Takashi Paolo Nagai

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Takashi Nagai (1908-1951)

A volte una biografia personale si interseca con lo sviluppo di eventi di portata storica, planetaria. È il caso della storia di Takashi Nagai (1908-1951), giovane medico giapponese, che sperimenterà da vicino, come pochi altri, il dramma del dolore e della vulnerabilità umana, insegnandoci quali frutti inaspettati esso può generare nella vita umana.

Chi conosce il dolore e la fragilità della vita umana più dei malati? E, per altri versi, chi può comprendere questa condizione di vulnerabilità più dei medici che si prendono cura dei propri pazienti? La condizione di malato e di medico sono complementari, così come la sofferenza e la cura che essa reclama. Nella vita di Takashi Nagai queste due condizioni si trovano associate in maniera inscindibile: come vedremo, nella sua storia il male incontrato come medico, quello sofferto come malato, e quello sperimentato come protagonista del dramma bellico della prima esplosione atomica, contribuiranno a sviluppare in lui un’acuta coscienza della fragilità umana.

L’incontro con l’esperienza drammatica del dolore causò in Nagai una visione del mondo negativa o angosciosa? Niente affatto, perché la sua esperienza come malato, come medico e come uomo del suo tempo fu costantemente illuminata da una luce particolare… Ma andiamo con ordine.

Nagai si laurea in medicina all’Università di Nagasaki, seguendo le orme paterne, e si forma in un contesto culturale dominato da un riduzionismo di tipo materialista: per comprendere il funzionamento della natura, per conoscere la fisiologia del corpo umano e per progredire nel campo delle applicazioni scientifiche, sembrava inutile ogni riferimento a credenze o visioni del mondo ulteriori rispetto alla mera aderenza ai dati empirici. L’unica fede che uno studente poteva coltivare pareva essere la fiducia nella scienza e nelle risorse dell’umanità. Nagai appartiene a questo mondo accademico ma al tempo stesso non si accontenta di ciò che i suoi insegnanti gli propongono: c’è un’inquietudine che lo spinge a cercare un senso al di là di ciò che si può vedere e toccare. Alcuni eventi scandiscono il suo percorso di ricerca esistenziale: la scomparsa della madre (1930) lo porta a interrogarsi sulla possibilità di una vita oltre la morte, la lettura dei Pensieri di Pascal, in quello stesso periodo, accompagna le sue meditazioni.

Nel 1931 decide di approfondire la conoscenza della fede cristiana, quella stessa fede che lo scienziato e filosofo Pascal, che egli ammirava, non vedeva come ostacolo per la ragione ma piuttosto aveva rappresentato per lui un’occasione di arricchimento intellettuale. Nagasaki, già a partire dal XVI secolo, è una delle città giapponesi con il maggior numero di cattolici. Nagai cerca una famiglia che possa ospitarlo e all’interno della quale entrare in contatto diretto con il cristianesimo vissuto. La famiglia Moriyama lo accoglie. La notte di Natale del 1932 Nagai partecipa alla Messa di Mezzanotte e resta colpito dalla fede vissuta dei cattolici giapponesi, riuniti nella Cattedrale di Nagasaki. I Moriyama lo accompagnano in un percorso di fede che porterà Takashi a ricevere il battesimo nel 1934, prendendo il nome cristiano di Paolo. Fra Paolo e Midori, la figlia dei Moriyama nasce un legame sentimentale che sfocia ben presto nel loro matrimonio. Ambedue si impegnano nel sociale e nelle opere di solidarietà, Midori come presidentessa delle donne del quartiere di Urakami e Paolo come membro della Conferenza di san Vincenzo de’ Paoli. Dal loro matrimonio nasceranno quattro figli. Nagai legge e apprezza le opere del beato Federico Ozanam, docente di storia e di diritto alla Sorbona di Parigi e fondatore dell’opera di san Vincenzo, restandone fortemente impressionato.

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Bomba atomica su Nagasaki (9 agosto 1945)

Nel frattempo Nagai si è specializzato nel campo, allora nascente, della radiologia e conduce importanti e pionieristiche ricerche sui raggi X. Durante la guerra cino-giapponese e poi nel corso della Seconda guerra mondiale egli assiste i feriti e lavora senza sosta come radiologo, esponendosi alle radiazioni in continuazione. L’abnegazione con cui si prende cura dei malati mette però a repentaglio la sua stessa salute. Nel 1945 gli viene diagnosticata una leucemia incurabile. La diagnosi non arresterà i suoi sforzi a favore dei malati, a cui sente di dover prestare soccorso. Sarà questo un anno cruciale per Takashi Paolo, in quanto la sua biografia personale si interseca adesso con eventi di portata mondiale. Il 9 agosto 1945, 3 giorni dopo l’esplosione della prima bomba atomica nel cielo di Hiroshima, un secondo ordigno nucleare verrà sganciato su Nagasaki, decretando, sebbene in modo drammatico, la fine del conflitto mondiale. La bomba atomica colpisce in modo particolare il quartiere cattolico Urakami, a nord di Nagasaki, uccidendo 8000 cristiani su un numero totale stimato tra le 35000 e le 70000 vittime. Su una popolazione di 240000 persone, la comunità cattolica conta circa 12000 fedeli, il cui centro spirituale è proprio la cattedrale che viene rasa al suolo dall’esplosione atomica. Anche la famiglia di Nagai viene colpita duramente: l’esplosione distrugge la casa della famiglia, dove si trovava Midori, la moglie di Nagai, mentre i figli erano al sicuro con la nonna lontano dalla città. Nagai, sul campo, costituisce insieme ai colleghi un’unità medica d’emergenza e presta le prime cure ai suoi concittadini. L’11 agosto, quando le condizioni lo consentono, pur con molti rischi, Nagai torna sul luogo dove sorgeva la sua casa e vi trova i resti carbonizzati della moglie. Midori stringe ancora in mano il suo rosario. Queste le parole del marito, tra le lacrime: «Dio mio, ti ringrazio di averle permesso di morire pregando. Maria, madre del dolore, ti ringrazio di averla accompagnata nell'ora della morte».

