Giuseppe di Nazaret, un “uomo giusto”

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M. Rupnik, Sagrada Familia, Madrid (2019)

Giuseppe era un carpentiere di Nazaret, uomo che apparteneva alla dinastia del re Davide, sposo di Maria e ritenuto padre di Gesù. Del suo mestiere ci parla l’evangelista Matteo (13,55) e vi allude indirettamente anche l’evangelista Marco (6,3), qualificando Gesù stesso come un carpentiere, lavoro che aveva certamente appreso nella bottega di suo padre. Si tratta di personaggio silenzioso. Qualcuno direbbe enigmatico. Di lui si parla poco, eppure opera in modo risolutivo: la vita di Gesù e di sua madre Maria non si sarebbe potuta svolgere, come di fatto si svolse, senza il suo ruolo. Tutti i vangeli tranne quello di Marco, lo menzionano esplicitamente, ma solo quelli di Matteo e di Luca narrano alcune sue gesta precise, legate all’infanzia di Gesù, per poi scomparire di scena. Eppure, le azioni di quest’uomo, sono “strategiche”: prendere con sé Maria, giovane donna in attesa di un bambino; occuparsi della madre e del bambino, fuggire con loro per evitare pericoli di morte, stabilire una residenza per la famiglia a Nazaret in Galilea, insegnare a Gesù un mestiere necessario per vivere.

Non sappiamo nulla dell’infanzia di Giuseppe. Non sappiamo bene chi fossero i suoi genitori, se non il probabile nome del padre, su cui Matteo e Luca neppure concordano: Giacobbe (Matteo 1,16) o Eli (Luca 3, 23). Non sappiamo neppure l’età al momento della sua entrata in scena nei racconti evangelici, ma dagli episodi che lo vedono protagonista è verosimile che fosse un uomo ancora piuttosto giovane e pieno di energie. Anche le persone giovani potevano contrarre matrimonio e per la società ebraica la maggior età era collocata ai 13 anni, a partire dai quali si assumeva l’impegno di osservare la legge di Mosè. A motivare l’idea di conoscere Giuseppe un po’ più da vicino non è dunque la sua origine, come ben capiamo, quanto piuttosto il suo ruolo, certamente essenziale. Un particolare motiva e guida il nostro interesse verso questo personaggio della Bibbia. Per introdurlo nella narrazione, tra le tante possibili presentazioni, il vangelo di Matteo usa un “complimento”: di lui si dice che era un “uomo giusto” (Matteo 1,19).

Per un ebreo, in realtà, è più che un complimento: chiamare un giovane “giusto” era come vincere il Nobel a vent’anni. Nella cultura biblica, infatti, la giustizia è un attributo divino: solo Dio è giusto… e poche altre persone. Una di queste era Noè, “uomo giusto e senza difetti, e si comportava come piace a Dio” (Genesi 6,9). Ironia della sorte, Noè è un carpentiere anche lui, che ascoltando la voce di Dio ha potuto salvare l’umanità dalla distruzione totale costruendo un’arca di legno per mettere in salvo uomini e animali. Chiamandolo “giusto”, la Bibbia paragona Giuseppe a un patriarca. Che cosa fa un “giusto” per essere giusto? Per gli ebrei il giusto è capace di distinguere il bene dal male senza terze opzioni o mezze misure. Il giusto è un uomo che si sa assumere le proprie responsabilità, anche quando ciò richieda di sacrificarsi per gli altri. C’è un bellissimo passo dal libro della Sapienza che dice: «hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini» (Sapienza 12,19). Il giusto, quindi, è un uomo profondamente “umano”. Credo proprio che questa definizione riassuma bene la vita di Giuseppe, per quel poco che noi possiamo sapere dai racconti evangelici.

Non serve ritornare adesso su tutta la storia di Giuseppe: se vuoi conoscerla ti invito a rileggere il primo capitolo del vangelo di Matteo. Vorrei qui soffermarmi su alcuni degli episodi della vita di questo carpentiere che ci fanno riflettere sul perché si sia meritato il titolo di “uomo giusto”, cioè di un uomo che sa decidere e agire secondo giustizia, facendo la volontà di Dio. Sicuramente, come un buon cittadino, Giuseppe ha anche obbedito in maniera esemplare alle leggi della società religiosa ebraica, come sottolinea soprattutto il vangelo di Luca (2,21-24.51). Avrà chiesto ai suoi clienti il “giusto” compenso per i suoi lavori di falegname, lavorando bene, con materiale buono e senza ingannare gli acquirenti. Strumenti e interventi fatti “secondo giustizia”, come detta la professionalità di chi sa lavorare bene e così ha insegnato a fare a Gesù, a regola d’arte. Per chi crede nella divinità di Gesù, vero Dio e vero uomo, è misterioso ed attraente pensare che il migliore dei lavoratori, perché Sapienza increata e “artigiano” creatore del mondo, abbia voluto che questa perfezione divina passasse anche attraverso l’istruzione umana ricevuta a bottega da un lavoratore bravo, giusto, come Giuseppe.

