Pensieri sull'educazione

Papa Paolo VI
1967-1969

 

La vostra visita dice a Noi una cosa, che dovremmo Noi dire a voi: ci troviamo cioè perfettamente consenzienti nell’affermare che lo studio della religione è sommamente importante. E in questa felice occasione Noi abbiamo nulla di meglio da dirvi che questo: sì, lo studio della religione è sommamente importante. Perché è la scienza delle cose supreme! È la scienza delle verità necessarie! È la scienza della vita! E voi le date il posto che essa merita nel campo del nostro studio, se non l’unico, certamente, ma per sé certamente il primo. Vi è una sentenza antica, che può farci molto pensare, e che solleva un’amara osservazione sulla nostra coltura e sull’impiego che si fa comunemente della nostra intelligenza.

È una sentenza, se ben ricordiamo, di Sant’Agostino, che se ne intendeva del rapporto che dovrebbe passare fra l’uso del nostro pensiero e il destino della nostra vita. La sentenza è questa: «Necessaria non noverunt, quia superflua didicerunt»: hanno ignorato le cose necessarie, perché si sono dedicati ad imparare cose superflue. Non è una condanna della scienza, né tanto meno dello studio delle cose esterne alla nostra persona, comunque atte ad impegnare le nostre facoltà intellettive, ad esercitarle, a raffinarle, a impiegarle alla conquista dell’immensa ricchezza dello scibile naturale ed umano; ma è un avvertimento circa il dispendio che noi spesso facciamo per imparare, e talvolta con non poca fatica e tempo lunghissimo, cose vane, cose inutili, cose difficili e fatue, scienze astruse ed estranee ad ogni vero interesse personale ed ai problemi fondamentali della vita, ai veri valori per cui sia saggio spendere tempo e fatica; mentre restano nell’ombra le grandi questioni che riguardano i nostri destini, che toccano i segreti della nostra esistenza presente e futura, sui quali solo la religione, la vera religione, ci può dare la risposta luminosa e direttiva.

Voi avete compreso questo primato, questa necessità della verità religiosa; e Noi non possiamo che congratularCi con voi, perché vi dimostrate intelligenti, perché vi dimostrate coraggiosi. La religione presenta tante difficoltà di studio; è difficile, sembra arida e astratta, esige un’attitudine non solo speculativa, ma anche morale per essere appresa con profitto ed essere gustata nella sua intima bellezza. Ora voi avete superato questa difficoltà; avete fatto dello studio della religione un atto molto serio e spontaneo, un esercizio simultaneo d’intelligenza e di volontà, un esercizio spirituale. Questo è bello per voi; è esemplare per altri. E Noi vogliamo credere che, studiando forte, avrete superato la tentazione caratteristica di molti spiriti superficiali e diffidenti, i quali preferiscono contentarsi di un’istruzione religiosa rudimentale, e rimanere rispetto alle verità della Religione, quando l’intelligenza si matura, in una zona di penombra, di dubbio, quasi di disimpegno, perdendo così ciò che Noi pensiamo che voi abbiate invece raggiunto: l’esperienza della fede, cioè la scoperta che la Religione nostra, la Religione positiva, cattolica, consiste innanzi tutto in un atto di ascoltazione; e perciò di silenzio interiore che si riempie d’una voce, una voce autorevole, dolcissima e formidabile, la voce della Parola di Dio. La nostra Religione non è una Religione risultante dalle attitudini subcoscienti del sacro, del mistero, del trascendente, una Religione che uno si può fabbricare da sé e moderare come vuole; ma è una Religione ascoltata, ricevuta, derivante da una rivelazione, che solo un magistero autorizzato può trasmettere, autenticare ed interpretare. E avrete anche, Noi ne siamo sicuri, avvertito, ascoltando tale Parola divina e accettandola umilmente e gioiosamente, che essa, quella Parola, diventava una Presenza viva nella cella interiore, diventava un incontro ineffabile, l’incontro con Cristo; come lo descrive San Paolo: «(il Padre) conceda a voi, secondo i tesori della sua gloria, di essere potentemente corroborati, mediante il suo Spirito, nella vitalità dell’uomo interiore; che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori» (Eph. 3, 16-17). La Religione, pur rimanendo sempre una ricerca, uno studio, una veglia per noi, diventa unione, diventa comunione, vita, beatitudine.

E sia questo il premio più alto e più vero, che il vostro sforzo di studio e di disciplina mentale e morale possa conseguire: la certezza e la pienezza della vita cristiana.

