(Gran Bretagna 2013, col, 152’) regia Tom Hooper, con A. Seyfried, H. Jackman, A. Hathaway, R. Crowe, H. Bonham Carter, musiche di Claude-Michel Schönberg.
Francia, 1815. Il prigioniero Jean Valjean viene rilasciato dalla guardia carceraria Javert dopo aver scontato diciannove anni di pena. Emarginato e rifiutato da tutti, Valjean viene salvato dall’incontro con il Vescovo Myriel, che gli consente di cominciare una nuova vita. Otto anni dopo, diventato sindaco di Montreuil e proprietario di una fabbrica, la sua strada si incrocia nuovamente con Javert, che cerca di arrestarlo. Valjean e la figlia adottiva Cosette fuggono dall’inseguitore e, nella cornice storica dell’insurrezione repubblicana del 1832, si uniscono ai rivoluzionari. Amore, perdono, sacrificio e redenzione si intrecciano nel destino dei personaggi del musical, tratto dall’omonimo romanzo di Victor Hugo.
Come si manifesta l’incontro con Dio? In che modo l’Invisibile si mostra nella vita di un essere umano? La storia di caduta e riscatto di Jean Valjean, il protagonista de I miserabili di Victor Hugo, illustra splendidamente come Dio si faccia presente negli incontri che possiamo fare tutti noi, nessuno escluso. Non conta quanto ognuno possa essere caduto in basso: ladro, carcerato, emarginato, Valjean viene accolto e aiutato dal Vescovo Myriel. Egli finisce addirittura per tradire la fiducia del sacerdote, il quale non esita tuttavia a mentire alle autorità per salvargli la vita. “C’è un disegno divino in tutto questo”, afferma Myriel, “Dio vi ha fatto risorgere dall’oscurità, ho salvato la vostra anima in nome di Dio”. Questa fiducia, questa accoglienza calorosa, insieme al perdono per gli errori commessi, che cosa generano? Una vita rinnovata, capace di generare a sua volta fiducia, cura per l’altro e perdono. Jean Valjean intraprende dunque una nuova vita, sotto falso nome, e arriva a essere pienamente reintegrato nella società fino a quando, per caso, il suo percorso torna a incrociarsi con Javert, la guardia carceraria che aveva eseguito l’ordine del suo rilascio. Ormai all’apice della carriera, l’ispettore Javert riconosce Valjean e consacra tutte le sue energie a smascherare e arrestare l’uomo, che nel frattempo ha cambiato la propria condotta dando prova di grandi qualità umane. L’accanimento di Javert, che si protrarrà per molti anni, non suscita in Valjean sentimenti di vendetta né lo fa desistere dal compiere atti d’amore, come prendersi cura della piccola Cosette, accogliendola come una figlia. Durante l’insurrezione repubblicana a Parigi nel 1832, Valjean si unisce ai rivoluzionari e ha l’occasione di liberarsi definitivamente del suo persecutore, riconosciuto dagli insorti come spia e come tale condannato a morte. Ma, posto di fronte all’occasione di vendicarsi del suo nemico, Valjean sceglie il perdono. “Chi ruba una volta, ruba per sempre”, lo provoca Javert; “ti sbagli e ti sei sempre sbagliato”, risponde Valjean, che ricevendo il perdono ha imparato a perdonare. Se è vero che gli errori del passato talvolta sembrano inchiodarci alle nostre responsabilità, ancorandoci alle nostre debolezze, l’amore ricevuto ci libera, ci rimette in piedi e ci permette di intraprendere strade nuove. Javert incarna una concezione austera e legalistica del bene e della giustizia (“La mia è la via del Signore, coloro che percorrono il sentiero dei giusti saranno ricompensati”, dice Javert in una scena di grande potenza drammatica), mentre la trasformazione di Valjean mostra il volto misericordioso della potenza di Dio, capace di trasformare profondamente, e insieme dolcemente, l’umanità, conducendola al suo fine. Nell’ultima scena del film, in cui il Vescovo Myriel accoglie finalmente Valjean in paradiso, tutte le aspirazioni umane, i desideri profonde, le gioie e i dolori, ma anche gli errori e le cadute, appaiono trasfigurati in una luce nuova, mostrando il compimento vero e profondo cui tendono le vicende della Storia.