Il Magistero della Chiesa Cattolica su cristianesimo e religioni

1965-2020

Presentiamo alcuni brani di documenti della Chiesa Cattolica che espongono alcuni criteri che devono guidare il dialogo tra il cristianesimo e le religioni del mondo. In questi brani si nota la composizione fra due prospettive, da mantenere entrambe operative: da una parte il riconoscimento che non poche religioni storiche della terra hanno per riferimento trascendente l’unico e vero Dio, e che pertanto l’unica Verità su Dio Creatore è presente in modo partecipato in varie confessioni religiose; dall’altra, l’affermazione che il cristianesimo mantiene e annuncia la sua fede nell’Incarnazione del Verbo, Figlio di Dio, morto per i peccati degli uomini e risorto dai morti. Al termine delle citazioni del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Romani Pontefici, proponiamo alcuni brani tratti dal documento della Commissione Teologica Internazionale intitolato Il cristianesimo e le religioni (1997) il quale, pur non facendo parte delle dichiarazioni del Magistero della Chiesa cattolica, ne sviluppa i contenuti e le implicazioni teologiche.

Concilio Vaticano II, Dichiarazione Nostra Aetate (1965)

1. Nel nostro tempo in cui il genere umano si unifica di giorno in giorno più strettamente e cresce l'interdipendenza tra i vari popoli, la chiesa esamina con maggiore attenzione la natura delle sue relazioni con le religioni non-cristiane. Nel suo dovere di promuovere l'unità e la carità tra gli uomini anzi segnatamente fra i popoli, essa esamina qui innanzitutto tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino.
Infatti tutti i popoli costituiscono una sola comunità. Essi hanno una sola origine poiché Dio ha fatto abitare l'intero genere umano su tutta la faccia della terra; essi hanno anche un solo fine ultimo, Dio, del quale la provvidenza, la testimonianza di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti; finché gli eletti si riuniscano nella città santa, che la gloria di Dio illuminerà e dove i popoli cammineranno nella sua luce.
Gli uomini delle varie religioni attendono la risposta agli oscuri enigmi della condizione umana che ieri come oggi turbano profondamente il cuore dell'uomo: la natura dell'uomo, il senso e il fine della nostra vita, il bene e il peccato, l'origine e il fine del dolore, la via per raggiungere la vera felicità, la morte, il giudizio e la sanzione dopo la morte, infine l'ultimo e ineffabile mistero che circonda la nostra esistenza, dal quale noi traiamo la nostra origine e verso cui tendiamo.

2. Dai tempi più antichi fino a oggi presso i vari popoli si trova una certa sensibilità di quella forza arcana che è presente al corso delle cose e agli avvenimenti della vita umana, e anzi talvolta si riconosce la divinità suprema o anche il Padre. Sensibilità e conoscenza che compenetrano la loro vita di un senso religioso. Le religioni connesse col progresso della cultura, si sforzano di rispondere alle stesse questioni con nozioni più raffinate e con un linguaggio più elaborato. Così nell'induismo gli uomini scrutano il mistero divino e lo esprimono con la inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti tentativi della filosofia; essi cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza. Nel buddismo, secondo le sue varie scuole, viene riconosciuta la radicale insufficienza di questo mondo mutevole e si insegna una via per la quale gli uomini, con cuore devoto e confidente, siano capaci di acquistare lo stato di liberazione perfetta o di pervenire allo stato di illuminazione suprema sia per mezzo dei propri sforzi sia con l'aiuto venuto dall'alto. Ugualmente anche le altre religioni che si trovano nel mondo intero si sforzano di superare, in vari modi, l'inquietudine del cuore umano proponendo delle vie, cioè delle dottrine, dei precetti di vita e dei riti sacri.
La chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini. Essa però annuncia ed è tenuta ad annunziare incessantemente Cristo che è "la via, la verità e la vita" (Gv. 14, 6), in cui gli uomini trovano la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato a sé tutte le cose.