Il vangelo di Matteo mostra che le decisioni più importanti di Giuseppe maturano quando sembrerebbe addormentato (o forse svenuto per lo stress), e avvengono in sogno. Dobbiamo ricordare che nella Bibbia i sogni erano considerati come uno strumento attraverso cui Dio comunicava la sua volontà, talvolta un espediente letterario per narrare l’incontro di qualcuno con la Parola di Dio, un incontro sempre unico e impossibile da raccontare. Giuseppe di Nazaret compie dei sogni nei quali “ascolta” e“decide”. Decisioni difficili, che implicano anche rischi enormi, ma che egli affronta e svolge obbedendo, perché “uomo giusto”, appunto, che esegue senza indugio i suggerimenti di Dio. Matteo racconta quattro sogni di Giuseppe.

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M. Rupnik, L'Angelo parla a san Giuseppe, Rijeka (2008)

Il primo sogno avviene in un momento durissimo: Giuseppe, fortemente angustiato davanti alla gravidanza di Maria, sua promessa sposa, una gravidanza di cui egli non è responsabile, deve decidere cosa fare. Se la accusa pubblicamente di adulterio, rovinerà la vita a lei e al bambino. Non può d’altra parte ignorare l’inspiegabile fatto davanti ai suoi occhi, e decide pertanto di ripudiarla segretamente: in questo modo egli rinuncia ai suoi diritti e pensa al bene di Maria e del bambino, che avrebbero potuto rifarsi una vita. L’evangelista Matteo sembra qualificare “giusto” proprio questo atteggiamento di Giuseppe: non la giustizia di compiere rigorosamente quanto previsto dalla legge senza guardare in faccia nessuno, ovvero l’allontanamento pubblico del ripudio, ma la giustizia di guardare Maria, intuire il mistero o anche solo le necessità di cui ella è soggetto, e agire di conseguenza. Mentre la decisione sta maturando, pare giungere una conferma, in sogno, da un angelo: «Non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti, il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli, infatti, salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Matteo 1,20-21). Al suo risveglio, la decisione è ormai presa: «Quando si destò dal sonno, fece come gli aveva ordinato l’angelo» (Matteo 1,24). Giuseppe viene così “generato”come padre, pur non essendolo, dando a Maria e a Gesù una famiglia e una storia. Ma non finisce qui.

Il re Erode, dando credito ai Magi venuti da Oriente ad adorare il Messia appena nato, e visto che non erano più tornati a riferirgli dove fosse il bimbo, ritenendolo egli una futura minaccia per il suo regno, decide di uccidere tutti i bambini al di sotto dei due anni(cfr Matteo 2,7-16). Giuseppe si rende conto che il destino di Gesù (ma in un certo senso del mondo intero) è in pericolo, ma non saprebbe andare. Ed ecco un secondo sogno, nel quale sempre l’angelo ordina a Giuseppe: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo» (Matteo 2,13). Ancora una volta, Giuseppe ascolta l’invito di Dio senza far tante domande: «Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode» (Matteo 2,14-15).

Con tutta probabilità si tratta di una permanenza di qualche anno, durante la quale Giuseppe attende pazientemente l’avviso promesso dal messaggero divino. Questi gli si presenta in un terzo sogno per informarlo della morte di Erode e per ordinargli ancora: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino» (Matteo 2,20). Nuovamente, Giuseppe dà ascolto senza esitare alle parole ricevute in sogno: «Si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele» (Matteo 2,21).

Il viaggio di ritorno subisce una deviazione imprevista. Giuseppe viene a sapere che in Giudea era succeduto a Erode il figlio Archelao, evidentemente non più buono del padre. Giuseppe è colto da timore e ritiene che non sia sicuro tornarvi. In un quarto sogno, Giuseppe è avvertito dall’angelo di deviare il percorso e di andare a stabilirsi in Galilea, a Nazaret (cfr Matteo, 2,22-23). Fu una decisione saggia, a conti fatti: fonti extrabibliche riportano che il regno di Archelao fu caratterizzato dalla crudeltà e dal caos finché i Romani non presero possesso della regione e nominarono dei governatori, dei quali il più famoso fu Ponzio Pilato. La Galilea, invece, fu data a Erode Antipa (cfr Luca 23,6–12) che instaurò un regno relativamente più pacifico e sicuro.

In questi quattro sogni Giuseppe ha saputo prendere decisioni giuste. Una decisione giusta si prende non solo con la testa, ma anche con il cuore, cioè con tutti noi stessi: in essa si combinano conscio e inconscio, paure e desideri, esperienza e obbedienza. Il palcoscenico delle decisioni di Giuseppe è il sogno. Forse perché il sogno rappresenta un nuovo spazio oltre la mera esperienza umana, uno spazio che rende possibile la “vera giustizia”, quella di chi non si fida solo di sé, ma ascolta, pondera, forse ci prega anche su. È in base a questa più ampia giustizia che Giuseppe ha avuto il coraggio di frantumare convenzioni prestabilite e addirittura i dettami di leggi religiose, come nell’episodio in cui prende con sé Maria, e farlo in nome dell’unica e autentica forza che muove l’universo: l’amore. Giuseppe è “giusto” perché i sogni non sololi compie o li interpreta, ma anche li realizza, li sa tradurre nella pratica, con bontà e grandezza di cuore, senza misurarsi troppo sui risultati, ma preoccupandosi solo di amare.

 

Le opere riprodotte nelle fotografie sono state realizzate dall’Atelier d’Arte e Architettura del Centro Aletti (www.centroaletti.com).