Chi è questa donna ormai anziana, con i capelli bianchissimi e il sorriso gentile, che parla a una platea di uomini seduti nella moschea di Harlem? Ritroviamo la sua presenza, allo stesso tempo discreta e magnetica, in un incontro interreligioso in India, o ancora mentre accende una candela della menorah in una sinagoga argentina. La vediamo attorniata da centinaia di persone in raduni dove viene accolta comeun’ospite gradita, una sorella, una madre, in un tempio buddista in Giappone o in Thailandia, mentre assiste alle danze cerimoniali del popolo Bangua in Camerun, insieme ad ebrei ed islamici, persone comuni e autorità politiche e religiose. Questa donna non teme di incontrare persone di culture e religioni diverse, sapendo vedere in esse una unità profonda al di là delle differenze: “Ho avuto quest’intuizione: come se Dio ci abbracciasse tutti, tutti insieme”. A dirlo è Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, nata a Trento nel 1920 e morta a Rocca di Papa (Roma) nel 2008. È la storia di Chiara che voglio brevemente raccontarti, cercando di capire insieme cosa ha reso questa donna in certo unica, una delle personalità più incredibili del Novecento. Ovunque vada, viene ricevuta e ascoltata da persone apparentemente molto diverse da lei, ma che riconoscono nel suo sguardo, mite e rispettoso, una forza dolce, propria di chi ha fatto esperienza di quel Dio che è Padre di tutti, e di suo Figlio Gesù, Dio fatto uomo per tutti. Chiara è stata promotrice di una fraternità universale, capace di “dare un’anima alla globalizzazione”, per usare una sua bella espressione. Ma da dove proviene la forza di questa donna? Per capire come sia arrivata a girare il mondo, parlando di unità e di fraternità a culture e popoli diversi, occorre “riavvolgere il nastro” e fare un passo indietro, agli inizi della sua storia.
(22 gennaio 1920 – 14 marzo 2008)
Trento, 1943. Chiara è una ragazza, seconda di quattro figli, e vive con la famiglia nella città che sta attraversando un momento drammatico: i bombardamenti della Seconda guerra mondiale, l’occupazione militare, il dolore e la miseria di tante persone prive anche di ciò che è necessario per vivere. Chiara, che fino ad allora ha lavorato come maestra elementare e aspira a laurearsi in Filosofia all’Università di Venezia, si pone una domanda: davanti allo scempio della guerra, quando sembra che tutto sia destinato a finire, si chiede “può esserci un ideale che non passa?”.
Chiara è una ragazza come tante, con i sogni e le aspirazioni tipiche della sua età. Ha già incontrato l’Azione cattolica e l’Ordine francescano secolare. Donna e laica, ha fatto diverse esperienze di fede ma nella sua vita deve ancora accadere qualcosa di speciale. Chiara percepisce una luce, un fuoco, che illumina e riscalda la sua vita e che le fa scegliere di donarsi totalmente a Dio. È l’incontro con Gesù di Nazaret, che le parla in modo semplice, attraversole pagine del Vangelo. Chiara sente che questa Parola non è notizia di un personaggio lontano ma discorso vivo e attuale rivolto, oggi, proprio a lei. Comunica questa consapevolezza, gradualmente, alle sue amiche, con le quali vive le drammatiche esperienze della guerra:
«In un rifugio antiaereo apriamo a caso il Vangelo alla pagina del Testamento di Gesù: “Che tutti siano uno, Padre, come tu in me ed io e te” (Gv 17,21). Quelle parole sembrano illuminarsi a una a una. Quel “tutti” sarebbe stato il nostro orizzonte. Quel progetto di unità la ragione della nostra vita».
In un recente film dedicato alla sua vita (Chiara Lubich – L’amore vince tutto), viene riportato questo dialogo tra Chiara e le sue prime compagne, rifugiatesi in un sotterraneo per sfuggire ai bombardamenti: “Che ci fai con un Vangelo?”, chiede un’amica. Chiara risponde con semplicità “Lo leggo”. Allora l’altra insiste: “Senza un prete? Non lo puoi leggere da sola”. “Mi sta aiutando molto”, confessa Chiara, “è bello quando proviamo a mettere in pratica il Vangelo”. Il suo rapporto diretto con Gesù attraverso le parole da lui stesso pronunciate doveva sembrare insolito in una società in cui la religione sembrava ancora qualcosa riservato a sacerdoti, religiosi e suore; per di più, Chiara è una donna e la sua indipendenza e intraprendenza risultanoaddirittura sospette negli ambienti che frequenta.