 

Concilio Vaticano II, Dichiarazione Dignitatis humanae (1965)

1. In questa nostra età gli uomini diventano sempre più consapevoli della dignità della persona umana e cresce il numero di coloro i quali esigono che gli uomini nell'agire seguano la loro iniziativa e godano di una libertà responsabile, non mossi da coercizione bensì guidati dalla coscienza del dovere. Parimenti richiedono una delimitazione giuridica della pubblica potestà, affinché non siano troppo circoscritti i confini dell'onesta libertà tanto della persona quanto delle associazioni. Tale esigenza di libertà nella società umana riguarda soprattutto i beni dello spirito umano e in primo luogo ciò che si riferisce al libero esercizio della religione nella società. […]

2. Questo concilio vaticano dichiara che la persona umana ha diritto alla libertà religiosa. Tale libertà consiste in questo, che tutti gli uomini devono essere immuni dalla coercizione da parte di singoli, di gruppi sociali e di qualsivoglia potestà umana, così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza è sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità alla sua coscienza privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata. Inoltre dichiara che il diritto alla libertà religiosa si fonda realmente sulla stessa dignità della persona umana, quale si conosce, sia per mezzo della parola di Dio rivelata sia tramite la stessa ragione. Questo diritto della persona umana alla libertà religiosa deve essere riconosciuto nell'ordinamento giuridico della società così che divenga diritto civile.
A motivo della loro dignità tutti gli uomini, in quanto sono persone, dotati di ragione e di libera volontà e perciò investiti di responsabilità personale, sono spinti dalla loro stessa natura e tenuti per obbligo morale a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la religione. E sono pure tenuti ad aderire alla verità conosciuta e ordinare tutta la loro vita secondo le esigenze della verità. Però gli uomini non possono soddisfare a questo obbligo in modo rispondente alla loro natura, se non godono della libertà psicologica e nello stesso tempo dell'immunità dalla coercizione esterna. Il diritto alla libertà religiosa non si fonda quindi su una disposizione soggettiva della persona, ma sulla sua stessa natura. Per cui il diritto a questa immunità perdura anche in coloro che non soddisfano all'obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa; e il suo esercizio, qualora sia rispettato il giusto ordine pubblico, non può essere impedito.

 

Concilio Vaticano II, Decreto Ad gentes (1965)

10. La Chiesa, inviata da Cristo a rivelare e comunicare la carità di Dio a tutti gli uomini ed a tutte le genti, comprende che le resta ancora da svolgere un lavoro missionario enorme. Infatti due miliardi di uomini, ed il loro numero cresce di giorno in giorno, uniti in grandi e determinati raggruppamenti da vincoli culturali stabili, da tradizioni religiose antiche e da salde relazioni sociali, non hanno ancora ascoltato il messaggio evangelico o l'hanno appena ascoltato. Di essi alcuni seguono una delle grandi religioni, altri restano ancora estranei alla conoscenza stessa di Dio, altri ne negano dichiaratamente l'esistenza, anzi talvolta l'avversano. La Chiesa, per poter offrire a tutti il mistero della salvezza e la vita portata da Dio, deve inserirsi in tutti questi raggruppamenti con lo stesso movimento, con cui Cristo stesso, attraverso la sua incarnazione, si legò a determinate condizioni sociali e culturali degli uomini con cui visse.

