Stampato inizialmente come documento di promozione dell’opera – una sorta di lancio pubblicitario ante litteram – e poi pubblicato in calce al Discorso Preliminare di d’Alembert, il Prospectus di Diderot illustra la genesi e i criteri che hanno guidato l’impresa dell’Encyclopédie. Il testo offre una presentazione del piano generale dell’opera e mostra i principi in base ai quali gli enciclopedisti hanno ordinato le diverse materie. La ripartizione delle conoscenze nasce da una riflessione sulle facoltà umane: “la storia ci proviene dalla memoria; la filosofia dalla ragione; e la poesia dall'immaginazione”, scrive Diderot, delineando l’immagine dell’albero della conoscenza, vero e proprio albero genealogico del sapere. In questo schema arboreo trovano spazio tanto le scienze quanto le arti liberali e le arti meccaniche: è in questo modo che artigianato, attività manuali e sapere pratico vengono inclusi nel campo di ciò che merita di essere tramandato. Il brano che qui proponiamo si conclude con una riflessione circa il valore storico dell’ideale enciclopedico: ciò che emerge con forza è l’idea che il sapere non sia una impresa individuale o limitata a un’epoca storica ma che costituisca un patrimonio che si arricchisce di generazione in generazione.
L’opera che annunciamo non è più un’opera da fare. Il manoscritto e i disegni sono completati. Possiamo garantire che non conterà meno di otto volumi e seicento tavole, e che i volumi si succederanno senza interruzione.
Dopo avere informato il pubblico dello stato attuale dell'Encyclopédie, e della diligenza che porremonel pubblicarla, è dover nostro riferire sulla natura di quest’opera e sui mezzi che abbiamo adottato per redigerla. È quanto ci disponiamo a esporre con la minore ostentazione possibile. Si può solo essere d'accordo sul fatto che, dal rinnovamento delle nostre lettere, è ai dizionari che dobbiamo parte dei lumi che si sono diffusi nella società e anche quel germe di scienza che impercettibilmente predispone gli spiriti a più profonde conoscenze. Quanto dunque può essere importante disporre di un tal genere di libro che si possa consultare su ogni materia, e che serva sia a guidare coloro che avranno il coraggio di adoperarsi per l’istruzione altrui, sia a illuminare chi si istruisce per conto proprio!È un obiettivo che ci siamo prefissati, ma non il solo. Rapportando alla struttura del dizionario tutto ciò che concerne scienze e arti, si tratta altresì di rendere palese l'aiuto che a vicenda esse si porgono; di approfittare di tale aiuto così da rendere più saldi i princìpi e più palesi le loro conseguenze; d’indicare i legami lontani o vicini degli esseri che costituiscono la Natura e che hanno coinvolto gli uomini; di mostrare, grazie all’intreccio di radici e ramificazioni, l’impossibilità di ben conoscere una qualsiasi parte dell'intero senza risalire o ridiscendere a molte altre; di comporre un quadro generale degli sforzi dello spirito umano in ogni ambito e in ogni secolo; di esporre tali argomenti con chiarezza; di conferire a ciascuno di essi la giusta estensione, e con i risultati confermare, laddove possibile, il motto che ci siamo attribuiti: Tantum series Juncturaque pollet, Tantum de medio sumptis accedit honoris! (Orazio, Ars poetica v. 249).
Nessuno sinora aveva concepito un’opera tanto vasta, o quanto meno nessuno l’aveva attuata. Leibnitz, tra tutti i dotti il più capace di coglierne le difficoltà, auspicava che si potessero superare. Ciò nonostante di Enciclopedie già ce n'erano, né Leibnitz l'ignorava quando ne chiedeva una. Tali opere comparvero in gran parte prima dello scorso secolo, né furono del tutto disprezzate. Si riscontrò che pur non segnalandosi per genialità, evidenziavano quanto meno impegno e conoscenze. Ma ormai per noi cosa sono queste Enciclopedie? Quali progressi non hanno in seguito compiuto scienze e arti? Quante verità oggi scoperte allora neppure si intravedevano? La vera filosofia era in fasce; la geometria dell'infinito ancora non esisteva; la fisica sperimentale faceva appena capolino, né c'era dialettica; le regole della sana critica venivano del tutto ignorate. Descartes, Boyle, Huyghens, Newton, Leibnitz, i Bernoulli, Locke, Bayle, Pascal, Corneille, Racine, Bourdaloue, Bousset, ecc., o non esistevano o non avevano ancora scritto. Lo spirito di ricerca e di emulazione non animava i dotti: un altro spirito, forse meno fecondo ma più raro, quello di rigore e di metodo, ancora non aveva informato i vari ambiti della letteratura; e le accademie, il cui lavoro ha fatto progredire molto scienze e arti, non erano state ancora istituite.
[…] Il primo passo da compiere verso la compilazione ragionata e ben concepita dell'enciclopedia consisteva nell'elaborazione di un albero genealogico di tutte le scienze e di tutte le arti che indicasse l'origine di tutte la branche delle nostre conoscenze, i nessi che hanno tra di loro e con il tronco comune, e che servisse a ricondurre i vari articoli ai loro titoli. Non era un compito facile. Si trattava di racchiudere in una pagina il canovaccio di un'opera che può svilupparsi soltanto su diversi volumi in-folio, e che dovrà un giorno contenere tutte le conoscenze degli uomini.
