiscono: e cioè la fantasia, che proietta le percezioni sensoriali nell'immaginario, nel non vissuto, e la memoria, che conserva e ripresenta le percezioni del passato, dando continuità all' esperienza interiore. Infine c’è il nucleo più profondo, il più caratterizzante la specie umana e suo esclusivo: quello dell’intelligenza e della volontà; cioè, la dimensione della razionalità, di natura spirituale. 

L’intelligenza, dal latino intus legere, leggere dentro, è la facoltà che serve a conoscere, a capire la verità delle cose e distinguerla dall’errore. Dall’esercizio di tale funzione deriva una ricompensa che non si colloca certamente nel piano biologico/corporeo, e che possiamo definire soddisfazione intellettuale. La volontà è poi quella facoltà operativa che consente di mettere in pratica ciò che l’intelligenza ha colto come vero e quindi giusto. Si può dunque dire che, se l’intelligenza tende alla verità, la volontà, attuandola, tende a realizzare un bene; poiché solo dalla verità può concretamente scaturire un bene; mai da una falsità. Il premio che qui ne deriva è – in un crescendo che dipende dalle dimensioni del bene stesso – la serenità, la pace, la felicità, la gioia. Si capisce facilmente che soddisfazione intellettuale e gioia non appartengono alla sfera della corporeità, anche se attraverso di essa si esprimono rivelando l'intrinseca unità dell'essere umano; bensì a quella dello spirito. Si può essere infatti intensamente felici pur soffrendo dei dolori fisici o viceversa, si può stare in perfetta salute ma essere talmente infelici da desiderare di morire...

A questo punto possiamo finalmente comprendere come mai nell'uomo gli istinti non abbiano un'autoregolazione, propria invece degli animali. Perché l'uomo, e solo lui, ha l'intelligenza per capire se, quando e in che misura soddisfare le proprie pulsioni, e la volontà per agire di conseguenza, realizzando il bene proprio e altrui. Pertanto l'uomo, se vuole essere tale, deve saper regolare da sé, con l'intelligenza e la volontà, gli istinti – che altrimenti, sfuggendo al controllo razionale, potrebbero portarlo fino all'autodistruzione – e non solo, ma anche le passioni, i desideri, le emozioni, la memoria, la fantasia ... in una parola tutte le altre sue facoltà; e non, viceversa, esserne dominato e quindi schiavizzato. Solo così egli si realizzerà in pienezza nella sua intrinseca unità come essere libero, perché veramente padrone di sé in tutte le sue dimensioni. Da questo ordine interiore gli deriveranno quella autonomia e quella armonia di tutto il suo essere "corpo spiritualizzato" o "spirito corporeizzato", che rappresentano, insieme alla libertà, l'obiettivo dell'intero percorso educativo umano.

 

2. La vera libertà

La capacità di mantenere, sia pure con sforzo, il giustomordine fra tutte le facoltà dell'essere umano si chiama temperanza – una della quattro virtù "cardine" aristoteliche, insieme alla prudenza, alla giustizia e alla fortezza - che vuol dire moderazione. Attenzione, però: moderare non vuoI dire reprimere, ma regolare. Come in una tavola rotonda c'è un moderatore che ha il compito, sì, di frenare chi tende a parlare troppo ma anche quello di sollecitare chi tende a stare troppo zitto, in modo che la tavola rotonda risulti ben bilanciata e realizzi il suo fine, così la temperanza, a seconda delle situazioni e dello stato di vita, regolerà l’attività di tutte le facoltà umane affinché l’uomo realizzi costantemente il suo fine che è anche il suo bene: la vera libertà.

Libertà che non significa, come oggi diffusamente si crede, fare quello che pare o piace – questo sarebbe libertinaggio – ma saper fare da sé, quindi autonomamente, ciò che è giusto, relaizzando così un bene.  E qui vale la pena approfondire il concetto di “bene”. Perché si potrebbe pensare che ciò che è un bene per me possa anche essere un male per altri; ma allora significa che era un been relativo, o meglio, un falso bene! Il ladro che ruba e insegna al figlio a rubare, ne trarrà un suo utile materiale, ma danneggia gli altri e in ultima analisi, su un piano più profondo, danneggia se stesso e il figlio. Questo non è un bene vero. Pertanto un bene sarà tanto più vero quanto più lo è per tutti! Poiché l'intelligenza mira alla verità, e la volontà a vivere la verità stessa realizzando un bene, si può allora concludere che la libertà consiste nel saper scegliere da sé, quindi autonomamente, ciò che è un bene vero. O, con altre parole, nella volontaria adesione alla verità, anche se costa. Questo conferisce alla persona una sicurezza di orientamento, una padronanza delle situazioni e una scioltezza di movimento sconosciute a chi si abbandona indiscriminatamente agli istinti, alle passioni o alle mode del momento.