11.È necessario che la Chiesa sia presente in questi raggruppamenti umani attraverso i suoi figli, che vivono in mezzo ad essi o ad essi sono inviati. Tutti i cristiani infatti, dovunque vivono, sono tenuti a manifestare con l'esempio della vita e con la testimonianza della parola l'uomo nuovo, che hanno rivestito col battesimo, e la forza dello Spirito santo, dal quale sono stati rinvigoriti con la confermazione, così che gli altri, vedendo le loro buone opere, glorifichino il Padre e comprendano più pienamente il significato genuino della vita umana e l'universale vincolo di comunione degli uomini.
Perché essi possano dare utilmente questa testimonianza di Cristo, stringano rapporti di stima e di carità con questi uomini, e si riconoscano membra del gruppo umano in mezzo a cui vivono, e prendano parte, attraverso il complesso delle relazioni e degli affari dell'umana esistenza, alla vita culturale e sociale; conoscano bene le loro tradizioni nazionali e religiose; scoprano con gioia e rispetto i germi del Verbo in esse nascosti; seguano attentamente l'evoluzione profonda, che si verifica in mezzo ai popoli, e si sforzino perché gli uomini di oggi, troppo presi dalla scienza e dalla tecnologia del mondo moderno, non perdano il contatto con le realtà divine, ma anzi si aprano ad un desiderio più ardente della verità e carità rivelate da Dio.

 

Giovanni Paolo II, Lettera Tertio millennio adveniente (1994)

6. Tocchiamo qui il punto essenziale per cui il cristianesimo si differenzia dalle altre religioni, nelle quali s'è espressa sin dall'inizio la ricerca di Dio da parte dell'uomo. Nel cristianesimo l'avvio è dato dall'Incarnazione del Verbo. Qui non è soltanto l'uomo a cercare Dio, ma è Dio che viene in Persona a parlare di sé all'uomo ed a mostrargli la via sulla quale è possibile raggiungerlo. È quanto proclama il Prologo del Vangelo di Giovanni: «Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (1,18). Il Verbo Incarnato è dunque il compimento dell'anelito presente in tutte le religioni dell'umanità: questo compimento è opera di Dio e va al di là di ogni attesa umana. È mistero di grazia.
In Cristo la religione non è più un «cercare Dio come a tentoni» (cf. At 17,27), ma risposta di fede a Dio che si rivela: risposta nella quale l'uomo parla a Dio come al suo Creatore e Padre; risposta resa possibile da quell'Uomo unico che è al tempo stesso il Verbo consustanziale al Padre, nel quale Dio parla ad ogni uomo ed ogni uomo è reso capace di rispondere a Dio. Più ancora, in quest'Uomo risponde a Dio l'intera creazione. Gesù Cristo è il nuovo inizio di tutto: tutto in lui si ritrova, viene accolto e restituito al Creatore dal quale ha preso origine. In tal modo, Cristo è il compimento dell'anelito di tutte le religioni del mondo e, per ciò stesso, ne è l'unico e definitivo approdo. Se da una parte Dio in Cristo parla di sé all'umanità, dall'altra, nello stesso Cristo, l'umanità intera e tutta la creazione parlano di sé a Dio – anzi, si donano a Dio. Tutto così ritorna al suo principio. Gesù Cristo è la ricapitolazione di tutto (cf. Ef 1,10) e insieme il compimento di ogni cosa in Dio: compimento che è gloria di Dio. La religione che si fonda in Gesù Cristo è religione della gloria, è un esistere in novità di vita a lode della gloria di Dio (cf. Ef 1,12). Tutta la creazione, in realtà, è manifestazione della sua gloria; in particolare l'uomo (vivens homo) è epifania della gloria di Dio, chiamato a vivere della pienezza della vita in Dio.

7. In Gesù Cristo Dio non solo parla all'uomo, ma lo cerca. L'Incarnazione del Figlio di Dio testimonia che Dio cerca l'uomo. Di questa ricerca Gesù parla come del ricupero di una pecorella smarrita (cf. Lc 15,1-7). È una ricerca che nasce nell'intimo di Dio e ha il suo punto culminante nell'Incarnazione del Verbo. Se Dio va in cerca dell'uomo, creato ad immagine e somiglianza sua, lo fa perché lo ama eternamente nel Verbo e in Cristo lo vuole elevare alla dignità di figlio adottivo.

