Negli esseri viventi possiamo individuare quattro usi adattativi del colore. In primo luogo, esso è impiegato per attirare l'attenzione: per esempio, i fiori se ne servono per annunciare la propria presenza agli insetti e i frutti colorati per segnalare la propria commestibilità. In secondo luogo, il colore può essere usato per lanciare un avvertimento: alcuni rettili, per esempio, segnalano di essere velenosi con le loro livree spaventose. In terzo luogo, il colore consente il camuffamento o il mimetismo. Infine, esso può stimolare le emozioni. Nelle parate nuziali, infatti, l'uso di segnali cromatici abbonda; i babbuini, per esempio, indicano la propria disponibilità sessuale mettendo in mostra la regione posteriore, vivacemente colorata. Da tutto questa deriva che gli animali dotati di visione cromatica rispondono in modo diverso a colori diversi. Le scimmie preferiscono il blu al verde, al giallo, all'arancio e al rosso; in genere hanno un'avversione per il rosso e l'arancio e sono leggermente attratte dal blue dal verde.
Uno degli aspetti distintivi degli esseri umani è la loro abilità, e la loro inclinazione, a decorarsi con pigmenti artificiali e oggetti colorati. Dalle pitture di guerra ai cosmetici, questa tendenza è un aspetto stabile del comportamento umano e ha molte funzioni, tutte riconducibili alle quattro che abbiamo appena delineato: il desiderio di essere visti; la trasmissione di informazioni riguardanti il rango e lo status, oppure l'avvertimento in caso di pericolo; il desiderio di non essere visti; e il desiderio di ispirare ammirazione, rispetto o paura. Alcuni colori hanno acquisito la capacità di risvegliare emozioni, e lo fanno con grande efficacia.
Il primo esempio è quello del rosso che è il primo colore a essere aggiunto al vocabolario cromatico umano dopo il bianco e il nero. Esso è anche il colore più comunemente usato dagli uccelli e dai fiori.
Il suo effetto sugli esseri umani è impressionante: nei casi di lesioni cerebrali, la percezione del rosso è l'ultima componente della visione cromatica a scomparire e la prima a essere ripristinata in caso di guarigione. Tuttavia, l'effetto del rosso sugli esseri umani ha anche qualcosa di sconcertante. In natura, infatti, questo colore segnala anche il pericolo – come nel caso degli occhi di certe raganelle velenose – e perciò viene spesso usato anche dall'uomo come segnale di pericolo; allo stesso tempo, pero, il rosso è impiegato nella cosmesi per aumentare l'attrazione sessuale. Come si spiega questa simbolismo duplice e ambiguo? Sebbene sia possibile pensare a fenomeni naturali – per esempio il fuoco – di colore simile che inviano simultaneamente segnali di sicurezza e di pericolo, Nick Humphrey ha suggerito che l'aspetto più importante del rosso sia proprio l'ambiguità della nostrarisposta. Essa sembra avere la funzione di aumentare la nostra concentrazioneper prepararci a ricevere ulteriori informazioni.
Il messaggio inviato dal rosso dipende dal contesto, e prima di trarre la giusta conclusione, dobbiamo raccogliere un maggior numero di informazioni. È proprio l'ambiguità della situazione, con la possibilità di produrre una risposta del tutto sbagliata, a causare quello stato di aumentata attenzione tanto spesso stimolato dal rosso. L'adattamento evolutivo al colore, e le forti risposte che esso suscita in noi, indicano anche la possibilità di manipolare i colori artificiali del nostro ambiente moderno per produrre risposte particolari. Ecco dunque qualcosa che, a livello conscio o inconscio, ha un ruolo nella scelta delle decorazioni domestiche, negli schemi cromatici delle aule scolastiche, degli ospedali e di altri edifici pubblici. Tuttavia, il nostro ambiente è in massima parte una mescolanza casuale di molti oggetti colorati. L'effetto è quello di diluire la nostra sensibilità e la nostra reazione ai simboli cromatici.
Percependo questa tendenza, Humphrey descrive l'aspetto del suo studio, e parla della tendenza maschile a neutralizzare l'informazione cromatica a spese di altri descrittori:
Quando mi guardo intorno nella stanza dove lavoro, sono colpito dai colori artificiali di ogni superficie: libri, cuscini, un tappeto sul pavimento, una tazza da caffè, una scatola di fermagli – blu, rossi, gialli e verdi brillanti. C’è tanto colore qui quanto ce n'è in una qualunque foresta tropicale. Ciò nondimeno, mentre nella foresta ogni singolo colore sarebbe pregno di significato, qui, nel mio studio, quasi nessuno lo è. Ha preso il sopravvento l'anarchia cromatica. Questo ha attutito la nostra risposta ai colori. Dal momento in cui diamo a un bambino un filo di perline multicolori – ma altrimenti identiche – con le quali giocare, senza volerlo gli insegniamo a ignorare il colore come segnale. [1]
Nell'insegnamento rivolto ai bambini molto piccoli, la tendenza è quella di cercare di far loro comprendere i nomi delle case e il loro numero; è raro che si dia una grande importanza al colore. Se consideriamo il modo in cui il colore è usato nella rappresentazione artistica della civiltà occidentale, è straordinario constatare che il suo uso come simbolo sia rimasto così limitato fino alla fine del secolo scorso. Altri tipi di simbolismo sono stati di gran lunga più influenti. Solo con lo sviluppo della pittura astratta e di altre forme di arte moderna l'uso drammatico del colore come simbolo primario è diventato importante. Basti pensare al «periodo blu» di Picasso e all'opera di Mondrian, Vasarely e Kandinsky, in cui troviamo un forte richiamo alle risposte innate evocate da particolari colori. In questi casi essi non sono usati solo per dare i colori «naturali» a dei simboli pregni di altri significati – si pensi ai paesaggi – né semplicemente per riprodurre i colori degli oggetti naturali – come frutti o fiori – verso i quali abbiamo delle risposte innate. Qui, l'uso del colore evoca una reazione istintiva più elementare. Wassily Kandisky descriveva così il modo in cui il colore modifica l'umore e le reazioni di una persona nei confronti di un quadro:
II colore è un potere che influenza direttamente l'anima. II colore è la tastiera, gli occhi sono i martelletti, e l'anima è il pianoforte con le sue molte corde. L'artista è la mano che suona, toccando un tasto o l'altro per indurre una vibrazione dell'anima.[2]
[1] si veda Humphrey, N., A History oh the Mind, Vintage, London 1993.
[2] Kandinsky, W., Concerning the Spiritual in Art (traduzione di M. Sadler), Dover 1977.
J.D. Barrow, L'universo come opera d'arte. La fonte cosmica della creatività umana, Rizzoli, Milano 1997, pp. 234-237.