 

3. La sessualità

Ma l'essere umano non finisce qui. Egli è sessuato. Esiste infatti in due versioni: maschile e femminile. Perché? Che cosa cambierebbe se non fosse sessuato? Interroghiamo la Biologia. Com'è noto, nel nucleo delle cellule umane sono presenti 46 cromosomi, microscopici organelli depositari di tutti i caratteri genetici dell'individuo; 23 provenienti dal padre e 23 dalla madre. Fra questi vi sono due cromosomi speciali, quelli che determinano il sesso: XX per la donna e XY per l'uomo. Questi cromosomi si trovano quindi in tutte le cellule – che sono circa 300.000 miliardi! – del corpo umano: in quelle della pelle, dei muscoli, del cervello, degli occhi e così via. Insomma, tutto il corpo è sessuato. E questo è definito "sesso biologico". Ma abbiamo visto precedentemente che l'uomo è un'unità di tutte le sue dimensioni (non esiste azione materiale, per quanto elementare, che non coinvolga in qualche misura anche le facoltà superiori; così come non esiste pensiero, per quanto elevato, che non si esprima attraverso la corporeità). Ne consegue dunque che tutta la persona è sessuata; e questa dimensione, ben al di là del semplice sesso, è appunto la sessualità, che è un «modo di essere nel mondo». Allora fare educazione sessuale non significa solo dare informazioni sull'anatomia e sull'uso dell'apparato genitale, bensì educare l'uomo nella sua interezza, e cioè educarne, oltre la corporeità, anche l'affettività, l'intelligenza e la volontà.

 

4. Dimensione personale della sessualità

La presenza dei cromosomi XY nell'uomo e XX nella donna è direttamente responsabile dell’esistenza, in essi, dei caratteri sessuali primari e, indirettamente, dei secondari. Per caratteri sessuali primari si intendono gli apparati riproduttori maschile e femminile. E’ fin troppo evidente che questi due apparati sono complementari fra loro, e non con altri apparati. Ne è controprova il fatto che la prima categoria in cui è dilagata l’AIDS è stata quella degli omosessuali uomini. Infatti, tutti gli organi interni cavi sono rivestiti da una muscosa molto sottile, ad eccezione – oltre che dello stomaco – dell’ultimo tratto dell’apparato femminile, la cui mucosa è più spessa per resistere bene ad eventuali atriti senza lacerarsi. Altre mucose, invece, molto più  delicate, per sfregamento subiscono micro-lacerazioni, attraverso le quali può passare il virus dell’AIDS.

I caratteri sessuali primari, essendo direttamente indotti dai geni, o meglio, dai cromosomi che determinano il sesso, sono presenti ed evidenti già dall'inizio, nei primi tempi dello sviluppo embrionale. Col sopraggiungere della pubertà, gli ormoni sessuali, che già nelle prime settimane di vita intra-uterina hanno contribuito ad improntare l’organismo alla mascolinità o alla femminilità, andranno a determinare, oltre alla maturazione dei caratteri sessuali primari, la comparsa di quelli secondari. Essi comprendono tutte quelle caratteristiche che contribuiscono a differenziare maggiormente l'uomo dalla donna. Vale a dire: la statura, il timbro della voce, i rapporti scheletrici (spalle larghe e bacino stretto nell'uomo, spalle strette e bacino largo nella donna), la quantità e la distribuzione della peluria, lo sviluppo o meno delle ghiandole mammarie, la quantità e la distribuzione del grasso sottocutaneo, da cui deriva la silhouette, più lineare nell'uomo, più curvilinea nella donna. Ma siccome nell'essere umano corpo e psiche sono profondameme comprenetrati, esistono anche dei caratteri sessuali secondari psichici, che completano la dimensione personale della sessualità.

Infatti senza voler incasellare rigidamente nessuno, è però ben evidente che ci sono caratteristiche più squisitamente maschili e altre più femminili. Ad esempio, l'uomo è più realista e immediato, va all’essenziale (silhouette lineare! ... ), più intraprendente e propositivo, tendente a dominare, fatto per "andare verso" (anche fisicamente, nel rapporto sessuale); vive meglio la fortezza come affermazione del positivo – intendendo qui per fortezza non tanto la virtù cardinale, che è dell'ambito spirituale, ma una spontanea qualità psichica – ed ha un tipo di intelligenza più analitico-consequenziale, nel senso che, se vede un problema, fa piccoli passi logici in rigorosa successione nella direzione del problema, finché arriva alla soluzione. La donna, viceversa, è più sensibile e fantasiosa (silhouette curvilinea!...), attenta al dettaglio, più paziente, fatta per l’”accoglienza" (anche fisicamente), per prendersi cura dell'altro; vive meglio la fortezza come resistenza al negativo ed ha un tipo di intelligenza prevalentemente sintetico-intuitivo, nel senso che, con uno sguardo d'insieme, abbraccia il problema e perviene di getto alla soluzione, magari senza avere la minima idea di come ci è arrivata.