 

Giovanni Paolo II, Discorso alle Nazioni Unite, New York (1995)

9. Al di là di tutte le differenze che contraddistinguono gli individui e i popoli, c'è una fondamentale comunanza, dato che le varie culture non sono in realtà che modi diversi di affrontare la questione del significato dell'esistenza personale. E proprio qui possiamo identificare una fonte del rispetto che è dovuto ad ogni cultura e ad ogni nazione: qualsiasi cultura è uno sforzo di riflessione sul mistero del mondo e in particolare dell'uomo: è un modo di dare espressione alla dimensione trascendente della vita umana. Il cuore di ogni cultura è costituito dal suo approccio al più grande dei misteri: il mistero di Dio.

10. Pertanto, il nostro rispetto per la cultura degli altri è radicato nel nostro rispetto per il tentativo che ogni comunità compie per dare risposta al problema della vita umana. In tale contesto ci è possibile constatare quanto importante sia preservare il diritto fondamentale alla libertà di religione e alla libertà di coscienza, quali pilastri essenziali della struttura dei diritti umani e fondamento di ogni società realmente libera. A nessuno è permesso di soffocare tali diritti usando il potere coercitivo per imporre una risposta al mistero dell'uomo.
Estraniarsi dalla realtà della diversità – o, peggio, tentare di estinguere quella diversità – significa precludersi la possibilità di sondare le profondità del mistero della vita umana. La verità sull'uomo è l'immutabile criterio con cui tutte le culture vengono giudicate; ma ogni cultura ha qualcosa da insegnare circa l'una dimensione o l'altra di quella complessa verità. Pertanto la "differenza", che alcuni trovano così minacciosa, può divenire, mediante un dialogo rispettoso, la fonte di una più profonda comprensione del mistero dell'esistenza umana.

 

Francesco, Enciclica Fratelli tutti (2020)

271. Le diverse religioni, a partire dal riconoscimento del valore di ogni persona umana come creatura chiamata ad essere figlio o figlia di Dio, offrono un prezioso apporto per la costruzione della fraternità e per la difesa della giustizia nella società. Il dialogo tra persone di religioni differenti non si fa solamente per diplomazia, cortesia o tolleranza. Come hanno insegnato i Vescovi dell’India, «l’obiettivo del dialogo è stabilire amicizia, pace, armonia e condividere valori ed esperienze morali e spirituali in uno spirito di verità e amore» (Response of the Church in India to the present day challenges, 9.3.2016).

272. Come credenti pensiamo che, senza un’apertura al Padre di tutti, non ci possano essere ragioni solide e stabili per l’appello alla fraternità. Siamo convinti che soltanto con questa coscienza di figli che non sono orfani si può vivere in pace fra noi». Perché «la ragione, da sola, è in grado di cogliere l’uguaglianza tra gli uomini e di stabilire una convivenza civica tra loro, ma non riesce a fondare la fraternità» (Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 19)

273. In questa prospettiva, desidero ricordare un testo memorabile: «Se non esiste una verità trascendente, obbedendo alla quale l’uomo acquista la sua piena identità, allora non esiste nessun principio sicuro che garantisca giusti rapporti tra gli uomini. Il loro interesse di classe, di gruppo, di Nazione li oppone inevitabilmente gli uni agli altri. Se non si riconosce la verità trascendente, allora trionfa la forza del potere, e ciascuno tende a utilizzare fino in fondo i mezzi di cui dispone per imporre il proprio interesse o la propria opinione, senza riguardo ai diritti dell’altro. […] La radice del moderno totalitarismo, dunque, è da individuare nella negazione della trascendente dignità della persona umana, immagine visibile del Dio invisibile e, proprio per questo, per sua natura stessa, soggetto di diritti che nessuno può violare: né l'individuo, né il gruppo, né la classe, né la Nazione o lo Stato. Non può farlo nemmeno la maggioranza di un corpo sociale, ponendosi contro la minoranza» (Giovanni Paolo II, Centesimus annus, n. 44)

