Diventare genitori è una delle esperienze più intense e sorprendenti che la vita possa riservare. Per una donna, in particolare, la gravidanza è un momento di trasformazione – fisica, psicologica, esistenziale – che può destare meraviglia e anche timore.
Possiamo dunque immaginare i sentimenti di Maria di Nazaret nel “quadro” descritto dal vangelo di Luca: allo stupore per un annuncio inaspettato, al limite della comprensione umana, si aggiunge lo stupore di fronte ad una possibile maternità. È proprio lo stupore che caratterizza, nel racconto dell’evangelista, l’incontro tra Maria e l’angelo che le rivolge un saluto inconsueto – «Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te» (Luca 1,28) – ma che allo stesso tempo provoca un profondo turbamento in colei che lo riceve. Qual è il senso di questo saluto? È un sorprendente complimento, “piena di grazia”, che poteva tranquillamente suonare “rallegrati, bellissima”. Che cosa vorrà da me costui?
Maria è ragazza di giovane età, abita in una cittadina di provincia, la sua vita scorre secondo il tempo lento di una società arcaica, che non riconosce alle donne alcun ruolo autonomo e nessuna responsabilità oltre la cura della vita familiare. Ecco il primo elemento di sorpresa: l’angelo si rivolge a Maria non come ad un’umile giovane del popolo d’Israele, ma come a una regina. In una storia tutta al maschile, per la prima volta una donna assumerà un ruolo decisivo, non solo per la storia del suo popolo, ma per quella dell’intera umanità.
L’angelo coglie il timore negli occhi di Maria e tenta di rassicurarla. Le rivela allora il motivo della sua visita, che determinerà una seconda, ancora più intensa reazione nella ragazza. «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Luca 1,30-33). Il contenuto di questo annuncio è una sfida al cuore e all’intelligenza di Maria. E lo sarà, a partire da quel momento anche per la ragione umana e per lo stesso senso religioso. Più tardi Maria potrà dire che Dio «ha guardato l’umiltà della sua serva» (Luca 1,48), che lo sguardo del Signore si è posato proprio su di lei, ma al momento lei non può tacere: ciò che le è stato annunciato è qualcosa di eccezionale, di troppo grande per farla rimanere a bocca chiusa. Coinvolge la sua persona, il suo futuro, la sua intimità: «Allora Maria disse all’angelo: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”» (Luca 1,34).
Maria chiede spiegazioni. Nella sua vita c’è Giuseppe, carpentiere apprezzato al quale ha promesso di unirsi come sposa, ma i due non abitano insieme, perché non coniugati, come sappiamo dagli evangelisti Matteo e Luca. Le parole dell’angelo non fanno riferimento a Giuseppe. Parlano di qualcos’altro. Il compito e la missione prospettata a Maria trascende Giuseppe e le sue aspettative; è qualcosa che appartiene, nel più profondo, alla libertà di Maria. È qualcosa fra lei e Dio. Maria ha posto però una domanda: manifestando il proprio stupore per l’annuncio, fa presente, in modo ragionevole, la sua condizione di giovane vergine. Maria è una ragazza concreta e va dritta al punto: si meraviglia, perché quanto le si dice eccede la misura dell’ordinario, i meccanismi della vita biologica, così come le consuetudini della società in cui è inserita. Il contenuto dell’annuncio è e resta inaudito – tu, vergine, diventerai madre – e oltretutto la espone potenzialmente a una situazione estremamente difficile, quella a cui va incontro una ragazza-madre. Maria non scappa né si oppone: anzi, la sua domanda sembra quasi già chiedere come tutto ciò avverrà.
