Quale fu l’influenza di Blaise Pascal nello sviluppo della scienza del Seicento?

Luca Granieri

Blaise Pascal (1623-1662) è una figura centrale nello sviluppo della matematica seicentesca e in generale nell’affermarsi della cosiddetta rivoluzione scientifica. Conosciuto soprattutto per via dei suoi scritti filosofici e spirituali – Le Provinciali e i Pensieri costituiscono dei classici della filosofia e della letteratura francese – anche in essi l’originalità di Pascal è sostenuta in vari modi dai metodi scientifici che lui stesso ha contribuito a cristallizzare.

La “vocazione” scientifica di Pascal è precocissima, ispirata dagli interessi matematici del padre, affermato giurista, e dalle sue frequentazioni scientifiche collegate soprattutto all’accademia parigina guidata da padre M. Marsenne. A causa della fragilità della sua salute, il piccolo Blaise non frequentava la scuola e veniva istruito direttamente in famiglia, appassionandosi innanzitutto alla matematica e fremendo per apprendere gli elementi della geometria sin dalla prima infanzia. Ma il padre, pur essendo egli stesso un valido matematico, ostacolò inizialmente i desideri del figlio temendo che un tale impegno non fosse adatto all’età del fanciullo, sacrificando lo spazio del gioco e dello svago. Ma quando si accorse che armeggiando con bastoncini e chiodini il ragazzino aveva già per divertimento ricostruito molte proposizioni di geometria euclidea, non potette fare a meno di assecondare le inclinazioni scientifiche di Blaise. La passione, la determinazione e l’originalità costituiranno un tratto costante della vita di Pascal in tutti i suoi aspetti. A soli diciassette anni Pascal pubblicava un notevole trattato sulle coniche, probabilmente influenzato dalle relazioni con Desargues, fondatore della geometria proiettiva, in cui trova posto il celebre Teorema di Pascal sul c.d. “esagramma mistico”, per il quale i prolungamenti dei lati opposti di un qualsivoglia esagono inscritto in una conica si intersecano sempre in tre punti collineari. L’appellativo di “mistico” allude al fatto che in generale un esagono non è inscrivibile in una conica mentre il Teorema di Pascal fornisce un criterio semplice e generale affinché ciò avvenga. Probabilmente Pascal ricavò il suo risultato lavorando sulle circonferenze, ottenendo poi il caso più generale sfruttando il metodo di proiezione e sezione appreso da Desargues. Purtroppo, i metodi proiettivi di Desargues e Pascal risultarono poco diffusi al loro tempo, offuscati dal rapido e intenso sviluppo della geometria analitica, dell’algebra e del calcolo infinitesimale, e quasi dimenticati fino ad inizio del XIX secolo con la rinascita della geometria proiettiva in cui tali metodi si riveleranno fondamentali.

Nelle mani di Pascal anche le basi dell’aritmetica elementare assumono nuova vita e forma. Motivato dal fornire un supporto al padre alle prese con la contabilità relativa ai suoi incarichi governativi di gestione delle tasse, Pascal si porrà il problema del calcolo automatico, arrivando ad ideare, progettare e poi realizzare una macchina in grado di effettuare calcoli aritmetici. «Impiegai in tale ricerca tutta la conoscenza che la mia propensione e il lavoro dei miei primi studi mi hanno permesso di acquisire nelle scienze matematiche; e dopo una lunga meditazione riconobbi che l'invenzione di un tale ausilio non sarebbe stata impossibile. Le conoscenze della geometria, della fisica e della meccanica me ne fornirono il disegno, e m'assicurarono che avrebbe funzionato senza errore, se un artigiano avesse potuto dare forma allo strumento di cui mi ero immaginato il modello» (dalla Lettera di dedica al Monsignor Cancelliere Pierre Seguier). Si tratta della famosa “Pascalina” per la quale ottenne anche una sorta di “brevetto” e che costituisce il principale precursore della programmazione e del calcolo automatico odierni. La macchina aritmetica di Pascal costituisce la prima realizzazione concreta di un computer effettivamente funzionante, ponendo tra le altre cose il quesito sulla natura del pensiero e dell’intelligenza, anche in connessione con la concezione meccanicistica cartesiana: «La macchina aritmetica produce effetti vicini a quelli del pensiero più di tutto quello che fanno gli animali; ma essa non fa niente che possa indurre ad attribuirle una volontà come gli animali» (Pensieri, 262, citiamo dalla numerazione attribuita da J. Chevalier, nelle Opere Complete).