274. A partire dalla nostra esperienza di fede e dalla sapienza che si è andata accumulando nel corso dei secoli, imparando anche da molte nostre debolezze e cadute, come credenti delle diverse religioni sappiamo che rendere presente Dio è un bene per le nostre società. Cercare Dio con cuore sincero, purché non lo offuschiamo con i nostri interessi ideologici o strumentali, ci aiuta a riconoscerci compagni di strada, veramente fratelli. Crediamo che quando, in nome di un’ideologia, si vuole estromettere Dio dalla società, si finisce per adorare degli idoli, e ben presto l’uomo smarrisce sé stesso, la sua dignità è calpestata, i suoi diritti violati. Voi sapete bene a quali brutalità può condurre la privazione della libertà di coscienza e della libertà religiosa, e come da tale ferita si generi una umanità radicalmente impoverita, perché priva di speranza e di riferimenti ideali. […]

281. Tra le religioni è possibile un cammino di pace. Il punto di partenza dev’essere lo sguardo di Dio. Perché Dio non guarda con gli occhi, Dio guarda con il cuore. E l’amore di Dio è lo stesso per ogni persona, di qualunque religione sia. E se è ateo, è lo stesso amore. Quando arriverà l’ultimo giorno e ci sarà sulla terra la luce sufficiente per poter vedere le cose come sono, avremo parecchie sorprese!

282. Anche «i credenti hanno bisogno di trovare spazi per dialogare e agire insieme per il bene comune e la promozione dei più poveri. Non si tratta di renderci tutti più light o di nascondere le convinzioni proprie, alle quali siamo più legati, per poterci incontrare con altri che pensano diversamente. […] Perché tanto più profonda, solida e ricca è un’identità, tanto più potrà arricchire gli altri con il suo peculiare contributo» (Francesco, Querida Amazonia, n. 106). Come credenti ci vediamo provocati a tornare alle nostre fonti per concentrarci sull’essenziale: l’adorazione di Dio e l’amore del prossimo, in modo tale che alcuni aspetti della nostra dottrina, fuori dal loro contesto, non finiscano per alimentare forme di disprezzo, di odio, di xenofobia, di negazione dell’altro. La verità è che la violenza non trova base alcuna nelle convinzioni religiose fondamentali, bensì nelle loro deformazioni.

283. Il culto a Dio, sincero e umile, porta non alla discriminazione, all’odio e alla violenza, ma al rispetto per la sacralità della vita, al rispetto per la dignità e la libertà degli altri e all’amorevole impegno per il benessere di tutti. In realtà, «chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore» (1 Gv 4,8). Pertanto, «il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza; per questo è necessario interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica, e considerare tutto ciò come crimini internazionali che minacciano la sicurezza e la pace mondiale. Occorre condannare un tale terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni» (Documento sulla Fratellanza umana, Abu Dhabi). Le convinzioni religiose riguardo al senso sacro della vita umana ci permettono di riconoscere i valori fondamentali della comune umanità, valori in nome dei quali si può e si deve collaborare, costruire e dialogare, perdonare e crescere, permettendo all’insieme delle diverse voci di formare un nobile e armonico canto, piuttosto che urla fanatiche di odio.

 

Commissione Teologica Internazionale, Il cristianesimo e le religioni (1997)

1. La questione delle relazioni tra le religioni va acquistando un'importanza sempre maggiore. Tra i vari fattori che contribuiscono a rendere attuale il problema, c'è in primo luogo la crescente interdipendenza tra le diverse parti del mondo. Essa si manifesta su diversi piani: è sempre più grande il numero delle persone che, nella maggior parte dei paesi, accedono all'informazione; le migrazioni sono tutt'altro che un ricordo del passato; le nuove tecnologie e l'industria moderna hanno prodotto scambi finora sconosciuti tra molti paesi. Indubbiamente questi fattori interessano in modo diverso continenti e nazioni, ma nessuna parte del mondo, almeno in qualche misura, può considerarsene estranea.

