Sophie Scholl

Noi non taceremo, noi siamo la voce della vostra cattiva coscienza; la Rosa Bianca non vi darà pace.

sophioe-scholl-3.jpg
Sophia Scholl (1921–1943)

Così si conclude uno dei sei volantini diffusi dalla Rosa Bianca, organizzazione segreta impegnata con coraggio nella lotta contro la propaganda del regime nazista. Di questo gruppo, fondato a Monaco di Baviera nel 1941 da un gruppo di studenti universitari, fa parte Sophie Scholl (1921-1943), la cui storia voglio brevemente raccontarti. Sophie è una giovane studentessa, allegra, solare e amante della natura. Il suo sorriso cattura. Decide di studiare biologia e si trasferisce a Monaco di Baviera nel 1942. Insieme a suo fratello Hans è tra i fondatori del gruppo, che riunisce inizialmente giovani come loro, per coinvolgere successivamente alcuni adulti. Una vita apparentemente come tante altre, in un’università frequentata da giovani che condividono con i loro coetanei progetti e speranze: ma una vita destinata ad essere ricordata a lungo, che entrerà nella storia dell’Europa. Sophie darà infatti prova di un grande coraggio, pagando con la vita la fedeltà alla verità e alla propria coscienza.

Sophie viene da una famiglia profondamente religiosa: la madre luterana e il padre cattolico educano i sei figli ai valori della libertà e della solidarietà. Ma l’affermarsi del nazismo incide profondamente anche sull’educazione delle nuove generazioni e Sophie, come tutti i giovani, a dodici anni viene iscritta alla gioventù hitleriana. La contraddizione tra il nazismo e i valori evangelici appresi in famiglia è fortissima e ben presto Sophie si allontana dall’organizzazione hitleriana, entrando in contatto con le idee politiche e filosofiche di alcuni gruppi di opposizione come il movimento giovanile Quickborn (Sorgente di vita) guidato dal sacerdote e teologo Romano Guardini.

Costretta a lavorare prima come insegnante d’asilo e poi a prestare servizio in un corpo ausiliare al servizio del Terzo Reich, Sophie conosce da vicino le ingiustizie e le crudeltà del regime, rispetto al quale matura fin dai tempi della scuola una fiera opposizione. Dalla sua parte ha il padre, anch’egli fortemente critico nei confronti del regime, tanto da essere arrestato e condannato a quattro mesi di reclusione per aver pronunciato in pubblico giudizi negativi su Hitler.

una-bella-scena-di-sophie-scholl-la-rosa-bianca-18538.jpg
Scena tratta dal film La Rosa Bianca diretto da Marc Rothemund (2005)

In quello stesso periodo il fratello Hans, insieme agli amici Willi Graf, Christoph Probst e Alexander Schmorell, studenti di medicina, dà vita al gruppo della Rosa Bianca, con l’obiettivo di scuotere le coscienze degli intellettuali tedeschi mettendo in luce la tragica colpevolezza del nazismo. Il gruppo riesce a coinvolgere anche il professore Kurt Huber, docente di filosofia all’Università di Monaco. L’azione del gruppo si rivolge proprio a quella classe di intellettuali, letterati, filosofi, scienziati, studenti e docenti che dovrebbe incarnare la coscienza civile di una società ma che, davanti al nazismo, si scopre timida e incapace di contrapporre alcuna iniziativa.

Tra il 1942 e il 1943 il gruppo della Rosa Bianca scrive e diffonde sei volantini, curando la diffusione per posta e recapitando a casa di cittadini tedeschi e austriaci i messaggi di accusa al regime. I testi dei volantini non sono semplici proclami ma incitano a una presa di coscienza da parte della popolazione e lasciano trasparire l’influenza filosofica e l’insegnamento etico di autori come Dostoevskij, Schiller, Goethe, Novalis, ma anche Platone, Aristotele, Lao-Tze. Tra tutte le fonti, la più rilevante è la Bibbia: l’ispirazione cristiana dei partecipanti alla Rosa Bianca è infatti l’elemento centrale e più caratteristico. Tutti cristiani ma appartenenti a diverse confessioni: cattolici, protestanti, ortodossi. Differenti ma uniti nel tentativo di rilanciare quegli ideali che avevano fondato la cultura tedesca, al di là delle meschine e deliranti appropriazioni operate dal regime nazista. Pur non essendo riuscito a diventare un gruppo strutturato, privo di collegamenti con altri gruppi di opposizione, la Rosa Bianca offre una testimonianza di resistenza al nazismo che vuole suscitare una riflessione e una presa di posizione da parte di coloro che, secondo i giovani membri del gruppo, hanno il dovere di comprendere e condannare la barbarie.

pic/430x645.jpeg
Busto di Sophie Scholl conservato nel Walhalla, monumento in cui vengono ricordate importanti personalità tedesche (Donaustauf)

Il 18 febbraio 1943 Sophie e Hans stanno distribuendo alcuni volantini all’Università di Monaco. Le lezioni sono ancora in corso e, senza farsi scoprire, lasciano i volantini in punti strategici, là dove gli studenti li potranno trovare. Rimangono alcune copie e Sophie ha un’idea: sale all’ultimo piano e, sporgendosi dalla balaustra, lancia i volantini giù nell’atrio dell’Università. In quel momento gli studenti escono dalle lezioni. Il custode Jakob Schmid coglie in flagrante i due fratelli e li consegna alla polizia. Iniziano quattro giorni di interrogatorio in cui Sophie e Hans mantengono un contegno sorprendente: come avevano stabilito con i compagni, dichiarano alla Gestapo di essere gli unici responsabili della ideazione e diffusione dei volantini. Sophie in particolare si distingue per il coraggio e la determinazione con cui difende il proprio operato. “Sono in tanti a pensare quello che noi abbiamo detto e scritto – afferma durante l’interrogatorio – solo che non osano esprimerlo a parole”. Anche se intorno a lei molti si sono ridotti a sopportare l’ingiustizia e la brutalità del regime, Sophie non può, non vuole trascurare ciò che le dice la coscienza. La profonda convinzione che la anima, la spinge a non indietreggiare davanti al pericolo. Dovendo decidere se seguire la propria convenienza o ciò che la sua coscienza riconosce chiaramente, Sophie non ha esitazioni e va incontro alla pena capitale, che avviene per decapitazione. Nei giorni precedenti all’esecuzione, Sophie e Hans danno prova di un coraggio e di una serenità che colpiscono gli altri prigionieri e perfino i carcerieri, i quali finiscono per solidarizzare con loro e concedono un ultimo incontro con i genitori.

Il 22 febbraio 1943 Hans e Sophie vengono condannati dal Tribunale del popolo e lo stesso giorno vengono giustiziati. Le ultime parole pronunciate da Sophie brillano come un’ultima manifestazione del primato della coscienza:

Come possiamo aspettarci che la giustizia prevalga quando non c'è quasi nessuno disposto a dare se stesso individualmente per una giusta causa? È una giornata di sole così bella, e devo andare, ma che importa la mia morte, se attraverso di noi migliaia di persone sono risvegliate e suscitate all'azione?