Ma il fuoco che sente di aver ricevuto e di voler custodire non può essere spento da timori o imbarazzi: Chiara attira intorno a sé un numero sempre crescente di ragazze che decidono di aiutare coloro che si trovano in difficoltà a causa della guerra, rendendo così visibile quell’Amore che Gesù ha insegnato ai suoi discepoli. Questo gruppo di ragazze decide coraggiosamente di rimanere nella città di Trento, devastata dal conflitto, e di soccorrere chi è colpito più duramente, riconoscendo nei sofferenti Gesù abbandonato. Le giovani vanno a vivere insieme in un appartamento, dando origine al primo nucleo di quello che diventerà negli anni a seguire un Movimento diffuso in tutto il mondo: il Movimento dei Focolari. Amore, unità, luce, fuoco: attorno a queste parole si creano altri piccoli gruppi, i “focolari”, che mano a mano coinvolgono anche uomini, famiglie, persone di diversa provenienza culturale, appartenenti perfino a diverse religioni.
«Noi dovevamo realizzare quella preghiera che Gesù dice: “Che tutti siano una cosa sola”, che tutti siano una famiglia, e si sta realizzando», ha detto una volta Chiara ripensando agli inizi del Movimento, che ha conosciuto accanto a momenti di grande espansione ed entusiasmo anche alcune difficoltà. Come accade, ad esempio, quandola Congregazione per la dottrina della fede, un organismo della Santa Sede preposto ad approvare le novità che sorgevano nella Chiesa,chiede nel 1952 a Chiara di dimettersi dalla guida del Movimento, affinché si possa valutare l’effettiva bontà dell’ispirazione. Chiara è chiamata ad attraversare una prova inaspettata, dura, che le richiede distacco da se stessa e totale affidamento a Gesù. Accetta la prova con pazienza e lascia la guida del Movimento per dodici anni.
Nel frattempo i Focolari crescono e si diffondono in molte città italiane e, di lì, in diverse nazioni in tutto il mondo. Le esperienze di convivenza tra persone di diversa provenienza, durante le estati tra il 1950 e il 1959 sui monti del Trentino, gettano le basi per la costruzione di quell’ideale di pace e unità universale che, di fatto, insieme a molte altre intuizioni, anticipa anche alcuni sviluppi che caratterizzeranno la vita della Chiesa cattolica dal Concilio Vaticano II (1962-1965) in poi. Proprio in quegli anni, prima con Giovanni XXIII e poi con Paolo VI, il Movimento dei Focolari viene riconosciuto dalla Chiesa e Chiara reintegrata nella sua funzione di fondatrice e guida.
Dirà nel 1977 a proposito della sua esperienza:
«La penna non sa quello che dovrà scrivere, il pennello non sa quello che dovrà dipingere e lo scalpello non sa ciò che dovrà scolpire. Quando Dio prende in mano una creatura per far sorgere nella Chiesa qualche sua opera, la persona scelta non sa quello che dovrà fare. È uno strumento. E questo, penso, può essere il caso mio».
Negli anni a venire, fino alla sua morte, avvenuta a Rocca di Papa il 14 marzo del 2008, Chiara intraprende un numero elevatissimo di iniziative a favore della pace, della giustizia e dell’equità sociale, del dialogo interreligioso, per la realizzazione di un duraturo dialogo tra persone e culture diverse in un mondo ormai globalizzato e multiculturale. Chissà se quella giovane donna di Trento, con le sue prime compagne, avrebbe mai potuto immaginare la fecondità di quel primo sì, detto per amore e con il desiderio di donarsi a Gesù…
Ormai anziana, Chiara afferma:
“Se dovessi lasciare in testamento un’eredità, lascerei a tutti Gesù in mezzo. Amatevi a vicenda come Gesù ci ha amati, siate pronti a morire l’uno per l’altro, siate una famiglia. Questo, direi, basta, è tutto qua”.
Per maggiori dettagli, visita la scheda biografica pubblicata sul sito del Centro Chiara Lubich