1. I confini che imbrigliano le leggi della natura inanimata
Se tutti gli uomini fossero sterminati, questo non influenzerebbe le leggi della natura inanimata. Ma la produzione di macchine cesserebbe, e finché non siano rinati degli uomini, non potrebbero essere più formate macchine.
Alcuni animali possono produrre strumenti, ma solo gli uomini possono costruire macchine; le macchine sono artefatti umani, fatti di materia inanimata.
L’«Oxford Dictionary» descrive una macchina come «un apparato per applicare potenza meccanica, costituito da un certo numero di parti interrelate, ciascuna con una funzione definita». Potrebbe essere, per esempio, una macchina per cucire o stampare. Assumiamo che la potenza che fa funzionare la macchina sia incorporata in essa e trascuriamo il fatto che debba essere rinnovata di tanto in tanto. Possiamo dire, allora, che la manifattura di una macchina consiste nel tagliare parti opportunamente formate e adattarle insieme cosicché la loro azione meccanica congiunta serva ad un possibile scopo umano.
La struttura delle macchine e il funzionamento della loro struttura sono così modellati dall’uomo, anche se il loro materiale e le forze che le fanno funzionare obbediscono alle leggi della natura inanimata. Costruendo una macchina e fornendole potenza, imbrigliamo le leggi della natura all’opera nella sua materia e nella sua potenza motrice e facciamo sì che esse servano al nostro corpo.
Questo imbrigliamento non è indistruttibile; la struttura della macchina e con essa il suo funzionamento possono distruggersi. Ma questo non influenzerà le forze della natura inanimata su cui si basava il funzionamento delle macchine; semplicemente le libera dalle restrizioni che la macchina ha imposto loro prima di distruggersi.
Così la macchina nel suo insieme opera sotto il controllo di due principi distinti. Quello superiore è il principio del progetto della macchina e questo imbriglia quello inferiore, che consiste nei processi fisico-chimici su cui la macchina si basa. Noi formiamo comunemente tale struttura a due livelli nel condurre un esperimento; ma vi è una differenza fra costruire una macchina e mettere su un esperimento. Lo sperimentatore impone restrizioni alla natura al fine di osservare il suo comportamento sotto queste restrizioni, mentre la costruzione di una macchina restringe la natura al fine di imbrigliarne le operazioni. Ma possiamo prendere a prestito un termine dalla fisica e descrivere ambedue queste utili restrizioni della natura come l’imposizione di condizioni al contorno alle leggi della fisica e della chimica.
Vorrei diffondermi su ciò. Ho esemplificato due tipi di confini. Nella macchina il nostro interesse principale risiedeva negli effetti delle condizioni al contorno, mentre in un dispositivo sperimentale siamo interessati ai processi naturali controllati dai confini. Vi sono molti esempi comuni di ambedue i tipi di confini. Quando un tegame contiene una zuppa che stiamo cucinando, siamo interessati alla zuppa; e, parimenti, quando osserviamo una reazione in una provetta, studiamo la reazione, non la provetta. L’inverso è vero per una partita di scacchi. La strategia del giocatore impone condizioni alle diverse mosse, che seguono le leggi degli scacchi, ma il nostro interesse risiede nelle condizioni – cioè nella strategia, non nelle diverse mosse come esemplificazioni delle leggi. E similmente, quando uno scultore modella una pietra o un pittore compone un dipinto, il nostro interesse risiede nelle condizioni imposte al materiale e non nel materiale in se stesso.
Possiamo distinguere questi due tipi di confini dicendo che il primo rappresenta un confine del tipo provetta mentre il secondo è del tipo macchina. Spostando la nostra attenzione, possiamo talvolta cambiare un confine da un tipo all’altro.
