I monaci benedettini e lo sviluppo dell'agricoltura in Europa

Thomas E. Woods
2001

Il monachesimo d'Oriente influenza l'Occidente in numerosi modi: attraverso i viaggi di sant'Atanasio, per esempio, e gli scritti di san Giovanni Cassiano, un occidentale che aveva una vasta conoscenza della pratica orientale. Ma il monachesimo occidentale èdebitore soprattutto a san Benedetto da Norcia, un monaco occidentale. San Benedetto fonda dodici piccole comunità di monaci a Subiaco, a circa sessanta chilometri da Roma, prima di dirigersi un'ottantina di chilometri più a sud e fondare Montecassino, il grande monastero per cui è ricordato. Fu a Montecassino, intorno al 529, che Benedetto compose la famosa "Regola" che da lui prende il nome, la grandezza della quale è rispecchiata nella sua adozione pressoché universale, nei secoli successivi, in tutta l'Europa occidentale. […] 
Ciascuna casa benedettina era indipendente dalle altre e un abate sorvegliava le sue attività e il suo buon ordine. Prima che sorgessero le case benedettine, i monaci erano stati liberi di vagare da un luogo all'altro. San Benedetto ideò uno stile monastico in cui ciascuno rimaneva attaccato, per cosi dire, al proprio monastero […]
Le persone più istruite pensano che il maggior contributo dato dai benedettini alla civiltà occidentale sia l'attività di studio e culturale insenso lato.In verità, ibenedettini coltivarono in modo notevole un altro aspetto della civiltà occidentale, ossia ciòche potremmo definite "le arti pratiche". L'agricoltura è un esempio particolarmente significativo. Nel primo Novecento Henry Goodell, presidente di quel che sarebbe poi diventato il Massachusetts Agricultural College, celebrò «l'opera che questi grandiosi monaci svolsero lungo un arcodi millecinquecento anni. I benedettini salvarono l'agricoltura quando nessun altro avrebbe potuto salvarla; la esercitarono nell'ambito di un nuovo stile di vita e di nuove condizioni di vita, in un tempo in cui nessun altro osava cimentarsi con l'agricoltura». [1]
Le fonti documentarie su questo punto sono considerevoli: «Dobbiamo ai monaci la ricostruzione agraria di gran parte dell'Europa», sostiene uno studioso. «Ovunque andassero», sottolinea un altro studioso, i benedettini «trasformarono terra desolata in terra coltivata. Intraprendevano la coltivazione del bestiame e della terra, lavoravano con le proprie mani, prosciugavano paludi e abbattevano foreste. Furono i benedettini a trasformare la Germania in una terra fruttifera». Un altro storico ricorda che «ogni monastero benedettino era una sorta di college agrario per l'intera regione in cui era situato» [2]. Persino lo statista e storico francese del Novecento François Guizot, che non nutriva particolari simpatie per la Chiesa Cattolica, osservò: «I monaci benedettini furono gli agricoltori d'Europa. La pulirono su larga scala, associando agricoltura e predicazione»[3].
Nella vita monastica svolse un ruolo importante il lavoro manuale, al quale la Regola benedettina si richiamava espressamente. Sebbene la Regola fosse nota per la sua moderazione e la sua avversione per le punizioni eccessivamente severe, cogliamo spesso i monaci nell'atto di farsi carico di un lavoro difficile e poco attraente, dal momento che per loro tali opere erano canali di grazia e opportunità di mortificazionedella carne. Ciò fu certamente vero riguardo all'opera da loro svolta nel disboscamento e nella bonifica delle terre. L'opinione prevalente sugli acquitrini era che fossero fonti di pestilenza di nessun valore. Ma i monaci prosperarono in tali luoghi e abbracciarono le sfide che essi presentavano. In breve tempo riuscirono a costruire argini e a prosciugare la zona paludosae a trasformare in fertile terra agricola ciò che era stato fonte di malattia e sporcizia.

Anche Montalembert, il grande storico del monachesimo del Novecento, s'inchino alla grande opera agraria dei benedettini. «È impossibile dimenticare», scrisse, «l'uso a cui volsero (avendo in mano un quinto dell'intero territorio inglese) tanti distretti incolti e disabitati, coperti di foreste o circondati da paludi». Era questo in verità lo stato di buona parte della terra che i monaci occuparono, in parte perché scelseroi luoghi più isolati e inaccessibili, al fine di rafforzare la solitudine comunitaria della propria vita, in parte perché questa era la terra che donatori laici potevano più facilmente lasciar loro. Sebbene i monaci abbattessero foreste che impedivanolo stanziamento umano e il loro stesso impiego, furono altrettanto avveduti da piantare alberi e conservare foreste ogni volta che ciò fu loro possibile».[4] […] 

Ovunque andassero, i monaci portavano raccolti, industrie o metodi di produzione che nessuno aveva mai visto prima. Introducevano qui l'allevamento del bestiame e dei cavalli, lì la fabbricazione della birra, o l'apicoltura, o la frutticoltura. Dovettero ai monaci la propriaesistenza il commercio del grano in Svezia, la fabbricazione del formaggio a Parma, i vivai di salmone in Irlandae, in moltissimi luoghi, le vigne più amene. I monaci facevano scorta di acque provenienti dalle sorgenti, al fine di distribuirle durante le siccità. I monaci dei monasteri di Saint Laurent e di Saint Martin, visto che leacque delle sorgenti si disperdevano inutilmentenelle pianure di Saint Gervais e Belleville, decisero di deviarle su Parigi. In Lombardia i contadini appresero dai monaci l'arte dell'irrigazione, che contribuì in modo determinante a render celebre quella regione in tutta Europa per la sua fertilità e le sue ricchezze. Inoltre, i monaci furono i primi a lavorare per il miglioramento delle razze di bestiame, sottraendo quest'opera al caso […] 

I monaci furono anche importanti inventori e sperimentatori. I cistercensi, un ordine benedettino tendenzialmente riformista stabilitosi a Cîteaux nel 1098, sono particolarmente famosi per la loro abilità tecnologica. Grazie alla grande rete di comunicazione esistente tra i vari monasteri, la competenza tecnologica poté diffondersi rapidamente, ragione per cui troviamo sistemi idraulici molto simili in monasteri molto distanti l'uno dall'altro, anche migliaia di chilometri. «Questi monasteri», scrive uno storico, «furono le unità economicamente più efficaci mai esistite in Europa, e forse nel mondo» [5].

 


[1] HENRY H. GOODELL, The Influence of the Monks in Agricolture, discroso tenuto alla presenza del Massachusetts State Board of Agricolture il 23 Agosto 1901, p. 22.
[2] ALEXANDER CLARENCE FLICK, The Rise of the Medieval Church, Burt Franklin, New York 1909, p. 223.
[3] Si veda JOHN HENRY NEWMAN, Essays and Sketches, a cura di Ch.F. Harrold, Longmans, Green and Co., New York 1948, vol. 3, pp. 264-265.
[4] Cfr. CHARLES MONTALEMBERT, The Monks of the West: From Saint Benedict to Saint Bernard, Nimmo, Londra 1896, vol. 5, p. 208.
[5] RANDALL COLLINS, Weberian Sociological Theory, Cambridge University Press, Cambridge 1986, pp. 53-54.

Thomas E. Woods, Come la Chiesa cattolica ha costruito la civiltà occidentale, Cantagalli, Siena 2007, pp. 34-41.