Quando leggiamo la storia di un personaggio, quando vediamo un film sulla sua vita, soprattutto se ne conosciamo l’esito, abbiamo la tendenza a osservare gli eventi come se fossero ordinati a un fine, vale a dire riconosciamo una logica interna allo sviluppo dei fatti che ne compongono la trama. Ti invito però a fare questa riflessione: come è più difficile capire il senso degli eventi quando ci troviamo noi a viverli sulla nostra pelle, in prima persona! E come è difficile non scoraggiarsi davanti alle difficoltà quando non siamo sicuri di “come andrà a finire”… Molto spesso, mentre viviamo, veniamo colti da dubbi, incertezze e preoccupazioni che possono spegnere il sorriso sulle nostre labbra. Ed è proprio il sorriso che contraddistingue la protagonista della storia che ti voglio raccontare: Guadalupe, una ragazza e poi una donna che con grande coraggio e con un costante buonumore ha affrontato, con semplicità, le piccole e grandi sfide che la vita le ha proposto. Guadalupe non poteva sapere come sarebbe “andata a finire” la sua storia, eppure non si è lasciata scoraggiare dalle avversità: pur nell’incertezza, una certezza più profonda – la fede – le consentiva di fare un passo dietro l’altro…
Guadalupe Ortiz de Landázuri nasce a Madrid nel 1916, ultima di quattro fratelli. La sua infanzia è segnata da una esperienza singolare e avventurosa: seguendo il padre, comandante dell’esercito, Guadalupe trascorre in Marocco alcuni anni, dagli undici ai sedici, entrando in contatto con persone ed esperienze lontane dalla sua cultura d’origine. Da quegli anni provengono una predisposizione all’incontro e al viaggio che avranno un ruolo importante nella sua storia, insieme ad alcuni problemi di salute in seguito a delle febbri reumatiche che lasceranno un segno sulla sua condizione fisica.
Rientrata con la famiglia a Madrid nel 1932, Guadalupe si iscrive all’università alla Facoltà di Chimica: una vera pioniera, se pensiamo che all’epoca la partecipazione delle donne alla vita universitaria era molto ridotta e, in particolare, la loro immatricolazione in facoltà scientifica era assai rara. Ma la Storia irrompe nella vita di Guadalupe con un evento drammatico: la Guerra civile spagnola. Nel contesto delle vicende belliche, il padre, tenente colonnello dell’esercito, viene condannato a morte. La vita familiare di Guadalupe viene stravolta da questa tragedia ma lei, insieme a sua madre e a uno dei suoi fratelli, riescono ad affronta con coraggio i momenti più drammatici, trascorrendo insieme al padre la notte prima dell’esecuzione, affrontando il dolore con una serenità difficile da immaginare.
Finita la guerra, Guadalupe è nuovamente a Madrid e insegna Chimica a scuola. Frequenta la chiesa e sente che la sua vita di fede ha bisogno di approfondimento. Un giorno, dopo la messa, incontra un amico al quale chiede di indicarle un sacerdote con cui confidarsi. L’amico la mette in contatto con un giovane sacerdote, don Josemaría. È il 1944, Guadalupe ha ventisette anni e l’incontro con san Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei, cambia la sua esistenza. Guadalupe si sente chiamata a una vita di santità, sì, ma in mezzo al mondo, alla scoperta del mistero nascosto nella quotidianità, fatta di lavoro e di amicizie. Entra dunque a far parte dell’Opus Dei, si impegna nel suo lavoro di insegnante e a un certo punto lascia l'insegnamento per assumere l'impegno di mandare avanti una casa editrice. Successivamente si dedica alla gestione e all'organizzazione della vita di alcuni collegi universitari e residenze dell’Opus Dei a Madrid e Bilbao. La sua esperienza di studentessa, così rara per l’epoca, le torna utile per assistere altre ragazze che, come lei, si inseriscono in un contesto fino ad allora prevalentemente maschile. Il nuovo impegno la pone anche davanti a compiti diversi rispetto a ciò per cui si era formata, ma Guadalupe non si scoraggia e anzi affronta i cambiamenti e gli impegni con grande serenità e allegria: nelle numerose lettere che scambierà con san Josemaría leggiamo spesso espressioni come “qui sono molto felice” (25 settembre 1945), “sono molto felice e ho molta pace” (17 maggio 1947), “cerco di accogliere tutte [le difficoltà delle ragazze a me affidate] con gioia e fare quello che posso, e affido al Signore il resto” (3 novembre 1946).
Nel 1947 Guadalupe torna a Madrid, dove dirige una residenza universitaria ma riesce anche a trovare il tempo per continuare gli studi e, con grande volontà e capacità di gestire i diversi impegni, riesce a proseguire gli studi per il dottorato di ricerca in Chimica. Tanta fatica, accompagnata sempre dal sorriso, come raccontano le persone a lei più vicine.
Le sfide però non finiscono qui. Su richiesta di san Josemaría, nel 1950 Guadalupe lascia la Spagna e i trasferisce insieme ad altre due compagne… in Messico! In un’epoca in cui viaggiare era meno facile, le distanze risultavano maggiori, e l’autonomia delle donne era molto limitata, una simile intraprendenza doveva risultare davvero eccezionale. Ecco che lo spirito avventuroso dell’infanzia e l’apertura a nuove esperienze ritornano come elementi decisivi anche in questo trasferimento in Messico. Qui Guadalupe intraprende numerose iniziative, inaugurando diversi collegi e residenze femminili e promuovendo azioni concrete per lo sviluppo e la formazione delle donne. Studentesse e lavoratrici, universitarie e contadine, ragazze e madri di famiglia: l’impegno di Guadalupe è grandissimo e volto alla promozione delle persone di cui si prende cura. Disponibilità e capacità di adattamento, unite a un costante entusiasmo, le fanno scrivere a san Josemaría: “Mi appassiona quello che faccio (per quanto, come le dico sempre, qualunque altra cosa mi dicessero di fare, penso che mi piacerebbe lo stesso); sono felice in Messico (ma non mi importa andare da un’altra parte)” (1 febbraio 1954).
L’attività di Guadalupe subisce un cambiamento di rotta nel 1956, quando le vengono riscontrati i primi sintomi di una malattia cardiaca riconducibile alle febbri reumatiche della sua infanzia in Marocco. Costretta a lasciare il Messico, Guadalupe arriva a Roma, dove collabora a stretto contatto con san Josemaría ma, dopo due crisi cardiache e una operazione, deve fare ritorno a Madrid (1958). Ma neanche la malattia riesce a fermarla. Un nuovo trasferimento, un nuovo cambiamento di vita: Guadalupe ricomincia la sua attività come docente di Chimica e infine consegue il dottorato, per cui aveva studiato già in passato, nel 1965. Tutto ciò sempre collaborando attivamente alle iniziative promosse dall’Opus Dei. A differenza di quanto ci si potrebbe aspettare da una persona con una patologia cardiaca, il suo impegno professionale non si affievolisce: nel 1968 partecipa alla progettazione del Centro di Studi e Ricerche in Scienze domestiche (CEICID), di cui diventa docente e vicedirettrice. Attiva nella Chiesa e nel mondo del lavoro fino alla fine, Guadalupe si aggrava e nel 1975 infine il suo cuore si ferma. Ma non la sua storia: nel 2019 la Chiesa la riconosce beata e, come si evince dalle parole pronunciate in occasione della cerimonia, riconosce in lei una donna “poliedrica e perspicace”, contraddistinta da “coraggio e gioia di vivere”. La gioia che ancora oggi possiamo percepire guardando il suo sorriso.