Tutte le comunicazioni formano un confine del tipo macchina, e questi confini formano un’intera gerarchia di livelli consecutivi di azione. Un vocabolario pone condizioni al contorno all’espressione della voce; una grammatica imbriglia le parole a formare frasi; e le frasi sono modellate in un testo che veicola una comunicazione. In tutti questi stadi siamo interessati alle condizioni imposte da un potere comprensivo di restrizione, piuttosto che ai principi imbrigliati da esse.
2. I meccanismi viventi sono classificati come macchine
Dalle macchine passiamo agli esseri viventi, ricordando che gli animali si muovono meccanicamente e che hanno organi interni che svolgono funzioni come fanno le parti di una macchina – funzioni che sostengono la vita dell’organismo proprio come le macchine servono agli interessi dei loro utenti. Per secoli nel passato le funzioni della vita sono state paragonate alle funzioni della macchina, e la fisiologia ha tentato di interpretare l’organismo come una rete complessa di meccanismi. Gli organi sono definiti di conseguenza dalle loro funzioni di preservazione della vita.
Qualsiasi parte coerente dell’organismo è in effetti sconcertante per la fisiologia, ed anche insignificante per la patologia, finché non si scopre il modo in cui essa benefica l’organismo. E posso aggiungere che qualsiasi descrizione di tale sistema in termini della sua topografia fisico chimica è priva di senso se non fosse che la descrizione può richiamare nascostamente l’interpretazione fisiologica del sistema – proprio come la topografia di una macchina è priva di senso finché non ipotizziamo come funziona il dispositivo, e per quale scopo.
In questa luce l’organismo sembra essere, come una macchina, un sistema che funziona secondo due principi differenti: la sua struttura serve come condizione al contorno che imbriglia i processi fisico-chimici mediante cui i suoi organi svolgono le loro funzioni. Così, può essere chiamato un sistema sotto controllo duale. La morfogenesi, il processo attraverso il quale si sviluppa la struttura degli esseri viventi, può essere quindi paragonato alla formazione di una macchina che agirà come confine per le leggi della natura inanimata. Infatti, proprio come queste leggi servono alla macchina, così esse servono anche all’organismo sviluppato.
Una condizione al contorno è sempre estranea al processo che essa delimita.
Negli esperimenti di Galileo sulle palle che rotolano lungo un piano inclinato, l’angolo d’inclinazione del piano non era derivato dalle leggi della meccanica, ma fu scelto da Galileo. E come questa scelta dell’inclinazione era estranea alle leggi della meccanica, così la forma e la confezione delle provette sono estranee alle leggi della chimica. Lo stesso vale per confini del tipo macchina; la loro struttura non può essere definita in termini delle leggi che essi imbrigliano. Né può un vocabolario determinare il contenuto di un testo, e così via. Perciò, se la struttura degli esseri viventi è un insieme di condizioni al contorno, questa struttura è estranea alle leggi della fisica e della chimica, che l’organismo sta imbrigliando. Così la morfologia degli esseri viventi trascende le leggi della fisica e della chimica.
3. L’informazione del DNA genera meccanismi
Ma l’analogia fra componenti di una macchina e funzioni vitali è indebolita dal fatto che gli organi non sono formati artificialmente come le parti di una macchina. È quindi un vantaggio trovare che il processo morfogenetico è spiegato in linea di principio attraverso la trasmissione di informazione immagazzinata nel DNA, interpretata in tal senso da Watson e Crick.
Si dice che un molecola di DNA rappresenta il codice – cioè una sequenza lineare di elementi, la cui combinazione è l’informazione veicolata dal codice. Nel caso del DNA, ciascuno degli elementi della serie consiste di una di quattro basi organiche alternative (più precisamente: quattro alternative che consistono in due posizioni di due differenti basi organiche composte). Tale codice veicolerà l’ammontare massimo di informazione se le quattro basi organiche avranno eguale probabilità di formare qualsiasi elemento particolare della serie. Qualsiasi differenza nel legame delle quattro basi alternative, o nello stesso punto della serie o tra due punti della serie, causerà il fatto che l’informazione veicolata dalla serie cadrà al disotto del massimo ideale. Il contenuto di informazione del DNA è di fatto noto per essere alquanto ridotto da tale ridondanza, ma io accetto qui l’assunzione di Watson e Crick secondo cui questa ridondanza non impedisce al DNA di funzionare efficacemente come un codice. Di conseguenza trascurerò per brevità la ridondanza nel codice del DNA e parlerò di esso come se funzionasse in modo ottimale, con la stessa probabilità che abbiano luogo tutti i suoi legami basici alternativi.