La nascita della scienza moderna deve a Pascal contributi essenziali su diversi fronti. Nell’affrancamento dall’aristotelismo medievale Pascal svolge un ruolo decisivo nella residua questione del cosiddetto “horror vacui”, in contrapposizione alle idee di Cartesio, mostrando per via sperimentale l’esistenza del vuoto e della pressione atmosferica. In questo ambito sono dedicate a Pascal l’unità di misura della pressione nel Sistema Internazionale, il Pascal (Pa), e il c.d. Principio di Pascal, introdotto nei suoi studi sull’equilibrio dei fluidi. Uno dei fondamenti dell’idrostatica, il Principio stabilisce che la pressione esercitata su un fluido (incomprimibile) si trasmette inalterata in tutti i punti del fluido stesso e alle pareti del recipiente che lo contiene. Questo principio è alla base del funzionamento di innumerevoli dispositivi idraulici, come ad esempio accade con l’olio dei freni presente nelle nostre automobili che assolve la funzione di trasmettere la pressione esercitata sul pedale alle ganasce che agiscono sulle ruote. Lo stesso Pascal illustrava il suo principio in modo spettacolare con la sua celebre botte di Pascal che veniva fatta letteralmente esplodere semplicemente riempendola oltre il suo limite con un sottile e lungo tubicino verticale. Altrettanto ingegnosi e originali risultano gli approcci di Pascal sul versante più propriamente sperimentale. Per replicare le esperienze di Evangelista Torricelli, Pascal si costruì una copia del suo barometro utilizzando vino rosso di Bordeaux e concepì nel 1648 un esperimento decisivo per dirimere la faccenda relativa all’esistenza della pressione atmosferica facendo portare un barometro sulla sommità del Puy de Dôme, nel Massiccio Centrale della Francia, e interpretando le differenti altezze delle colonnine di fluido del barometro in termini di variazione della pressione atmosferica a causa della differenza di altitudine.

Non secondario è il suo apporto al nascente calcolo infinitesimale, ispirando diverse nozioni che ulteriormente sviluppate da Leibniz e Newton porteranno all’esplosione dell’Analisi Matematica e in generale all’applicazione sistematica dei metodi matematici allo studio della natura. Quest’ultimo è proprio il contributo più decisivo di Pascal in cui il nuovo spirito dei modelli matematici della realtà, come diremmo oggi, si fondono con la nuova scienza, preludendo alla progressiva espansione della spiegazione scientifica dei fenomeni naturali.

L’unità profonda della conoscenza scientifico-matematica si ritrova in Pascal non soltanto nelle questioni più tradizionali, come ad esempio nel “challenging problem” relativo alla cicloide (curva prodotta da un punto che si muove su una circonferenza che rotola senza strisciare su una retta), che costituirà una delle sfide per eccellenza nel settecento, nel cosiddetto problema della brachistocrona-tautocrona (la cui soluzione è proprio un arco di cicloide) nell’emergere del calcolo delle variazioni, ma anche in declinazioni originali e più inusuali. Dall’interesse di Pascal per il gioco, anche d’azzardo, e alla corrispondenza con P. De Fermat si è soliti attribuire l’origine del moderno calcolo combinatorio e della teoria delle probabilità, che Pascal amava definire geometria del caso. A questo proposito occorre rimarcare la presentazione del cosiddetto Triangolo di Pascal, in Italia noto anche come triangolo di Tartaglia, strumento combinatorio e algebrico (consente il calcolo dei coefficienti nello sviluppo di un binomio) che, sebbene già discusso da altri autori in tempi diversi, in Pascal trova un rigoroso fondamento con una delle prime, se non la prima in assoluto, formulazioni complete dell’importante metodo di induzione matematica. Aspetto quest’ultimo che mostra ancora una volta come in Pascal aspetti teoretici, empirici e applicativi interagiscano in maniera fruttuosa e creativa. Anche nei periodi in cui Pascal si è più immerso nella vita e nella meditazione religiosa, i suoi ideali hanno comunque portato conseguenze pratiche non di poco conto. Poco prima di morire Pascal ha potuto vedere l’inaugurazione del primo servizio di trasporto pubblico al mondo, da lui stesso ideato, i cui proventi erano destinati al sostegno dei più poveri.