Poche settimane dopo, nel settembre del 1945, la malattia di Nagai si aggrava e il medico giapponese entra più volte in coma. Il mese successivo avviene però qualcosa di inspiegabile: Takashi Paolo guarisce e la malattia pare debellata. Egli attribuisce la guarigione all’intercessione di Massimiliano Kolbe, religioso morto poco prima nel campo di concentramento Auschwitz, che Paolo aveva conosciuto qualche anno prima e che aveva fondato un convento proprio a Nagasaki. Kolbe aveva offerto la propria vita al posto di altri compagni: sarà proclamato santo da Giovanni Paolo II nel 1982. Ma questa è un’altra storia…

Nagai sceglie di trascorrere gli ultimi anni di vita insieme a due suoi figli in una modesta abitazione, quasi una sorta di eremo costruito con i resti della sua vecchia casa, distrutta dalla bomba nucleare. Chiama questo luogo Nyoko-dō, che significa “amate gli altri come voi stessi”. Le sue giornate sono segnate da una profonda vita spirituale e dalla preghiera. Così sarà fino alla morte, che sopraggiungerà il 1° maggio del 1951. Negli ultimi anni della sua vita, Takashi Paolo riceve continue visite da parte di persone che cercano consiglio e conforto. Nagai non si nega e, nonostante la malattia, sente di dover condividere con gli altri la ricchezza che gli proviene dalla fede. Per questo motivo inizia a scrivere e pubblica in quattro anni quindici volumi che rappresenteranno un contributo essenziale all’evangelizzazione del Giappone. La riflessione sulla bomba atomica, sulla guerra e sul ruolo della fede cristiana nel conseguimento della pace sono temi costanti dei suoi scritti. Un episodio emblematico è quello che avviene il 23 novembre 1945, durante una s. Messa celebrata davanti alle rovine della Cattedrale di Nagasaki, per i giapponesi morti durante l’esplosione nucleare. Paolo prende la parola e tiene un discorso commovente ai presenti, paragonando le vittime della bomba a una misteriosa offerta consacrata per ottenere la pace. Egli è persuaso che siano stati i cristiani di Nagasaki a pagare questo prezzo, per unire le loro vite al sacrifico dei Gesù Cristo. È questo sacrificio, sebbene in modo drammatico, ad aver causato la fine della guerra. L’anno successivo alla sua morte, la sua povera casa diventerà un museo, il Nagasaki City Nagai Takashi Memorial Museum, ancora oggi uno fra i più frequentati luoghi nei quali si fa memoria della tragedia della Seconda guerra mondiale.

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Rovine della Cattedrale di Nagasaki

Un anno dopo l’esplosione della bomba atomica, Takashi Paolo pubblica il libro intitolato Le campane di Nagasaki, che si rivelerà un best seller, da quale sarà poi tratto un film. Nelle pagine di questo libro egli si chiede:

l'umanità sarà felice nell'era atomica, oppure misera? Di quest'arma a doppio taglio nascosta da Dio nell'universo ed ora scoperta dall'uomo, che farne? Un buon uso farebbe progredire a grandi passi la civiltà; un cattivo uso distruggerebbe il mondo. La decisione sta nel libero volere dell'uomo. Egli tiene in mano il proprio destino. Pensandoci, ci si sente assaliti dal terrore e, per conto mio, credo che un vero spirito religioso sia l'unica garanzia in questo campo... In ginocchio nella cenere del deserto atomico, preghiamo perché Urakami sia l'ultima vittima della bomba. La campana suona... O Maria concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te.

Nella storia di Takashi Paolo, sorprendentemente, non c’è nessuna amarezza, nessuna angoscia: l’acuta consapevolezza del dolore e della fragilità che caratterizzano la vita umana vengono accolte con pace, con abbandono, anzi con una fiducia totale in Dio, nonostante tutto. Il dolore degli altri viene condiviso e colto come occasione per donare la propria vita attraverso la cura e la vicinanza. Takashi Paolo Nagai ci lascia un insegnamento: il dolore ci interroga e, per non diventare insopportabile, reclama un senso. La cura per i sofferenti fa del dolore che incontriamo un’occasione d’amore, così come la propria fragilità, se accettata nell’umiltà, porta molto frutto.