(Radegund, USA, Germania 2019, col, 173’) regia di Terrence Malick, con A. Diehl, V. Pachner, M. Schoenaerts, M. Nyqvist, B. Ganz.
Il film racconta la vicenda di Franz Jägerstätter, contadino austriaco che rifiutò di prestare giuramento al nazismo. La seconda guerra mondiale turba la pace delle montagne austriache, dove Franz vive con la moglie Fanni e le loro tre figlie. Dopo un primo periodo di addestramento militare, rendendosi conto del profondo contrasto tra la propria fede cattolica e la violenza del regime nazista, Franz cerca di sottrarsi all’arruolamento. Avversato dai suoi compaesani di Sankt Radegund, non compreso dall’anziana madre e scoraggiato perfino dalle autorità ecclesiastiche, Franz insiste nella propria convinzione e viene infine incarcerato. Davanti al costante rifiuto di prestare giuramento al Terzo Reich, il regime lo condanna a morte.
La storia vera di Franz Jägerstätter, giustiziato nel 1943 da un regime al quale la sua coscienza non accettò mai di piegarsi. Seguire la propria coscienza è sempre difficile, talvolta molto faticoso ma in alcuni casi è decisamente eroico. Nella vita del contadino Franz, ritratto dal regista Malick nel suo intenso contesto naturale, il tempo della vita rurale scorre sereno, scandito dai momenti del lavoro, della vita familiare, della preghiera. Sarà proprio la fedeltà di Franz alla propria coscienza a mostrargli l’incompatibilità tra la fede cristiana, vissuta con semplicità ma con determinazione, e l’ideologia nazista. Le montagne e le valli austriache da un lato, nella loro maestosa bellezza, e i primissimi piani sui volti di Franz e di Fanni suggeriscono come l’“unità di misura” della coscienza possa essere trascendente e allo stesso tempo personale, ma mai banalmente schiacciata sulla contingenza dei fatti o sulle circostanze storiche, rispetto alle quali l’essere umano è chiamato a prendere posizione in maniera attiva, senza rassegnarsi al male che si trova attorno a lui. Mano a mano che la vicenda si sviluppa, si intravede la tragica fine cui il protagonista potrebbe scampare rinnegando se stesso e i propri ideali: ma più ancora che la propria incolumità, al centro delle preoccupazioni di Franz vi è il destino della propria famiglia. Il sacrificio verso cui si incammina viene giudicato dai compaesani come un atto insensato, di irresponsabilità verso la moglie e le figlie; addirittura i suoi carcerieri e le autorità naziste gli suggeriranno a più riprese di fare un passo indietro, giurando fedeltà al regime e salvando la propria vita. Una vita nascosta, come recita il titolo: l’atto di resistenza di un uomo umile, la cui vicenda – ripetono da più parti le persone che incontra sul sentiero che lo porta al patibolo – rimarrà sconosciuta al mondo. “A che cosa servirà questa ribellione? Nessuno lo verrà a sapere”, “Non puoi cambiare il mondo”, o ancora “Sono solo parole, nessuno prende sul serio queste cose”: questi gli argomenti per indurre Franz a cambiare idea e a cedere. Ma la fedeltà al bene, che la sua coscienza riconosce con certezza, fa sì che Franz offra un’estrema testimonianza di coerenza: per questo verrà beatificato da Benedetto XVI nel 2007.