Chiariamo cosa avverrebbe nel caso opposto. Supponiamo che la struttura effettiva di una molecola di DNA fosse dovuta al fatto che il legami delle sue basi fossero molto più forti di quanto i legami sarebbero per qualsiasi altra distribuzione delle basi, quindi tale molecola di DNA non avrebbe alcun contenuto di informazione. Il suo carattere di codice sarebbe cancellato da una ridondanza schiacciante.
Possiamo notare che questo è effettivamente il caso per una molecola chimica ordinaria. Poiché la sua struttura regolare è dovuta ad un massimo di stabilità, che corrisponde ad un minimo di energia potenziale, il suo carattere regolare manca della capacità di funzionare come codice. La configurazione degli atomi che formano un cristallo è un altro caso di ordine complesso senza contenuto informativo apprezzabile.
Vi è un tipo di stabilità che spesso si oppone alla forza stabilizzatrice di un’energia potenziale. Quando un liquido evapora, ciò può essere inteso come un aumento di entropia che accompagna la dispersione delle sue particelle. Si prende in considerazione la tendenza dispersiva aggiungendo i suoi poteri a quelli dell’energia potenziale, ma la correzione è trascurabile per casi di forti cadute di energia potenziale o per basse temperature, o per ambedue. Possiamo trascurarla, per semplificare le cose, e dire che le strutture chimiche stabilite dai poteri stabilizzatori del legame chimico non hanno contenuto informativo apprezzabile.
Alla luce della teoria corrente dell’evoluzione, si deve assumere che la struttura di codice del DNA sia sorta per una serie di variazioni causali stabilite per selezione naturale. Ma questo aspetto evoluzionistico è qui irrilevante; qualunque possa essere l’origine di una configurazione di DNA, essa può funzionare come codice solo se il suo ordine non è dovuto alle forze dell’energia potenziale. Deve essere fisicamente indeterminata come lo è la sequenza di parole su di una pagina stampata. Come la disposizione di una pagina stampata è estranea alla chimica della pagina stampata, così la sequenza di basi in una molecola di DNA è estranea alla forza chimica all’opera nella molecola di DNA. È questa indeterminazione fisica della sequenza che produce l’improbabilità del presentarsi di qualsiasi frequenza particolare e perciò la mette in grado di avere un significato – un significato che ha un contenuto di informazione matematicamente determinato come eguale all’improbabilità numerica della combinazione.
4. Il DNA funziona come un programma
Ma resta un punto fondamentale da considerare. Una pagina stampata può essere un semplice miscuglio di parole e quindi non ha alcun contenuto di informazione. Così il calcolo di improbabilità dà il possibile, piuttosto che l’effettivo contenuto di informazione di una pagina. E questo si applica anche al contenuto di informazione attribuito ad una molecola di DNA; la sequenza delle basi è ritenuta significativa solo perché assumiamo con Watson e Crick che questa disposizione genera le strutture della discendenza dotandola del proprio contenuto d’informazione.
