Lo scandalo del male

Vittorio Messori
1976

Solo se Dio si e manifestato nell'uomo Gesù, Dio conserva ancora la sua probabilità di esistere.
Solo l'Onnipotente che si sarebbe reso tangibile in Gesù, infatti, non è messo definitivamente alle corde dallo scandalo del male.
Jacques Natanson:

   

L'obiezione classica stringe il teismo in un dilemma: o Dio può impedire il male e allora non è buono perché non lo impedisce; o Dio non può impedire il male e allora non è onnipotente. Nei due casi manca a Dio un attributo essenziale: o la bontà o la potenza. E questo autorizza a negarne l'esistenza.

   

Solo se Gesù è «l'immagine» di Dio, da scandalo intollerabile qual è, il male può trasformarsi in mistero, sia pure insondabile: il mistero di un'Onnipotenza che si presenta alle sue creature come schiavo crocifisso.
Solo così, allora, non si deve ricorrere alle astruse acrobazie di teologi per salvare la faccia a un Dio che (pur essendo onnipotente e buono...) fa però piangere i bambini, soffrire i vecchi, disperare gli innocenti. Dicono, quei difensori di una causa disperata, che «il male è un trascurabile neo della creazione che Dio tollera senza esserne responsabile ». Queste arringhe degli avvocati d'ufficio al processo di Dio sono di sollievo per il sofferente, ha osservato qualcuno, come per l'affamato una dotta conferenza sulla chimica alimentare.

   

I teologi che si accontentano di simili argomenti sembrano insensibili allo scandalo profondo che provoca in ogni coscienza l'idea di un Dio che permette, dall'alto della sua onnipotenza e smisurata bontà, la sofferenza degli innocenti. (Natanson)

  

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Salvador Dalí, Il Cristo di San Giovanni della Croce (1951)

Al di fuori di chi adora un Dio inchiodato nudo su una croce, l'uomo che soffre e che accetta questa sofferenza cui il suo Creatore non partecipa affatto sembra moralmente migliore di lui. L'uomo tormentato dal male è più grande e merita la vita assai più che il Dio delle filosofie e delle religioni. Quel Dio che avrebbe creato il male senza parteciparvi. Che rispetto avere per un Essere Supremo che avrebbe ritenuto necessario includere nel suo «divino sistema» la carie, il cancro, la pazzia? Che cosa passava in quella Mente quando decise di togliere ai vecchi il potere di controllare l'orina e gli escrementi? O quando scelse di far nascere i focomelici, gli spastici, i deficienti? Allora, la creazione è davvero il peccato mortale di un simile Creatore. Allora, la sua unica possibilità di cavarsela è di non esistere.
«E se esistesse – cantavano i comunardi parigini – bisognerebbe fucilarlo. Non deve passarla liscia quel Vecchio con la barba bianca che ha deciso di far piangere i bambini».
Solo il Dio che si sarebbe manifestato in Gesù, lo schiavo innocente crocifisso, non è toccato dalla bestemmia dell'uomo per la marea di dolore che sale sin spesso a soffocarlo. Natanson:

  

Non vi è altra risposta al problema del male che la croce di Gesù, sulla quale Dio ha subito il male supremo; e trionfalmente, perché l'ha subito sino alla fine. Risposta tragica e sanguinosa che elimina lo scandalo di un Dio tiranno che si compiace delle sofferenze delle sue creature.

  

E Bonhöffer:

   

Il Dio di Cristo non ci aiuta grazie alla sua onnipotenza, ma grazie alla sua debolezza. Qui sta la differenza determinante rispetto a ogni altra religione.

   

«Il linguaggio della croce è stoltezza per quelli che si perdono, ma per noi che ci salviamo è potenza di Dio», scrive Paolo nel capitolo di apertura della sua Prima lettera ai Corinzi, «sicché, mentre i giudei domandano segni e i greci ricercano sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso: scandalo per i giudei, stoltezza per i gentili; ma per quelli che sono chiamati, sia giudei che greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio, perché la stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini e la debolezza di Dio è più forte degli uomini» (vv. 18-25).
Ancora una volta: solo il cristianesimo, invece di eludere il problema del male con imbarazzanti salti mortali dialettici, lo colloca al centro del suo messaggio. Come dice l'appello di chiusura del Concilio Vaticano II,

il Cristo non ha soppresso la sofferenza; non ha neppure voluto svelarne il mistero: l'ha presa su di sé e, questo è abbastanza perché ne comprendiamo il valore.

Davanti al male, ha scritto Claudel, Gesù non da una spiegazione ma attua una presenza. Non distrugge la croce, vi si sdraia sopra.
Nella sola prospettiva del Nuovo Testamento il male non è un incidente, una domanda imbarazzante cui rispondere con delle grandi e piccole furberie teologiche e filosofiche. I Vangeli annunciano anzi la felicità dei miseri, dei perseguitati, di coloro che piangono e che soffrono. In altre religioni il sofferente può credere che il suo Dio lo abbandoni. Solo qui il credente oppresso dal male può essere certo che il suo Dio tribolato gli e più vicino. A Teresa d'Avila che si lagnava dei suoi mali, il Cristo rispose: «È così che io tratto i miei amici». Poteva dirlo perché sul corpo porta e porterà per l'eternità le stigmate della crocifissione. 

V. Messori, Ipotesi su Gesù, Edizioni Ares, Milano 2019, pp. 303-306.

   

   

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