Nel modo più intrigante, tali proficue interazioni emergono anche nell’argomento più famoso e discusso di Pascal, ovvero quello della cosiddetta Scommessa di Pascal, formulato nei suoi Pensieri. Esaminiamo sommariamente anche noi l’argomento da lui impiegato, per proporre poi qualche considerazione sulla matematica e sulla feconda interazione con altri ambiti, anche talvolta ritenuti lontani tra loro.

Intanto giova ricordare che quelli di Pascal sono dei “Pensieri”, dei frammenti provvisori, ricomposti alla sua purtroppo prematura morte, su un’opera maggiore, di indole apologetica, che meditava di comporre. Trattandosi di appunti, non sempre è possibile stabilire con sufficiente chiarezza le intenzioni dell’autore. Tuttavia, e il bello è anche questo, la proposta di Pascal, per quanto frammentaria possa essere, ha suscitato, e continua a suscitare, moltissime discussioni.

Le questioni riguardanti la fede religiosa, come tante altre nella vita, ci pongono in fondo dei problemi di “scelta” tra diverse opzioni su cui non possediamo in generale conoscenze assolute o certe. Ogni scelta è in un certo senso una sorta di “scommessa”, per quanto calcolata o ispirata possa essere. In questo frangente, la libertà umana è naturalmente un concetto relativo piuttosto che assoluto. Saremmo cioè liberi in una certa misura e in certe circostanze. Vincolati dalla nostra natura e da quella del mondo che ci circonda. Non siamo liberi di venire al mondo e in un certo senso siamo stati “obbligati” a vivere. Come direbbe Pascal: «Non so chi mi abbia messo al mondo, né che cosa sia il mondo, né che cosa io stesso. Sono in un’ignoranza spaventosa di tutto.[...] mi trovo confinato in un angolo di questa immensa distesa, senza sapere perché sono collocato qui piuttosto che altrove, né perché questo po’ di tempo che mi è dato da vivere mi sia assegnato in questo momento piuttosto che in un altro di tutta l’eternità che mi ha preceduto e di tutta quella che mi seguirà. Tutto quel che so è che debbo presto morire; ma quel che ignoro di più è, appunto, questa stessa morte, che non posso evitare» (Pensieri, 335). Se abbiamo il mal di gola, diciamo, siamo “costretti” a prendere una decisione: curarci o non curarci. Siamo obbligati a giocare a questo gioco e a “scommettere” sulla medicina prescrittaci dal medico. E non possiamo eludere la questione. Anche rifiutarsi di decidere alla fine costituirebbe una decisione implicita. Oui, mais il faut parier; cela n’est pas volontaire, vous etes embarqué Sì, ma bisogna scommettere. Ciò non è volontario, voi siete imbarcati (Pensieri, 451). È la natura stessa delle cose. Che ci piaccia o no, Pascal ci direbbe, che con la sola ragione non possiamo decidere se Dio ci sia o non ci sia. Perché accusare di irrazionalità chi fa la sua scelta? Ma potremmo non decidere affatto! No, bisogna scegliere, prendere posizione, il condividere la vita umana ci pone tutti sulla stessa barca.

Su cosa allora è più conveniente scommettere? In modo sintetico e qualitativo la proposta di Pascal consiste nell’esaminare gli esiti delle possibili scelte. Se scommettiamo su Dio e perdiamo, comunque sia andata, ci rimettiamo una vita finita. Se invece vinciamo la scommessa, allora abbiamo un infinito da guadagnare.