Questo ci porta alla fine al punto cui miravo quando ho intrapreso ad analizzare il contenuto di informazione del DNA: si può paragonare il controllo della morfogenesi da parte del DNA alla progettazione e formazione di una macchina da parte dell’ingegnere? Abbiamo visto che la fisiologia interpreta l’organismo come una rete complessa di meccanismi, e che un organismo è – come una macchina – un sistema sotto controllo duale. La sua struttura è quella di una condizione al contorno che imbriglia le sostanze fisiche e chimiche dentro l’organismo al servizio di funzioni fisiologiche. Così, generando un organismo, il DNA inizia e controlla la crescita di un meccanismo che funzionerà come una condizione al contorno all’interno di un sistema sotto controllo duale. E possiamo aggiungere che lo stesso DNA è un sistema del genere, poiché ogni sistema che veicola informazione è sotto controllo duale, dato che ogni sistema del genere restringe ed ordina, in funzione del veicolare, la sua informazione, vaste risorse di particolari che sarebbero altrimenti lasciati al caso, ed agisce quindi come una condizione al contorno. Nel caso del DNA questa condizione al contorno è un programma dell’organismo in crescita (1).
Possiamo concludere che in ciascuna cellula dell’embrione è presente il duplicato di una molecola di DNA che ha una disposizione lineare delle sue basi – una disposizione che, essendo indipendente dalle forze chimiche all’interno delle molecole di DNA, convoglia un ricco ammontare di informazione significativa. E vediamo che quando quest’informazione modella l’embrione in crescita, essa produce in esso condizioni al contorno che, essendo esse stesse indipendenti dalle forze fisico-chimiche in cui sono radicate, controllano il meccanismo della vita nell’organismo sviluppato.
Delucidare questa trasmissione è un compito principale dei biologi oggi, su cui ritornerò ancora in seguito.
5. Sorgono qui alcuni problemi accessori
Abbiamo visto condizioni al contorno che introducono principi non suscettibili di formulazione in termini di fisica o chimica in artefatti inanimati e in esseri viventi; le abbiamo viste necessarie al contenuto di informazione in una pagina stampata o nel DNA, ed introdurre principi meccanici in macchine così come nei meccanismi della vita.
Vorrei aggiungere ora che condizioni al contorno di sistemi inanimati stabilite dalla storia dell’universo si trovano nei domini della geologia, geografia ed astronomia, ma che queste non formano sistemi di controllo duale.
Esse assomigliano sotto questo aspetto al tipo provetta dei confini di cui ho parlato sopra. Quindi l’esistenza del controllo duale nelle macchine e nei meccanismi viventi rappresenta una discontinuità fra macchine ed esseri viventi da un lato e natura inanimata dall’altro lato, cosicché sia le macchine sia gli esseri viventi sono irriducibili alle leggi della fisica e della chimica.
L’irriducibilità non deve essere identificata con il semplice fatto che l’unione delle parti può produrre aspetti che non sono osservati nelle parti separate. Il sole è una sfera e le sue parti non sono sfere, né la legge di gravitazione parla di sfere; ma la mutua interazione gravitazionale fa sì che le parti del sole formino una sfera. Tali casi di olismo sono comuni in fisica e in chimica. Si dice spesso che essi rappresentino una transizione agli esseri viventi, ma non è così, poiché essi sono riducibili alle leggi della materia inanimata, mentre gli esseri viventi non lo sono.
Ma esiste una continuità piuttosto differente fra la vita e la natura inanimata. Infatti le origini della vita non differiscono nettamente dai loro antecedenti puramente fisico-chimici. Si può riconciliare questa continuità con l’irriducibilità degli esseri viventi richiamando il caso analogo di artefatti inanimati. Si consideri l’irriducibilità delle macchine; nessun animale può produrre una macchina, ma alcuni animali possono fare strumenti primitivi, ed il loro uso di questi strumenti può essere difficilmente distinguibile dal semplice uso degli arti dell’animale. O si consideri un insieme di suoni che convogliano informazione; l’insieme di suoni può essere tanto disturbato dal rumore che la sua presenza non è più chiaramente identificabile. Possiamo dire quindi che il controllo esercitato dalle condizioni al contorno di un sistema può essere ridotto gradualmente fino a svanire.
Il fatto che l’effetto di un principio superiore su di un sistema sotto controllo duale possa avere qualsiasi valore fino a zero ci può permettere anche di concepire l’emergenza continua di principi irriducibili con l’origine della vita.