D’altronde chi non si è accorto che l'uomo, generalmente, è portato a prendere in considerazione un solo problema alla volta, andando perciò stesso più in profondità, mentre la donna è in grado di seguirne più contemporaneamente, anche se in modo meno approfondito? E’ una questione di diversità di connessioni anatomiche cerebrali (se solo lo si sapesse, quanti inutili diverbi si eviterebbero!...). Pertanto l'uomo e la donna sono diversi non solo fisicamente, ma anche nel modo di essere, di pensare e di rapportasi all’ambiente circostante [2]. Ma non si tratta di una diversità casuale. E’ evidente che i due sessi sono complementari, sia sul piano fisico che su quello psicologico: ciascuno dei due ha ed è ciò che l’altro non ha e non è. Ne nasce così una forte spinta reciproca ad andare l’uno verso l’altro. Pur essendo ognuno un individuo completo, nel senso che potrebbe benissimo vivere anche da solo, è fin troppo evidente che, messi insieme, essi formano un'unità di ordine superiore, la "coppia”, completandosi a vicenda (la parola coppia viene dal latino "copula" che vuol dire "accoppiamento"). Ecco che possiamo allora rispondere alla domanda che ci eravamo posti all'inizio: che cosa cambierebbe se l'essere umano non fosse sessuato? Probabilmente ognuno sarebbe chiuso in se stesso, come una monade, isolato nella sua totale autosufficienza, e verrebbe meno, quindi, la spinta poderosa alla "relazione". Scopriamo così che la sessualità ha anche un'altra dimensione, oltre a quella individuale: quella relazionale di coppia.

 

5. Il pudore

Prima di passare alla coppia, c'è però da prendere in considerazione un'ultima componente della persona: il pudore.

Nella cultura di oggi sembrerebbe qualcosa di sorpassato, di fuori moda... basta guardarsi intorno! L’uomo pare essersi affrancato da certi "tabù" che andavano bene, tutt'al più, per le nostre nonne ... Andiamo a vedere se è vero. Immaginiamo di possedere, nel nostro appartamento, tanti oggetti preziosi, di grande valore. Lasceremmo il nostro appartamento incustodito, privo di porte e di fìnestre, alla mercè degli estranei, di modo che chiunque passi si porti via un po' dei nostri beni? Certamente no! Provvederemmo a dotare il nostro appartamento non solo di porte e finestre, ma anche di serrature e di allarmi. Saremmo poi noi a decidere se donare o meno le nostre ricchezze, liberamente, e comunque solo a chi avremo ritenuto degno di ricevere tale dono inestimabile. Bene, questo è il pudore: il custode della nostra preziosa intimità, cioè di tutto quell'insieme di ricchezze psico-fìsiche e spirituali che caratterizzano ogni essere umano e che possono essere solo donate, mai venire derubate o vendute [3]. Ma se nell' appartamento non c'è rimasto più nulla di prezioso perché negligentemente abbiamo permesso che fosse svaligiato, lasciando i beni a portata di mano di qualunque estraneo, è ovvio che a questo punto ogni protezione diventi superflua e perda senso...

Ecco perché oggi il pudore sembera decaduto, sorpasssato, quasi fosse un fatto culturale non legato alla natura dell’essere umano ma unicamente a fattori ambientali – a mode – che cambiano col tempo. Si potrà a questo punto obiettare che, invevce, esistono proprio culture in cui, magari in dipendenza, appunto, di fattori ambientali come l’alta temperatura, sembra non esserte molto presente il senso del pudore – certe tribù africane...–. Ebbene, chi pensasse così sbaglierebbe! Ci sono infatti tribù in cui, gli individui, pur vivendo nudi o quasi, manifestano, il loro pudore arrossendo violentemente e fuggendo via se vengono toccati; ed altre in cui, se una donna viene sorpresa nuda da chi non ne ha il diritto, reagisce immediatamente coprendosi il volto con le mani. Perché, a pensarci bene, i corpi si somigliano tutti, mentre la parte assolutamente individuale e irripetibile, e attraverso cui si può quindi essere riconosciuti, è il volto – e ancor più gli occhi – che meglio esprime l'originalità dell'essere di ognuno.

Se ne può concludere, pertanto, che il pudore, lungi dall'essere un tratto accidentale o sorpassato, è invece un'esigenza profonda e universale della natura umana, e che solo il suo modo di manifestarsi può cambiare con le culture o con i fattori ambientali. Ma per recuperare oggi questa preziosa componente dell'essere umano, è necessario re-impossessarsi della propria intimità, prendendone coscienza e coltivandola come un bene di inestimabile valore.

     


[1] Cfr. G. CAVALLERI, Il mistero del dolore, in “Fogli”, n. 114, ARES, Milano 1987, pp. 30-33.
[2] Cfr. M. BRANCATISANO, Approccio all’antropologia della differenza, PUSC, Roma 2004, pp. 116-121.
[3] Cfr. G. TORELLO’, Dalle mura di Gerico, Il pudore, ARES, Milano 1988, p. 5 e ss.

   

Leda Galli, Dal Corpo alla persona, San Paolo, Milano 2008, pp. 15-26.