Ora, una volta che il problema è stato identificato, la sua analisi dal punto di vista logico-matematico può rivelarsi importante. In realtà, quest’ultima considerazione rappresenta in fondo uno degli aspetti più interessanti e stimolanti dell’argomento di Pascal, costituendo un precursore della cosiddetta teoria delle decisioni e della moderna teoria dei giochi. Se p rappresenta la probabilità che Dio esista e V quantifica, diciamo, il premio conseguente, l’utilità della scommessa su Dio è il prodotto p · V. Se ad esempio fosse p = 0,5, ovvero una probabilità del 50%, se il premio V è molto superiore a quello corrispondente alle scelte terrene non avrete difficoltà a fare la vostra scelta ci direbbe Pascal. Certamente, si può criticare giustamente l’opzione paritaria tra le due probabilità sull’ipotesi che Dio esista e l’utilizzo del “principio di indifferenza”. «Ma le stroncature del “pari” che si appoggiano a questo solo rilievo trascurano il fatto che Pascal considera anche l’ipotesi che le probabilità sfavorevoli siano finite, ma più d’una, e addirittura infinite. Ora, Pascal cerca di far vedere che la proposta della scommessa regge anche nell’ipotesi di chances sfavorevoli superiore a una, o addirittura di chances sfavorevoli infinite» (A. Bausola, Introduzione a Pascal, Laterza, Roma-Bari 1997, p. 85). In effetti, in quest’ultimo caso Pascal ritiene ancora favorevole la scommessa su Dio perché, posta la regola aritmetica p · (+∞) = +∞ (come è consueto fare nel considerare la cosiddetta retta reale ampliata) la sua utilità sarebbe infinita sia, diciamo, nello spazio (celeste o terreno che sia) che nel tempo (eternità). Quindi una sorta di ∞2, mentre la scommessa alternativa condurrebbe al più ad un infinito semplice nello spazio (assegnando cioè un valore infinito alle cose terrene) ma non nel tempo (limitato dalla durata della vita terrena stessa). In altre parole, per Pascal la scommessa su Dio produrrebbe comunque un infinito di ordine superiore. Un fenomeno analogo a quanto accade nel calcolare il limite lim x→+∞ (x2 - x) = +∞ come si impara nei primi corsi di analisi matematica. Tutto questo a patto che la probabilità p che Dio esista sia non nulla. Magari estremamente piccola, ma non zero. Poiché in tal caso è ragionevole porre 0 · (+∞) = 0, come si pone in genere in teoria della misura e della probabilità. Ma chi può dire che l’esistenza di Dio abbia probabilità esattamente nulla?

In conclusione, la figura di Pascal qui sommariamente tratteggiata ci restituisce un ritratto emblematico, profondo e provocatorio. In effetti, nel contribuire allo svincolarsi della scienza moderna dalla filosofia, dalla teologia e dal pensiero religioso in generale, da una parte Pascal sostiene una sorta di “separazione” tra due tipi di conoscenza, quella che riguarda più da vicino le problematiche “scientifiche” e la razionalità logica (esprit de geometrie) e quella che coinvolgendo l’intuizione, i sentimenti, il “cuore”, come la fede religiosa, l’etica, l’estetica ecc., richiede un approccio differente (esprit de finesse). Ma dall’altro lato Pascal mostra in modo incisivo e fecondo anche una profonda unità sottostante della conoscenza, della cultura e in generale dell’esperienza umana nella sua totalità. Questi due aspetti “differenti” della conoscenza non soltanto convivono nella stessa persona ma interagiscono tra loro intensamente sostenendosi vicendevolmente. In questo modo, la visione religiosa della vita non è di ostacolo all’attività scientifica, né quest’ultima lo è alla prima. E queste due realtà non sono nemmeno neutrali o indifferenti tra loro, piuttosto offrendosi reciprocamente supporto, motivazioni, ispirazioni. La riscoperta e l’approfondimento della vita e del pensiero di Pascal può svolgere oggi più che mai un ruolo decisivo nel panorama culturale attuale, contribuendo a superare stereotipate contrapposizioni e inutili divisioni per una visione integrata ed equilibrata della conoscenza nella sua completezza.