Gran Torino

(Usa/Australia 2008, col, 116') di e con Clint Eastwood, B. Vang, A. Her, C. Carley, B. Haley, G. Hughes, D. Walker, B. Howe, J.C. Lynch, W. Hill, D. Moua.

Detroit. Rimasto vedovo, l'operaio in pensione Walt Kowalski (Eastwood) fatica ad avere rapporti con le famiglie dei suoi figli (Haley e Howe) e si sente accerchiato dagli immigrati Hmong che abitano nel suo quartiere. L'incontro col timido Thao (Vang), che come rito d'iniziazione ha cercato di rubargli la Ford Gran Torino del '72 che tiene in garage, e con sua sorella Sue (Her) scalfiscono la ruvidezza di Kowalski, che comincerà a "insegnare la vita" al ragazzo e a imparare dalla ragazza a rispettare gli immigrati. Ma la banda di giovinastri del quartiere vuole dimostrare la sua forza nei confronti dei due giovani. [...]

(Da Il Mereghetti. Dizionario dei film 2011, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2010)

La violenza genera violenza e lascia ferite che fanno fatica a rimarginarsi. Lo sa bene Walt Kowalski, operaio in pensione e veterano della guerra in Corea. La sopraffazione del più debole è la legge del mondo in cui si ritrova a vivere, ormai anziano e vedovo, quasi del tutto solo. La situazione di degrado e di violenza presente nel quartiere dove si svolge la vicenda si riflette nel linguaggio crudo utilizzato da tutti i personaggi e nelle circostanze che portano Thao e sua sorella Sue a finire nel mirino di una gang di quartiere. Il linguaggio impiegato da alcuni dei protagonisti e le circostanze di violenza presenti nella trama del film ne hanno indicato la visione, nelle sale, ai maggiori di 14 anni. Il film diretto da Clint Eastwood ci mostra contesti sociali in cui pare che la legge non sia in grado di penetrare e regolare le azioni fra gli esseri umani, lasciando che la vita si svolga sotto il ricatto di chi è sufficientemente forte per imporre il proprio volere. Dopo l’episodio del tentativo di furto della Ford Gran Torino, automobile che incarna quanto di più prezioso Kowalski sembri possedere, Thao tenta di rimediare dando una mano a Walt, che da parte sua impara a conoscere la comunità asiatica inizialmente accolta con sospetto. L’atteggiamento duro e sprezzante di Walt cede progressivamente spazio a sentimenti di simpatia e di accoglienza dell’altro, nonostante le differenze di etnia, di età e di cultura. Ben presto Walt inizia a offrire la propria protezione ai due fratelli. Con i suoi modi rudi, impugnando il fucile, l’anziano risponde alle minacce con le minacce, secondo uno schema ove ciascuno sembra doversi fare giustizia da sé. Ma in un simile confronto, a ogni passo la violenza aumenta: ai pugni di Walt seguono i proiettili della gang. La spirale di odio non si fermerà se non con un atto capace di interrompere la catena della vendetta. In questa corrispondenza tra ingiustizie fatte e subite, inarrestabile e destinata a portare soltanto dolore, pare che la giustizia istituzionale – nel film rappresentata dall’intervento della polizia – non riesca a ottenere alcuna soluzione. Walt decide allora di pagare di persona, sacrificandosi per i propri amici, affinché la giustizia, adesso intesa in modo più alto, possa fare finalmente il suo corso. Nella scena finale, dal sapore "cristologico", il dono di sé diventa un modo straordinario di “fare giustizia”, offrendo la propria vita per realizzare il bene dell’altro.