(Gifted Hands: The Ben Carson Story, USA 2009, col, 90’) regia di Thomas Carter, con Cuba Gooding Jr., E. Bardha, L. Bass, G. Beauchamp, T. Bellow, L. Bevan, J. Christian, R. Coden
La vera storia di Benjamin Carson, neurochirurgo di fama internazionale. Il film racconta il percorso di formazione del giovane Benjamin nell’America degli anni ’60 e ’70, segnata dal razzismo e dalle disparità sociali. Sotto la guida della madre, una donna analfabeta profondamente determinata che da sola riesce a crescere i due figli spronandoli a studiare, Benjamin diventa gradualmente il migliore alunno della sua scuola. Ammesso a Yale, diventerà infine medico chirurgo e primario di neurochirurgia, riportando numerosi successi nel suo campo. Il suo nome è legato al primo intervento riuscito di separazione di gemelli siamesi uniti nella parte posteriore della testa, da lui effettuato nel 1987. I due fratellini sopravvissero entrambi all’intervento.
Tutto nella vita di Benjamin Carson sembrava già scritto: nato in una famiglia afroamericana nell’America degli anni Cinquanta, cresce senza padre in un contesto che lo vorrebbe tenere ai margini. Unica guida nella crescita sua e del fratello è la madre, analfabeta, che lavora come domestica. Ma questa donna, animata da una grande fede e da un’eccezionale determinazione, sogna per i figli un futuro diverso. Inizia così a spronare i due ragazzi, li spinge a studiare, a non accontentarsi e a coltivare i loro rispettivi talenti. Ed è qui che il destino cui sembrava condannato Benjamin si ribalta: da ultimo della classe diventa studente modello e gradualmente diventa consapevole della propria vocazione, in primo luogo allo studio e successivamente come medico. In una scena significativa, uno dei medici con i quali Benjamin si forma come neurochirurgo afferma che le qualità nello studio sono importanti e dipendono dalla volontà e dalla capacità dello studente ma la coordinazione tra mano e occhio, essenziale per operare i pazienti, “è un dono”. Il senso del titolo, Gifted hands, sta tutto qui: Benjamin ha ricevuto in dono le proprie capacità, ed è interessante riflettere da chi le abbia ricevute. Ma le “mani donate” sono quelle stesse mani che Carson dona ai propri pazienti, operando con competenza e riservando una speciale cura alla preparazione degli interventi.Il film si concentra in particolare su un caso, che ha determinato la fama mondiale di Carson. Egli infatti è stato il primo chirurgo ad aver operato con successo due gemelli siamesi, uniti nella parte posteriore della testa. In una scena emblematica, il protagonista spiega dettagliatamente ai genitori dei due bambini come si svolgerà l’operazione, le fasi e le tempistiche. Allora la madre domanda se il medico effettivamente riuscirà a fare quanto necessario per salvare la vita dei suoi figli. “Per questo dobbiamo pregare”, risponde Carson. “Lei prega, dottore?” domanda stupita la donna. “Sì, tutti i giorni”. La formazione ricevuta, la fede appresa dalla madre, la capacità che ella ha avuto di sognare un futuro per il proprio figlio hanno contribuito in maniera decisiva alla piena realizzazione delle potenzialità di Benjamin Carson, che è stato così in grado di offrire a sua volta agli altri quello che aveva ricevuto in dono. La scoperta della propria vocazione, che non è un destino subito passivamente, richiede l’incoraggiamento, l’aiuto e la dedizione di chi può guidarci nel nostro percorso di formazione.