(Italia 1997, col, 120’) di e con Roberto Benigni, G. Cantarini, N. Braschi, G. Durano, S. Bustric, M. Paredes, H. Buchholz, G. Lojodice, A. Fontani, R. Lebboroni, A. Nardi, G. Rovere, L. Alfonsi.
Nell’Italia del 1939 il regime fascista ha da poco varato le leggi razziali e sono iniziate le prime discriminazioni. Guido, di origine ebraica, giunge ad Arezzo e si innamora della maestra elementare Dora, già promessa sposa al burocrate fascista Rodolfo. Diversi ostacoli e peripezie non possono ostacolare il loro amore: i due si sposano e nasce il piccolo Giosuè. Pochi anni più tardi, nel 1944, padre e figlio vengono catturati dai nazisti; la madre riesce a raggiungerli alla stazione ferroviaria e chiede di poter salire anche lei sul treno che li porta in un campo di concentramento tedesco. Padre e figlio vengono separati dalla madre; Guido trova il modo di proteggere il figlio dall’orrore del lager inscenando un fantasioso gioco a premi, cercando di trasformare la tragica esperienza del campo in un’avventura. Tra i molti premi, il film ha ricevuto tre Oscar (miglior film straniero, miglior attore protagonista, migliore musica al compositore Nicola Piovani).
Fin dall’inizio, l’amore tra Guido e Dora pare contrastato dalle vicende, storiche e biografiche, che coinvolgono i due personaggi. Ma la capacità di vedere e riconoscere la bellezza dell’altro spinge i due a superare tutte le difficoltà. Il desiderio d’amore è l’intuizione profonda di un futuro insieme, bene inestimabile per il quale vale la pena rischiare. Questa intuizione è capace di trasfigurare le difficoltà che incontrano e di mostrare il lato ironico e leggero della vita. Anche se il mondo intorno sembra dominato dall’ottusità e da rigide convenzioni, i due innamorati hanno il coraggio di sfidare le aspettative che la società ha nei loro confronti e di seguire la strada che li conduce a formare una famiglia, rallegrata dalla nascita del figlio Giosuè. Quando la discriminazione degli ebrei diventa una vera e propria persecuzione, Guido e Giosuè vengono catturati insieme allo zio Eliseo e vengono fatti salire dai soldati nazisti sul treno che li condurrà nel lager. Dora riesce a raggiungerli alla stazione: “Voglio salire su quel treno”, chiede e anzi comanda al soldato, che stupito da una simile richiesta la fa entrare nel vagone. Anche in una situazione estrema come quella della deportazione, l’amore non si arresta davanti al pericolo e, pure quando non è nelle condizioni di cambiare le condizioni esterne, non esita a manifestarsi come desiderio di condividere la vita e il destino dell’altro (il termine con-sorte indica proprio questa condivisione di un destino comune). Così come Dora trova il modo di farsi vicina al marito e al figlio, così Guido si ingegna per trovare un modo di comunicare con la moglie all’interno del campo. In una delle scene più coinvolgenti del film, dopo essere riuscito a incrociarla solo per un breve momento all’arrivo nel lager, Guido riesce a raggiungere il microfono del campo di concentramento e a far arrivare alla moglie il suo saluto, “buongiorno Principessa!”, insieme alle parole d’amore che era solito rivolgerle quando si trovavano a casa. Superare le difficoltà, realizzare un progetto comune, condividere il destino dell’altro: amare è anche dare se stessi e farsi carico della sofferenza dell’altro portandone il peso. Fa così Guido quando inscena per il figlio il gioco a punti (con in palio un carro armato!) e prova a trasformare la tragedia del lager in una commedia a misura di bambino. Neanche davanti all’orrore, l’amore viene meno: c’è sempre la possibilità di sopportare l’avversità affinché chi sta intorno possa vivere una vita migliore. Ricorda Benigni che a un certo punto, insieme al co-sceneggiatore Vincenzo Cerami, decisero che il titolo, ancora provvisorio, avrebbe dovuto trasmettere l’idea che, al di là della tragedia della Shoah, la vita è bella. Pochi giorni prima di iniziare le riprese, Benigni rilesse Se questo è un uomo di Primo Levi e rimase colpito dalle parole: “Io pensavo che la vita fuori era bella, e sarebbe ancora stata bella, e sarebbe stato veramente un peccato lasciarsi sommergere adesso”. L’amore è capace di cogliere questa bellezza e di ristabilirla, di ricrearla e di donarla all’altro, laddove essa sia messa in pericolo.