Posta con semplicità, ma anche con la determinazione di conoscere la verità, la sua domanda trova adesso una risposta. «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio» (Luca 1,35). Da un certo punto di vista, la risposta dell’angelo complica ancora di più la faccenda: la notizia data inizialmente l’aveva spiazzata, ma la spiegazione di come questo concepimento si realizzerà sorpassa l’umana comprensione. Dio decide di legarsi all’essere umano con una intimità inconcepibile, che lascia senza fiato. Solo qualche profeta aveva osato immaginare un simile coinvolgimento del Creatore nelle vicende della sua creatura: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti» (Isaia 63,19), aveva scritto Isaia. E Geremia testimoniava così il suo incontro con la parola di Dio: «Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre […]. Mi dicevo: “Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!”. Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo» (Geremia 20,7.9). Nessuno, però, avrebbe potuto lontanamente immaginare in qual modo Dio volesse adesso “prendere su di sé” la natura umana, nascendo da donna.
L’annuncio dell’angelo è un invito a lasciarsi coinvolgere dal progetto di Dio, per il quale «nulla è impossibile» (Luca 1,37). Maria non indietreggia davanti a questo “impossibile” che può adesso diventare reale e risponde: «Ecco la serva del Signore, avvenga per me secondo la tua parola» (Luca 1, 38). Le sue parole testimoniano il desiderio che si è acceso in lei: Maria inizia a desiderare quello che anche Dio ha desiderato per lei e per l’umanità intera. La sua risposta è libera, adesso oculata, responsabile.
Il vocabolo originale del testo greco la qualifica come ancella, disponibile a servire, ad assumere il compito affidatole. Di certo non ha capito tutto e le parole dell’angelo rimangono piuttosto enigmatiche. È facile immaginare come Maria non avesse nessuna idea di come questa sua esperienza di “madre del Figlio di Dio” si sarebbe svolta concretamente. Non conosce i dettagli, forse non comprende neanche appieno la portata dell’evento che accoglie, ma lo accoglie, anzi lo desidera: vuole che Dio porti a compimento ciò che ha promesso. Giuseppe, che sceglie di farsi da parte, rinunciando apparentemente al futuro matrimonio, le confiderà di essere stato anche lui soggetto di un annuncio: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Matteo 1,20-21). Maria non sarà una ragazza-madre abbandonata al giudizio della società e alla circostanza. Custodirà insieme a Giuseppe il mistero di qualcosa che solo loro due conoscono e che li rende partecipi del progetto di Dio.
La fede di Maria crescerà con l’accadere degli eventi, con il tempo, avrà momenti di chiaroscuro: conoscerà nuovi momenti di stupore, di incomprensione, di dolore. Come in occasione del viaggio a Gerusalemme con Gesù dodicenne per la festa della Pasqua. Al momento di rientrare, Maria e Giuseppe non trovano più il figlio, lo credono nella carovana, ma nessuno lo ha visto. Quando tornano indietro e lo ritrovano, dopo tre giorni di preoccupazione, nel Tempio insieme ai dottori della Legge, scrive Luca nel suo vangelo: «al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”» (Luca 2,48). Ancora una volta, Maria è stupita; non comprende le azioni del Figlio, non capisce le loro motivazioni. Ma la risposta fulminante di Gesù riannoda nella memoria di Maria i fili del presente con quelli dell’annuncio ricevuto dodici anni prima: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Luca 2,49). E di nuovo Maria, che pur aveva compreso l’eccezionalità della sua maternità, non riceve una spiegazione dettagliata, un chiarimento definitivo. Eppure, quanto vede, non comprendendo ancora appieno, le basta: «Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore» (Luca 2,51). Nessun quadretto devozionale, nessun santino: Maria dimostra tutta la forza, la concretezza e la determinazione di una donna decisa, che sa a quale parola ha prestato ascolto e a quale avventura Dio l’ha chiamata. Guardando Maria di Nazaret capiamo che lo stupore non è reazione emotiva che manifesti fragilità o ingenuità, ma il timbro di un’esperienza umana intensa, un incontro con la Trascendenza di Dio, che trasforma in profondità la vita umana, anche quella fatta di impegni ordinari, di lavoro, di famiglia.
Eventi unici, drammatici e straordinari, la attenderanno ancora. La passione, morte e risurrezione di questo Figlio. Ancora uno stupore, quello più radicale, inatteso, inaudito: l’incontro della madre con il Risorto. Non riportato da nessun evangelista, perché non sono state ancora inventate le parole per raccontarlo.