Nel 2004, durante il pontificato di Giovanni Paolo II, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace pubblicò il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, un documento volto a presentare in maniera sintetica le linee essenziali dell'insegnamento che, a partire dalla fine dell'Ottocento, la Chiesa cattolica ha fornito circa le questioni sociali più rilevanti per il mondo contemporaneo. Tra le pagine del Compendio trovano spazio anche riflessioni dedicate al rapporto tra gli esseri umani alla luce delle molte differenze che li distinguono ma sempre nell'ottica della comune dignità personale. "Poiché - come insegna il Concilio Vaticano II, richiamato nei passi che riportiamo qui di seguito - sul volto di ogni uomo risplende qualcosa della gloria di Dio".
144 « Dio non fa preferenze di persone » (At 10,34; cfr. Rm 2,11; Gal 2,6; Ef 6,9), poiché tutti gli uomini hanno la stessa dignità di creature a Sua immagine e somiglianza. [1] L'Incarnazione del Figlio di Dio manifesta l'uguaglianza di tutte le persone quanto a dignità: « Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù » (Gal 3,28; cfr. Rm 10,12; 1 Cor 12,13; Col 3,11).
Poiché sul volto di ogni uomo risplende qualcosa della gloria di Dio, la dignità di ogni uomo davanti a Dio sta a fondamento della dignità dell'uomo davanti agli altri uomini. [2] Questo è, inoltre, il fondamento ultimo della radicale uguaglianza e fraternità fra gli uomini, indipendentemente dalla loro razza, Nazione, sesso, origine, cultura, classe.
145 Solo il riconoscimento della dignità umana può rendere possibile la crescita comune e personale di tutti (cfr. Gc 2,1-9). Per favorire una simile crescita è necessario, in particolare, sostenere gli ultimi, assicurare effettivamente condizioni di pari opportunità tra uomo e donna, garantire un'obiettiva eguaglianza tra le diverse classi sociali davanti alla legge. [3]
Anche nei rapporti tra popoli e Stati, condizioni di equità e di parità sono il presupposto per un autentico progresso della comunità internazionale. [4] Malgrado gli avanzamenti verso tale direzione, non bisogna dimenticare che esistono ancora molte disuguaglianze e forme di dipendenza.[5]
A un'uguaglianza nel riconoscimento della dignità di ciascun uomo e di ciascun popolo, deve corrispondere la consapevolezza che la dignità umana potrà essere custodita e promossa soltanto in forma comunitaria, da parte dell'umanità intera. Soltanto con l'azione concorde di uomini e di popoli sinceramente interessati al bene di tutti gli altri, si può raggiungere un'autentica fratellanza universale; [6] viceversa, il permanere di condizioni di gravissima disparità e disuguaglianza impoverisce tutti.
146 Il « maschile » e il « femminile » differenziano due individui di uguale dignità, che non riflettono però un'uguaglianza statica, perché lo specifico femminile è diverso dallo specifico maschile e questa diversità nell'uguaglianza è arricchente e indispensabile per un'armoniosa convivenza umana: « La condizione per assicurare la giusta presenza della donna nella Chiesa e nella società è una considerazione più penetrante e accurata dei fondamenti antropologici della condizione maschile e femminile, destinata a precisare l'identità personale propria della donna nel suo rapporto di diversità e di reciproca complementarità con l'uomo, non solo per quanto riguarda i ruoli da tenere e le funzioni da svolgere, ma anche e più profondamente per quanto riguarda la sua struttura e il suo significato personale ».[7]
147 La donna è il complemento dell'uomo, come l'uomo è il complemento della donna: donna e uomo si completano a vicenda, non solo dal punto di vista fisico e psichico, ma anche ontologico. È soltanto grazie alla dualità del « maschile » e del « femminile » che l'« umano » si realizza appieno. È « l'unità dei due », [8] ossia una « unidualità » relazionale, che consente a ciascuno di sentire il rapporto interpersonale e reciproco come un dono che è al tempo stesso una missione: « A questa “unità dei due” è affidata da Dio non soltanto l'opera della procreazione e la vita della famiglia, ma la costruzione stessa della storia ».[9] « La donna è “aiuto” per l'uomo, come l'uomo è “aiuto” per la donna! »: [10] nel loro incontro si realizza una concezione unitaria della persona umana, basata non sulla logica dell'egocentrismo e dell'autoaffermazione, ma su quella dell'amore e della solidarietà.
148 Le persone handicappate sono soggetti pienamente umani, titolari di diritti e doveri: « pur con le limitazioni e le sofferenze inscritte nel loro corpo e nelle loro facoltà, pongono in maggior rilievo la dignità e la grandezza dell'uomo ».[11] Poiché la persona portatrice di handicap è un soggetto con tutti i suoi diritti, essa deve essere aiutata a partecipare alla vita familiare e sociale in tutte le dimensioni e a tutti i livelli accessibili alle sue possibilità.
Bisogna promuovere con misure efficaci ed appropriate i diritti della persona handicappata: « Sarebbe radicalmente indegno dell'uomo, e negazione della comune umanità, ammettere alla vita della società, e dunque al lavoro, solo i membri pienamente funzionali perché, così facendo, si ricadrebbe in una grave forma di discriminazione, quella dei forti e dei sani contro i deboli ed i malati ».[12] Una grande attenzione dovrà essere rivolta non solo alle condizioni di lavoro fisiche e psicologiche, alla giusta rimunerazione, alla possibilità di promozioni ed all'eliminazione dei diversi ostacoli, ma anche alle dimensioni affettive e sessuali della persona handicappata: « Anch'essa ha bisogno di amare e di essere amata, ha bisogno di tenerezza, di vicinanza, di intimità »,[13] secondo le proprie possibilità e nel rispetto dell'ordine morale, che è lo stesso per i sani e per coloro che portano un handicap.
[1] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1934 .
[2] Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 29: AAS 58 (1966) 1048-1049.
[3] Cfr. Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 16: AAS 63 (1971) 413.
[4] Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 279-281; Paolo VI, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (4 ottobre 1965), 5: AAS 57 (1965) 881; Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la celebrazione del 50º di fondazione (5 ottobre 1995), 13: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 739-741.
[5] Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 84: AAS 58 (1966) 1107-1108.
[6] Cfr. Paolo VI, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (4 ottobre 1965), 5: AAS 57 (1965) 881; Id., Lett. enc. Populorum progressio, 43-44: AAS 59 (1967) 278-279.
[7] Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 50: AAS 81 (1989) 489.
[8] Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem, 11: AAS 80 (1988) 1678.
[9] Giovanni Paolo II, Lettera alle donne, 8: AAS 87 (1995) 808.
[10] Giovanni Paolo II, Angelus Domini (9 luglio 1995): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 74; cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004.
[11] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 22: AAS 73 (1981) 634.
[12]Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 22: AAS 73 (1981) 634.
[13] Giovanni Paolo II, Messaggio al Simposio internazionale « Dignità e diritti della persona con handicap mentale » (5 gennaio 2004): L'Osservatore Romano, 9 gennaio 2004, p. 5.