La legge causale: una guida preziosa

Max Planck
1932
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Max Planck ( 23 aprile 1858 – 4 ottobre 1947)
Quando si parla del rapporto causale fra due avvenimenti successivi si intende indubbiamente con ciò un certo concatenamento, conforme ad una legge, dei due avvenimenti, dove il primo avvenimento è definito causa ed il successivo effetto. In che consiste questa particolare concatenazione? C’è un segno infallibile che un certo avvenimento che ha luogo in natura sia dovuto causalmente ad un altro?

È una questione vecchia come la scienza della natura, anzi, come la scienza in generale, e la circostanza che essa venga sempre posta di nuovo sul tappeto dimostra che anche oggi non le si è ancora trovata una soluzione definitiva. Non fa piacere constatarlo, ma ci consoleremo pensando che non può essere diversamente. La speranza che si possa mai riuscire a formulare nettamente a priori il concetto di causa, ed a fondare poi su questa definizione una ricerca della validità della legge causale nella natura, doveva già parere ingenua nei tempi precedenti l’attuale, ma oggi, dato lo sviluppo assunto dalle scienze esatte, non può essere definita altrimenti che pazzesca. […]

Eppure è proprio l’interesse dell’umanità pensante per la questione dell’essenza e della validità della legge causale, interesse che non è mai venuto meno e presentemente al contrario sta fortemente aumentando, quello che ci fa sospettare che il concetto di causa sia qualcosa di veramente fondamentale, sia un concetto che in sostanza non dipende dai sensi umani o dall’intelligenza umana, e che si addentra colle sue radici in un mondo reale inaccessibile al diretto controllo scientifico. Nessuno infatti dubiterà che, se la nostra terra sprofondasse con tutti i suoi abitanti, i processi cosmici continuerebbero ad obbedire alle loro leggi causali, benché nessun uomo sia in grado di controllare il senso e la plausibilità di questa affermazione.

Comunque sia, l’unico mezzo che possediamo per andare in traccia della vera essenza della causalità consiste nel partire dal mondo dei fatti quale ci è dato, cioè dalle nostre esperienze, elaborandole e generalizzandole convenientemente ed eliminando possibilmente tutti gli elementi antropomorfi commisti, in modo di avvicinarci gradatamente al concetto obbiettivo di causalità.

Dalle numerose ricerche impostate finora su questa questione risulta che il modo più sicuro per avvicinarci al concetto di causa è quello di porlo in connessione colla nostra capacità, acquisita e controllata per mezzo della nostra quotidiana esperienza, di prevedere gli avvenimenti futuri. Infatti per provare che due processi qualunque sono in nesso causale fra di loro, non c’è mezzo più inoppugnabile che il mostrare che quando si è verificato uno dei due processi il verificarsi dell’altro può sempre essere dedotto in antecedenza. Lo sapeva già quell’agricoltore che dimostrò ad oculos in modo lampante ai contadini increduli il nesso causale fra concime artificiale e fertilità del terreno. I contadini non volevano credere che la crescita rigogliosa del trifoglio nel campo del padrone fosse dovuta al concime artificiale, e cercavano qualche altra ragione. Allora il padrone fece tracciare sul proprio campo alcune strisce sottili a forma di lettere alfabetiche e le concimò intensamente lasciando inconcimato il resto del terreno. In primavera, quando l’erba spuntò, ognuno poté leggere, scritta chiaramente dai trifogli, la frase: «Questa striscia è stata concimata con gesso».

Io voglio quindi usare come punto di partenza per ogni ulteriore considerazione il seguente principio generale: un evento è causalmente determinato quando può essere previsto con sicurezza. Con ciò naturalmente si intende dire soltanto che la possibilità di fare una esatta previsione del futuro è un indice infallibile dell’esistenza di un vincolo causale, e non già che essa sia la stessa cosa che questo vincolo. […]

Riassumendo possiamo dire: mentre nel mondo sensibile la previsione di un evento è sempre gravata da una certa imprecisione, nell’immagine fisica del mondo tutti gli eventi decorrono secondo leggi esattamente specificabili, sono causalmente determinati in modo rigoroso. Perciò mediante l’adozione dell’immagine del mondo - e qui risiede la sua importanza - l’imprecisione nella previsione di un evento del mondo sensibile è ridotta alla imprecisione del passaggio dell’evento dal mondo sensibile all’immagine del mondo, e della sua ritraduzione dall’immagine del mondo nel mondo sensibile. […]

Indubbiamente la legge causale non è né dimostrabile né confutabile per via logica, non è quindi né vera né falsa; ma è un principio euristico, una guida, la guida più preziosa che noi possediamo se vogliamo orientarci nel groviglio degli eventi e conoscere la direzione in cui deve procedere la ricerca scientifica per giungere a risultati fecondi. Come la legge causale afferra subito la fresca anima del bambino e gli pone in bocca l’instancabile domanda «perché?», così essa accompagna lo scienziato per tutta la sua vita e gli pone incessantemente nuovi problemi. La scienza non mira ad un riposo contemplativo dopo aver acquistato delle conoscenze sicure, ma è lavoro senza posa, è sviluppo sempre progressivo verso una meta che potremo bensì poeticamente intravvedere, ma che non potremo mai afferrare appieno col nostro intelletto.

 

M. Planck, La conoscenza del mondo fisico, trad. it. di Enrico Persico e Augusto Gamba, Bollati Boringhieri, Torino 1993, pp. 265-292.