Da dove trae origine la nozione di “dio” (in greco theós)? Nei due brani riportati qui di seguito – rispettivamente un frammento di Sesto Empirico (II-III secolo d.C.) relativo al De philosophia di Aristotele e un passo dell’apologia Ad Autolico di Teofilo di Antiochia (II secolo d.C.) – l’idea di divinità viene accostata all’ordine e al movimento della volta celeste. Per Aristotele, scrive Sesto Empirico, l’origine della nozione di dio è duplice, derivando «da ciò che accade nell’anima e dai fenomeni celesti». Il legame tra la divinità e il movimento regolare dei pianeti sarebbe testimoniato, secondo Teofilo, anche da un punto di vista etimologico: «È chiamato Dio (Theós) perché ha fondato tutte le cose sulla propria stabilità e per il (significato di) théein […] correre, essere in movimento, essere attivo».
Aristotele dice che la nozione degli dei ha negli uomini una duplice origine, da ciò che accade nell’anima e dai fenomeni celesti. Più precisamente, da ciò che accade nell’anima in virtù dell’ispirazione e del potere profetico, propri di essa, che si producono nel sonno. Quando, infatti, egli dice, nel sonno l’anima si raccoglie in se stessa, allora essa, assumendo la sua vera e propria natura, profetizza e presagisce il futuro. Tale essa è anche allorché, nel momento della morte, si separa dal corpo. E quindi approva il poeta Omero per aver osservato questo: rappresentò infatti Patroclo che, nel momento di essere ucciso, presagì l’uccisione di Ettore, e Ettore che presagì la fine di Achille. Da fatti di questo genere, egli dice, gli uomini sospettarono che esistesse qualcosa di divino, che è in sé simile all’anima e più di tutte le altre cose è oggetto di scienza. Ma questa convinzione è nata anche dai fenomeni celesti: vedendo infatti di giorno il sole compiere il suo corso, e di notte l’ordinato movimento degli altri astri, ritenevano che un qualche dio fosse causa di tale movimento e ordine. In tal modo dunque dice Aristotele.
Egli è senza principio poiché non è stato generato; è immutabile poiché è immortale. È chiamato Dio (Theós) perché ha fondato tutte le cose sulla propria stabilità e per il (significato di) théein. Théein significa correre, essere in movimento, essere attivo, nutrire, provvedere, governare e dare la vita a tutte le cose.
È Signore perché egli stesso è prima di tutte le cose; demiurgo e creatore perché egli stesso ha creato e fatto ogni cosa; altissimo perché egli stesso è al di sopra di tutto; onnipotente perché egli stesso domina ogni cosa e la contiene. La sommità dei cieli e la profondità degli abissi e gli estremi confini dell’universo sono nelle sue mani e non esiste luogo dove egli riposi. I cieli sono sua opera, la terra è sua creazione, il mare è sua fattura; l’uomo è sua forma e sua immagine; il sole, la luna e le stelle sono suoi elementi, creati per (dare) segni, tempi stabiliti, giorni, anni; per aiutare e servire gli uomini.
E Dio creò ogni cosa dal nulla affinché attraverso le opere si conosca e si comprenda la sua grandezza.
Sesto Empirico, Adversus mathematicos, IX, 20-23, riportato fra i frammenti su Aristotele in Aristotele, Opere, Laterza, Roma-Bari 1988, vol. XI, p. 208.
Teofilo di Antiochia, Ad Autolico, I, 1-3, in Gli apologeti greci, Laterza, Roma-Bari 2000, pp. 376-377.