Le diverse concezioni dell'anima umana nell'antichità

Paul O´Callaghan
2002

L'origine del termine

Secondo Platone l’etimologia del termine greco psyché deriva dal verbo anapneîn, cioè «respirare», o anche anapsycho «refrigero», «faccio asciugare» [1]. Aristotele ne trova la radice in katápsyxis, «raffreddamento» [2], un’interpretazione utilizzata incidentalmente anche da Origene quando descrive la primitiva caduta degli spiriti umani in termini di un «raffreddamento» di una realtà puramente spirituale [3]. Il vocabolo ebraico equivalente più vicino è nefes, collegato direttamente ai termini «respiro» e «gola». Il termine latino anima deriva invece dal greco anaigma, che vuol dire «esangue», o più facilmente da ánemos, cioè «vento», o anche «respiro». Le forme tedesca Seele e inglese soul provengono dal tedesco antico saiwolò, legato al vocabolo greco aiólos, cioè «agile», ma anche «semovente», che designa un principio intrinseco di moto. Infine, il termine sanscrito Atman, presente nella tradizione indiana dei Rig-Veda, significa anch’esso «respiro» e compare nel tedesco moderno come atmen, «respirare».

Il contenuto del termine «anima», nelle sue differenti forme ed espressioni, può rintracciarsi praticamente in ogni periodo storico, in ogni civiltà, in ogni antropologia filosofica ed anche in ogni religione [4]. Si tratta quindi di una categoria trasversale del pensiero e dell’esperienza umana di tutti i tempi. I filosofi, tuttavia, sono sempre stati consapevoli della difficoltà di parlare dell’anima in termini rigorosi. Tommaso d’Aquino, ad esempio, osserverà che «conoscere cosa sia l’anima è cosa assai difficile» [5], aggiungendo inoltre che tale conoscenza «richiede una ricerca diligente ed accurata» [6]. Lungo la storia della filosofia è poi possibile trovare due comprensioni, diverse e opposte, dell’anima umana: la posizione per così dire «spiritualista» (Pitagora, Platone, Plotino, Agostino, Descartes, Leibniz, ecc.) e quella «materialista» (Epicuro, Lucrezio, Comte, Marx, Engels, ecc.). La prima vi associa una varietà di aspetti della vita e del comportamento umani (autocoscienza, auto-trascendenza, libertà, dialogicità, cultura, creatività, ecc.), e tende di solito verso un’antropologia dualista. La seconda posizione si sente maggiormente in sintonia con un discorso strettamente positivo ed empirico, e tende verso un’antropologia monista. Alcuni autori, fra cui Tommaso d’Aquino, hanno cercato in molti modi una sintesi fra i due approcci.

In ambito scientifico, un discorso sull’esistenza e sugli attributi dell’anima umana — come una sorta di elemento invisibile, immateriale ed unificante situato nel nucleo profondo dell’essere umano — è stato visto generalmente con un certo sospetto. Gli sviluppi della fisica, della chimica, della biochimica, della biologia e della psicologia sperimentale sono stati testimoni, quando non direttamente responsabili, di un progressivo declino nell’uso del termine, riservato al più per l’ambito simbolico o poetico. Nelle ultime decadi vi è stata però un’inversione di tendenza, specialmente da quando alcuni scienziati sono tornati a rendersi conto della significatività e dell’utilità di tale concetto nello studio del cosiddetto mind-body problem.

 