Discorso ai vincitori del concorso “Veritas”, 14 settembre 1969


 

 

Criteri e metodi per una perfetta catechesi

Se dovessimo chiosare le sagge indicazioni, che vi si contengono, vi diremmo queste cose:

- anzitutto, fate sentire ai vostri alunni che voi usate del pensiero e della partila con molta onestà: il giovane è diffidente quando si trova davanti alla retorica. all’amplificazione oratoria, alla mancanza di. chiarezza e di consequenzialità; mentre, per riconversione, apprezza in colui che gli parla la semplicità convinta; la logica di fondo, chiara e semplice, che sa far ragionare, e persuadere e l’amore per ciò che gli insegna. Il giovane sa scoprire e giudicare tra ciò che si fa per mestiere, e ciò che nasce da un’intima e vissuta partecipazione e adesione del cuore e della vita all’insegnamento proposto: e vi sarà sempre grato della certezza e della fiducia nella verità, che così gli avrete infuso, anche se attraverserà qualche crisi di sensi o di pensiero.

- Secondo, (non vorremmo essere fraintesi), usate poco, o con misura e discernimento, della critica: quello che è necessario, evidentemente, per dare gli strumenti per conoscere e giudicare; ma, nella fase del vostro insegnamento scolastico, non oltre. L’insegnamento esclusivamente fondato sul metodo critico, oltre che sollevare esigenze di un’apologetica corrispondente, a cui altre questioni ampie e vitali possono aver tolto qualcosa del suo mordente, un tale insegnamento, diciamo, richiede molti accorgimenti, informazioni, maturità, aggiornamento continuo, metodo universitario, e conoscenza di problemi, che l’alunno di solito non conosce o non sente. L’impegno del momento presente, che avvince il giovane con gli interrogativi e le esigenze della vita quotidiana, vorrà dunque un insegnamento più piano, più immediato, più rispondente alla mentalità giovanile.

   

Sacra Scrittura, religiosità, cristianesimo vissuto

- Ecco, dunque, quanto vi diciamo in terzo luogo: sia l’insegnamento della religione basato e tessuto continuamente su testi autorevoli della Sacra Scrittura, della Chiesa, dell’agiografia. Il linguaggio della Scrittura è quello che, opportunamente usato, produce l’impressione più profonda sull’animo dei giovani, come, del resto, di tutti i fedeli; così il linguaggio dei documenti pontifici e conciliari apre con il suo realismo e con la sua succosità orizzonti nuovi, che attraggono la fiducia del giovane, mentre l’esempio vivo dei santi gli fa vedere incarnato nella realtà vissuta l’astratto valore dei principi.

- Quarto: perché questo insegnamento sia vivo, esso deve inoltre essere basato su atti religiosi, esercitati con sobrietà, con gravità, con convinzione. Senza oltrepassare i confini stabiliti all’insegnamento scolastico, bisognerebbe procurare di far giungere gli Alunni a qualche pratica religiosa, preparata e compiuta con molta cura, che dia il senso aperto e eloquente del cristianesimo vissuto, che non è solo logica e impersonale dottrina, ma momento di spirituale pienezza, donazione a Dio Padre, mediante Cristo, nello Spirito e nella Chiesa.

- Quinto: per la medesima ragione, procurate di congiungere, (sempre col dovuto riguardo alla norma scolastica), la religione con l’esercizio di qualche buona azione. Il giovane è molto sensibile, ad esempio, verso i problemi delle Missioni, della fame nel mondo, della disoccupazione, del dolore di qualche compagno, o di qualche pubblica calamità. Sappiamo di Scuole che hanno dato un contributo rilevantissimo a varie iniziative benefiche, proprio per il fuoco acceso nell’animo degli alunni da Presidi e insegnanti meritevoli. Quando, dal sapere, si passa alla preghiera e all’azione, non si è forse fatto il vero cristiano, il vero uomo?

2. Ma, oltre che ai metodi e ai programmi, il Nostro discorso vorrebbe piuttosto rivolgersi alle vostre persone! Quali requisiti, quali virtù occorrono per essere buoni e bravi insegnanti di religione? Sarebbe un discorso lunghissimo, e non ne abbiamo ora né il tempo né l’opportunità. Ma almeno qualche punto vogliamo indicarlo, a comune edificazione, e a ricordo di questo importante incontro.