Quest'albero della conoscenza umana poteva essere tracciato in svariate maniere, sia riconducendo le nostre diverse conoscenze alle diverse facoltà dell'anima, sia rapportandole agli esseri che han per oggetto. Ma l'imbarazzo era tanto maggiore quanto più ampie erano le possibilità di arbitrio. E potevano non essercene? La natura ci offre solo oggetti particolari, di numero infinito e senza alcuna ripartizione fissa e determinata. Tutto si sussegue per sfumature impercettibili. E se in questo mare di oggetti che ci circondano taluni emergono come punte rocciose che paiono forare la superficie e sovrastare gli altri, questo privilegio lo devono unicamente a particolari sistemi, a vaghe convenzioni, a certi avvenimenti estranei all'organizzazione fisica degli esseri e alla vera istituzione della filosofia.
Se non era possibile illudersi di riuscire ad assoggettare anche soltanto la storia della natura a uno schema che tutto contenga e che a tutti serva, così come i signori de Buffon e Daubenton hanno non senza motivo proposto, quanto di conseguenza eravamo noi autorizzati, in un ambito tanto più esteso, ad attenerci, come loro, a un qualche metodo che appaghi gli spiriti capaci di cogliere ciò che la natura delle cose comporta o non comporta! Si troverà, alla fine di questo progetto, l'albero della conoscenza umana, con la concatenazione delle idee che ci hanno guidato in questa vasta impresa. Se abbiamo avuto successo, lo dobbiamo principalmente al cancelliere Bacone, che tracciò il piano di un dizionario universale delle scienze e delle arti quando, potremmo dire, non c'erano né scienze né arti. Quel genio straordinario, nell'impossibilità di fare la storia di ciò che si sapeva, faceva la storia di ciò che bisognava apprendere.
È dalle nostre facoltà che abbiamo dedotto le nostre conoscenze; la storia ci proviene dalla memoria; la filosofia dalla ragione; e la poesia dall'immaginazione: disposizione feconda alla quale persino la teologia si attiene giacché in tale scienza i fatti sono storia e si riferiscono alla memoria, senza fare eccezione neppure per le profezie le quali altro non sono che una sorta di storia dove la narrazione anticipa l'avvenimento: i misteri, i dogmi e i precetti sono filosofia eterna e ragione divina; le parabole, sorta di poesia allegorica, sono immaginazione ispirata. Così, abbiamo visto le nostre conoscenze scaturire le une dalle altre; la storia si è suddivisa in ecclesiastica, civile, naturale, letteraria, ecc. La filosofia in scienza di Dio, dell'uomo, della natura, ecc. La poesia in narrativa, drammatica, allegorica, ecc. E da ciò, teologia, storia naturale, fisica, metafisica, matematica, ecc.; meteorologia, idrologia, ecc.; meccanica; astronomia, ottica, ecc.; dunque un'innumerevole moltitudine di rami e di branche di cui la scienza degli assiomi ovvero delle proposizioni di per sé evidenti va considerata, nella disposizione sintetica, come il tronco comune.
Al cospetto di una materia così vasta non c'è persona che non faccia con noi la seguente riflessione: l'esperienza quotidiana ci insegna fin troppo bene quanto sia arduo per un autore trattare con profondità la scienza o l'arte che per tutta la vita egli ha reso oggetto di studio particolare; non bisogna dunque meravigliarsi che ci si incagli affrontando il progetto di trattare le scienze tutte e le arti tutte. Piuttosto, deve meravigliare che un uomo possa essere tanto ardito e tanto ottuso da tentarci da solo. Chi dichiara di sapere tutto dimostra solo di ignorare i limiti della mente umana. […]
Tutte le materie dell'Encyclopédie possono essere fatte rientrare sotto tre titoli: le scienze, le arti liberali e le arti meccaniche. Inizieremo con ciò che riguarda le scienze e le arti liberali, e concluderemo con le arti meccaniche. Si è scritto molto sulle scienze. I trattati sulle arti liberali si sono moltiplicati oltre misura; la repubblica delle lettere ne è inondata.
Ma quanto pochi forniscono i veri princìpi! Quanti altri li soffocano in un turbinio di parole fino a smarrirli in oscurità artefatte! Quanti di sancita autorevolezza pongono un errore accanto a una verità screditandola, o accreditando grazie a essa l'errore! Sarebbe stato indubbiamente preferibile scrivere meno e scrivere meglio. […]
Le scienze e le belle arti non contribuiranno mai abbastanza a dare lustro con le loro produzioni al regno di un sovrano che le favorisce: quanto a noi, spettatori del loro progresso e loro storici, ci preoccuperemo soltanto di trasmetterle ai posteri. Che essi possano dire, aprendo il nostro dizionario: Tale era allora lo stato delle scienze e delle belle arti.
Che possano aggiungere le loro scoperte a quelle che noi abbiamo registrato, e che la storia dello spirito umano e dei suoi conseguimenti possa d'età in età procedere fino ai secoli più remoti. Che l'Encyclopédie diventi un santuario dove le conoscenze degli uomini stiano al riparo dei tempi e degli sconvolgimenti. Non sarà adularci troppo pensare di averne posto le fondamenta? Quale vantaggio sarebbe stato per i nostri avi e per noi se le opere degli antichi popoli, degli Egizi, dei Caldei, dei Greci, dei Romani, ecc., ci fossero state tramandate in un'opera enciclopedica che avesse nel contempo esposto i veri princìpi dei loro idiomi. Osiamo dire che se gli antichi avessero prodotto un'enciclopedia così come produssero tante opere grandiose, e che se quel manoscritto fosse stato il solo a salvarsi dei tanti della famosa biblioteca d'Alessandria, ci avrebbe consolato per la perdita degli altri.
D. Diderot, Prospectus dell'Encyclopédie o Dizionario Ragionato delle Scienze, delle Arti e dei Mestieri, traduzione dall’originale francese di Francesco Franconeri, “I quaderni di varia cultura”, 01, Fondazione Gianfranco Dioguardi, Modugno (BA) 2011, pp. 40-41, 43-44, 45, 48.