Adriano Olivetti: una visione umanistica della tecnologia

Adriano Olivetti è una figura poliedrica e complessa nel panorama degli imprenditori e intellettuali italiani dei primi sessanta anni del Novecento. Uomo di cultura, scrittore, editore, urbanista, imprenditore a capo di una delle più influenti industrie italiane, nasce l’11 aprile 1901 nelle vicinanze di Ivrea. Il padre Camillo, fondatore della azienda Olivetti, una fabbrica per la produzione di macchine da scrivere, era ebreo e la madre valdese. Adriano non riceve alcuna educazione religiosa e nel 1950, dieci anni prima della sua morte avvenuta il 27 febbraio 1960, si battezza con rito cattolico. Ancora adolescente, nel 1914, viene spinto dal padre a svolgere un tirocinio nell’officina della fabbrica di famiglia per comprendere le dinamiche interne di lavoro e le modalità di funzionamento dell’azienda, stando a stretto contatto con operai e tecnici. Riservato e timido, si laurea ingegnere chimico e, sempre per volontà del padre, si reca tra il 1924 e il 1925 negli Stati Uniti per un semestre di ricerche e visite nelle industrie più avanzate e successivamente un anno a Londra. I viaggi e gli studi di questi anni formano la mente e il pensiero di Adriano che nel 1932 diventa direttore generale della Olivetti. Risalgono a questo periodo i primi progetti, le prime iniziative per trasformare un’affermata industria italiana in un’azienda leader mondiale nella produzione di macchine da scrivere. Olivetti, in questo processo di riforma, si dimostra un imprenditore abile nell’armonizzare tecnologia, innovazione e cura del design, con una spiccata e peculiare sensibilità nei confronti degli aspetti sociali del lavoro.

Dal 1932 al 1960 Olivetti costruisce non solo una solida azienda ma anche un ideale di vita sociale, di lavoro, di imprenditoria, di “cultura aziendale” inedito nel panorama italiano. L’aspetto sicuramente più innovativo del suo pensiero è la considerazione della cultura come un elemento sostanziale del fare impresa, in grado di accompagnare e fondare lo stesso agire industriale. L’azione di Olivetti è caratterizzata infatti dalla precisa volontà di armonizzare funzionalità e bellezza, tecnica e cultura, valori spirituali e valori materiali. Questa sinergia tra cultura e tecnica viene attuata nell’industria Olivetti fin dagli anni Quaranta del XX secolo, attraverso la collaborazione con letterati, intellettuali, artisti, visti come componente essenziale dello sviluppo aziendale, basato sulla regola del “principio delle terne” ovvero l’assunzione in azienda di una persona di formazione economico-legale e una persona di formazione umanistica accanto ad ogni nuovo tecnico o ingegnere. Lo stesso Olivetti si fa promotore di molte riviste riguardanti vari settori della cultura come l’arte, l’architettura, l’urbanistica, la filosofia. Si ricordano, per importanza, seleArte, L’Espresso, Rivista di Filosofia (affidata poi alla guida di Norberto Bobbio), Urbanistica, Metron Architettura, Tecnica ed Organizzazione, Sapere. La maggior parte è diretta dallo stesso Olivetti o comunque influenzata dal suo pensiero. In particolare nel 1946 viene formalizzato l’atto di nascita delle Edizioni di Comunità, una casa editrice fondata e guidata da Olivetti subentrata alle Nuove Edizioni Ivrea. La nascita di questa casa editrice coincide con i nuovi interessi culturali di Olivetti: accanto ai temi umanistici e scientifici, troviamo quelli politico-sociali. Edizioni di Comunità pubblicherà le traduzioni di opere di illustri autori, in Italia fino ad allora poco conosciuti, ma che influenzano profondamente il pensiero politico e filosofico di Olivetti, come ad esempio Søren Kierkegaard, Simone Weil, Carl Gustav Jung, Emmanuel Mounier, Jacques Maritain, Henry Bergson, solo per citarne alcuni. La nuova casa editrice costituisce un’iniziativa personale di Olivetti (che pubblica in Edizioni di comunità i suoi scritti) e intreccia idealmente gli aspetti culturali con le vicende che guidano lo sviluppo dell’azienda. Il pensiero e l’azione di Olivetti si concentrano su due aspetti in particolare che si influenzano a vicenda: l’attenzione alla relazione tra progresso tecnico ed elaborazione estetica, e agli aspetti sociali ed etici del lavoro. La creazione di una biblioteca aziendale, di un Ufficio Pubblicità, di giornali aziendali, mostra lo “stile Olivetti” in cui la progettazione grafica delle campagne pubblicitarie delle nuove creazioni e dei nuovi prodotti di fabbrica diventa un momento importante nella gestione della comunicazione a tutti i livelli della società. Designer, artisti, intellettuali come Leonardo Sinisgalli, Franco Fortini, Giovanni Giudici, Giorgio Soavi, Marcello Nizzoli, Giovanni Pintori o Ettore Sottsass, sono chiamati da Olivetti a collaborare affinché la condizione estetica dei prodotti e del loro lancio pubblicitario possa diventare “qualitativa” e quindi non solo strumento di persuasione ma “premessa di sviluppo per la vita morale”. La bellezza e il piacere estetico diventano condizione necessaria per lo sviluppo integrale della persona, in sintonia con l’ideale di “fabbrica felice” che Olivetti persegue dopo la sua esperienza negli Stati Uniti. Il suo impegno politico e sociale è contrassegnato dalla volontà di agire nella società creando le condizioni affinché il senso dello spirituale possa manifestarsi “come carattere incontestabilmente umano”. Olivetti possiede un ideale di lavoro, di persona e di società che si avvicina molto ai principi della dottrina sociale della Chiesa cattolica, a cui si accosta definitivamente nel 1950 con il battesimo ma la cui visione condivide durante tutto il suo operare. Molti sono i punti di contatto tra gli ideali cattolici e quelli olivettiani: la costruzione di una comunità che possa favorire la crescita integrale della persona; il concetto di lavoro come agire materiale e spirituale dell’essere umano, sempre prioritario rispetto al mero capitale ed espressione della dignità umana; la ricerca di una “dimensione umana” dei luoghi di lavoro dove i valori evangelici di amore, giustizia, tolleranza, bellezza e verità possano diventare strumento di sviluppo materiale e spirituale; l’attenzione al “valore sociale” dell’industria anche in vista di uno sviluppo culturale e morale dei propri dipendenti favorendo lo sviluppo della propria vocazione e le proprie capacità; il raggiungimento del profitto attraverso la costruzione di una comunità e di una dimensione etica; la profonda penetrazione dello spirito cristiano in tutti i rapporti sociali e lavorativi; la costruzione del benessere generale attraverso un giusto equilibrio tra capitale e lavoro. La morte improvvisa di Adriano Olivetti ha interrotto molti  dei suoi progetti ma l’eredità spirituale è ancora viva, in parte da riscoprire e da attualizzare.

Per l'utilizzo del filmato si ringrazia Zammù Tv, Università di Catania.