   

La completa formazione del docente di religione

- Anzitutto, la vostra preparazione, che suppone, oltre alla comune base culturale propria del sacerdote, uno studio coscienzioso, aggiornato e specifico della dottrina religiosa che si vuole insegnare, non che una riflessione continua per cogliere dai motivi spirituali, culturali, sociologici del tempo in cui si vive i riferimenti e gli appigli per inserire felicemente il discorso; e inoltre è necessaria la conoscenza di qualche buona norma didattica, perché l’insegnamento non si improvvisa, ma è un’arte, una tecnica superiore; e mentre tutto, oggi, si specializza, sarebbe inconcepibile un insegnante di religione che si affidi abitualmente all’estro del momento. Ma soprattutto è necessaria la preghiera, perché questa preparazione dia i suoi frutti a tempo giusto: la preghiera dilata gli spazi interiori della nostra mente e del nostro cuore, e ci fa attingere direttamente da Dio la luce e il calore, con cui presentare la sua rivelazione. Lucerna ardens et lucens: l’elogio del Battista si attaglia perfettamente anche a voi.

- Poi, il vostro dovere di conoscere i giovani. Non è una folla anonima, che avete davanti, ma il «tu» personale di anime vivaci e frementi, che aspettano il colloquio con un’altra persona, che li comprenda e li ami. Occorre, sempre nell’ambito scolastico, perciò, avvicinarli, i giovani, farseli amici, saperli ascoltare nei loro problemi, conoscere che cosa fanno e che cosa leggono nel tempo libero. Quando se ne è conquistata la confidenza, allora si stabilisce un rapporto umano che è fecondissimo di risultati.

   

Ciò che i discepoli esigono e attendono

- Ancora, è necessario un grande dominio di se stessi, per essere bravi Insegnanti di religione, il self-control di cui tanto si parla. Quale efficacia, spesso determinante, ha l’esempio del prete! Il giovane guarda a lui, lo scruta per vedere se vive quanto gli insegna, se è coerente e logico. Perciò bisogna che il sacerdote, pur essendo lieto, disinvolto, moderno, sia sempre educato, rispettoso, puro, ed anche un po’ austero, perché non c’è nulla di più errato e funesto, stando con i giovani, che scendere in basso, nel linguaggio e nel tratto, con l’idea poi di portarli in alto. E una vera e genuina pietà personale, di cui l’alunno possa intuire la sincerità, deve dare il culmine a questo cumulo di doti: il prete è lo specialista di Dio, conoscerlo e amarlo è la sua vita, e così deve apparire, non per esibizione artefatta, ma per stile connaturale; e solo così egli ottiene di far breccia nei cuori, anche a costo forse di qualche scacco momentaneo ed apparente.

- Inoltre, all’Insegnante di religione è richiesto il disinteresse, a cui specialmente i giovani sono sensibilissimi. La tentazione del mestiere, dello stipendio, del successo può oscurare ogni altra dote pur splendida, e rovinare gli sforzi anche più sinceri. Quando l’insegnante di religione (anche se retribuito) si mostra disinteressato, cioè animato soltanto da motivi superiori, propri della sua missione, lascia nel cuore dei suoi alunni, anche senza tante parole, l’orma più profonda, quella che strappa alla fine l’ammirazione e l’emulazione.

- Infine, occorre amare la Scuola, la Scuola qual è, nella visione ideale e nella sua concreta realtà, per donarsi all’insegnamento (pur nei limiti stabiliti) con tutte le proprie forze e risorse e capacità fisiche, intellettuali, psichiche, con i propri talenti, con la propria cultura, con tutta la propria persona. Amate la scuola, consideratela il luogo più ,alto e più sacro, dopo la chiesa, per farvi risonare la parola illuminatrice e pacificante di Cristo, per plasmarvi anime forti e buone, per dare alla Chiesa e alla Patria le speranze del domani.

Ecco, diletti Figli, le Nostre riflessioni e le Nostre consegne. Sono certamente già profondamente incise nel vostro cuore, ma confidiamo che le Nostre parole ne ravvivino in voi il proposito e l’entusiasmo. A tanto vi conforti la Nostra Apostolica Benedizione, che impartiamo. con affetto a voi, ai vostri collaboratori, a tutti gli Studenti delle vostre scuole, al benemerito Ufficio Catechistico della Conferenza Episcopale Italiana.

Discorso ai direttori diocesani degli uffici catechistici, 8 luglio 1967