L’anima umana e l’anima del mondo nelle religioni primitive

Presso molti popoli primitivi si parla di «anima» principalmente in termini «cosmici», cioè all’interno del tentativo di comprendere l’unità dell’universo [7]. Nonostante alcune interpretazioni di autori del XIX secolo, sembrerebbe però che presso i filosofi presocratici non fu così: la nozione di anima umana non venne introdotta tanto in relazione alla comprensione del cosmo, quanto piuttosto per descrivere il rapporto fra l’uomo e la divinità [8]. In altre parole, le primitive comprensioni dell’anima sono di tipo etico e religioso, piuttosto che cosmico o scientifico. I presocratici vedono l’anima in termini antropologici, mistici, intuitivi. La nozione di anima come «respiro» o «fuoco» è comune presso molti popoli e, in modo corrispondente, la morte viene associata con il «volo» o comunque con l’assenza di tale respiro. Filosofi greci della scuola naturalista come Diogene, Anassimandro e Anassimene, identificarono l’anima con l’aria o il respiro. Per Eraclito è fatta di fuoco. A loro volta Democrito, Epicuro e gli stoici la considerano composta di atomi raffinati; ed è mortale e corruttibile a livello individuale perché è solo un elemento del grande organismo vivo dell’universo. Nel linguaggio poetico di Omero, il termine thymós viene adoperato per indicare la sede tangibile di processi vitali, quali il pensiero, i sentimenti, le sensazioni, mentre il termine psyché è riservato a designare la vita in senso generale, come una sorta di energia vitale immateriale che uomini ed animali possiedono in modo impersonale, una vita cosmica riconoscibile nel respiro, nel sangue, sulla quale però gli esseri umani non hanno potere. Col passare del tempo, la psyché, di natura inconscia, finirà con l’assumere ed inglobare i caratteri consci del thymós, in particolare la coscienza e l’individualità spirituale. La fusione fra i caratteri del «respiro» e della «coscienza», portata a compimento con l’orfismo, favorirà poi l’idea della «trasmigrazione delle anime», quale espressione della sopravvivenza, indipendenza rispetto al corpo, ed immortalità dell’anima umana.

Nel pitagorismo le anime individuali sono espressione di un’anima cosmica comune, legata alla concezione di un’origine unitaria del mondo, una tradizione ripresa da Platone, che considererà l’anima cosmica — di natura invisibile rispetto al corpo del mondo che è invece visibile — come «la più perfetta delle realtà che sono state generate» [9]. Ha qui origine la dottrina dell’«emanazionismo», cioè l’origine delle anime a partire della divinità. Con Plotino, l’Uno dà origine all’Intelligenza (noûs), che a sua volta genera l’anima cosmica (psyché), che sarà poi presente in tutte le cose attraverso «ragioni seminali». Notiamo incidentalmente che la nozione di «anima cosmica», così come le dottrine dell’emanazionismo e del panteismo ad essa collegate, sorgerà occasionalmente anche in un contesto cristiano, ad esempio nel medioevo con Teodoro di Chartres e Guglielmo di Conches (che ne proporranno un’identificazione con lo Spirito Santo), poi con Giordano Bruno e, più tardi, con Schelling. È tuttavia chiaro che la dottrina giudeo-cristiana della creazione ex nihilo e della creazione individuale dell’anima umana giungono ad una spiegazione alquanto diversa dell’origine, della natura e del destino dell’anima umana. In ogni caso, la descrizione dell’anima umana come emanazione di un’anima cosmica porta con sé due conseguenze: in primo luogo, essa non riesce ad esprimere la dignità dell’essere umano nella sua individualità, in quanto sempre subordinato al cosmo unitario; inoltre, nel proporsi di spiegare l’unità razionale e il dinamismo del cosmo utilizzando un’epistemologia vitalista, intuitiva o perfino mitologica, ha bisogno di una più seria verifica di carattere razionale e scientifico. Platone ed Aristotele furono tra i primi a contribuire decisamente a tale processo di chiarificazione.

   


[1] Cfr. PLATONE, Cratilo, 399e.
[2] Cfr. ARISTOTELE, De Anima, I, 2, 405b.
[3] Cfr. ORIGENE, De Principiis, II, 8.
[4] Cfr. M. ELIADE (a cura di), Anima, in Enciclopedia delle Religioni, a cura di M. Eliade, 5 voll. Marzorati - Jaca Book, Milano 1993-1997, vol. 2, pp. 53-93.
[5] Cfr. TOMMASO D’AQUINO, De Veritate, q. 10, a. 8, ad 8um.
[6] Cfr. TOMMASO D’AQUINO, Summa theologiae, I, q. 87, a. 1.
[7] Cfr. L. LEVY-BRUHL, L’âme primitive, Paris 1927; E. ROHDE, Psyché. Seelencult und Unsterblichkeitsglaube der Griechen (1891), Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1961.
[8] Cfr. K. JÖEL, Der Ursprung der Naturphilosophie aus dem Geiste der Mystik, Jena 1906; R.R. MARETT, The Threshold of Religion, London 1915.
[9] Cfr. PLATONE, Timeo, 37a.

    

P. O'Callaghan, Anima, in Dizionario interdisciplinare di scienza e fede, a cura di G. Tanzella-Nitti e A. Strumia, Urbaniana University Press - Città Nuova, Roma 2002, pp. 84-85.