2. Tali fattori di comunicazione e di interdipendenza tra i diversi popoli e le diverse culture hanno prodotto una maggiore coscienza della pluralità delle religioni del pianeta, con i pericoli ma insieme con le opportunità che questo comporta. Nonostante la secolarizzazione, tra gli uomini del nostro tempo non è scomparsa la religiosità: sono noti i vari fenomeni in cui questa si manifesta, nonostante la crisi che, in diversa misura, interessa le grandi religioni. L'importanza del fatto religioso nella vita umana e gli incontri sempre più frequenti tra gli uomini e le culture rendono necessario il dialogo interreligioso, in vista dei problemi e dei bisogni che riguardano l'umanità, per chiarire il senso della vita e per promuovere un'azione comune in favore della pace e della giustizia nel mondo. Il cristianesimo non si tiene fuori né può rimanere al margine di tale incontro e del conseguente dialogo tra le religioni. Se queste sono state talvolta, e possono essere ancora, fattori di divisione e di conflitto tra i popoli, è auspicabile che nel mondo attuale appaiano agli occhi di tutti come elementi di pace e di unione. Il cristianesimo deve dare il suo contributo perché questo sia possibile.

13. Soggiacente a tutta questa discussione è il problema della verità delle religioni; ma oggi si nota una tendenza a relegarlo in secondo piano, separandolo dalla riflessione sul valore salvifico. La questione della verità comporta seri problemi di ordine teorico e pratico, tanto che in passato ebbe conseguenze negative nell'incontro tra le religioni. Di qui la tendenza a sminuire o a relativizzare tale problema, affermando che i criteri di verità valgono soltanto per la propria religione. Alcuni introducono una nozione più esistenziale di verità, considerando soltanto la condotta morale corretta della persona, senza dare importanza al fatto che le sue convinzioni religiose possano essere condannate. Si crea così una certa confusione tra "essere nella salvezza" ed "essere nella verità": bisognerebbe piuttosto collocarsi nella prospettiva cristiana della 'salvezza come verità' e dell'essere nella 'verità come salvezza'. Tralasciare il discorso sulla verità conduce a mettere superficialmente sullo stesso piano tutte le religioni, svuotandole in fondo del loro potenziale salvifico. Affermare che tutte sono vere equivale a dichiarare che tutte sono false: sacrificare la questione della verità è incompatibile con la visione cristiana.

81. Oggi non è in discussione la possibilità di salvezza fuori della chiesa di quelli che vivono secondo coscienza. Questa salvezza, come si è visto nella precedente esposizione, non si produce indipendentemente da Cristo e dalla sua Chiesa: essa si fonda sulla presenza universale dello Spirito, che non si può separare dal mistero pasquale di Gesù (cf. Gaudium et spes, n. 22). Alcuni testi del Vaticano II trattano specificamente delle religioni non cristiane: coloro ai quali non è stato ancora annunciato il Vangelo sono in vari modi ordinati al popolo di Dio, e l'appartenenza alle diverse religioni non sembra indifferente agli effetti di questo "ordinamento" (cf. Lumen gentium, n. 16). Si riconosce che nelle diverse religioni si trovano raggi della verità che illumina ogni uomo (cf. Nostra aetate, n. 2), semi del Verbo (cf. Ad gentes, n. 11); che per disposizione di Dio si trovano in esse cose buone e vere (cf. Optatam totius, n. 16); che si trovano elementi di verità, di grazia e di bene non soltanto nei cuori degli uomini, ma anche nei riti e nei costumi dei popoli, anche se tutto dev'essere “sanato, elevato e completato” (cf. Ad gentes, n. 9; Lumen gentium, n. 17)

87. L'affermazione che possono esistere elementi salvifici nelle religioni non implica, per sé, un giudizio sulla presenza di tali elementi in ognuna delle religioni concrete. D'altra parte, l'amore di Dio e del prossimo, reso possibile in ultima istanza da Gesù unico mediatore, è la sola via per giungere a Dio stesso. Le religioni possono essere portatrici di verità salvifica solo in quanto conducono gli uomini al vero amore. Se è vero che questo si può trovare anche in quelli che non praticano una religione, sembra che il vero amore di Dio debba condurre all'adorazione e alla pratica religiosa in unione con gli altri uomini.