6. Possiamo ora riconoscere principi addizionali irriducibili
L’irriducibilità delle macchine e delle comunicazioni stampate ci insegna anche che il controllo di un sistema da parte di condizioni al contrario irriducibili non interferisce con le leggi della fisica e della chimica. Un sistema sotto controllo duale si basa in effetti per le operazioni del suo principio superiore all’attività di principi di livello inferiore, come le leggi della fisica e della chimica. I principi superiori irriducibili sonoaddizionali alle leggi della fisica e della chimica. I principi dell’ingegneria meccanica e della comunicazione delle informazioni, ed i principi biologici equivalenti, sono tutti addizionali alle leggi della fisica e della chimica.
Ma attribuire la nascita di tali principi addizionali di controllo ad un processo selettivo di evoluzione solleva serie difficoltà. La produzione di condizioni al contorno nel feto in formazione attraverso la trasmissione ad esso dell’informazione contenuta nel DNA presenta un problema. Lo sviluppo di un programma nel meccanismo complesso che esso descrive sembra richiedere un sistema di cause non specificabili in termini di fisica e chimica, essendo tali cause addizionali sia alle condizioni al contorno del DNA sia alla struttura morfologica determinata dal DNA.
Il principio mancante per costruire una struttura corporea sulla linea di un’istruzione data dal DNA può essere esemplificato dai poteri rigenerativi di vasta portata del riccio di mare in embrione, scoperti da Driesch, e dalla scoperta di Paul Weiss che cellule embrionali completamente disperse si svilupperanno, ammucchiate insieme, in un frammento dell’organo da cui essere erano state isolate (2). Vediamo qui all’opera un potere integrativo, caratterizzato da Spemann e da Paul Weiss come un «campo», che guida la crescita dei frammenti embrionali fino alla formazione degli aspetti morfologici cui essi appartengono embrionalmente (3). A queste guide morfogenetiche è data espressione formale nei «paesaggi epigenetici» di Waddington (4). Essi mostrano graficamente che lo sviluppo dell’embrione è controllato dal gradiente di forme potenziali, proprio come il moto di un grave è controllato dal gradiente di energia potenziale.
Ricordate come Driesch ed i suoi sostenitori lottarono per far riconoscere che la vita trascende la fisica e la chimica, argomentando che i poteri di rigenerazione nell’embrione di riccio di mare non erano esplicabili con una struttura del tipo macchina, e come la controversia è stata continuata, lungo linee simili, da parte di coloro che insistevano che l’integrazione regolativa («equipotenziale» o «organismica») era irriducibile a qualsiasi meccanismo del tipo macchina ed era perciò irriducibile anche alle leggi della natura inanimata. Ora se, come io sostengo, macchine processi meccanici in esseri viventi sono in sé irriducibili alla fisica e alla chimica, la situazione è mutata. Se le spiegazioni meccanicistiche ed organismiche sono ambedue egualmente irriducibili alla fisica ed alla chimica, il riconoscimento di processi organismici non porta più l’onere di essere la sola evidenza a favore dell’irriducibilità degli esseri viventi. Una volta che possono essere riconosciute capacità di campo di guidare la rigenerazione e la morfogenesi senza scomodare questa questione principale, penso che l’evidenza in loro favore si troverà convincente.
Vi è evidenza di principi irriducibili, addizionali a quelli dei meccanismi morfologici, nella sensibilità che noi stessi sperimentiamo ed osserviamo indirettamente negli animali superiori. La maggior parte dei biologi hanno messo da parte questi fatti come considerazioni improduttive. Ma di nuovo, una volta che si è riconosciuto, su altre basi, che la vita trascende la fisica e la chimica, non vi è ragione per sospendere il riconoscimento del fatto ovvio che la coscienza è un principio che fondamentalmente trascende non solo la fisica e la chimica ma anche i principi meccanicistici degli esseri viventi.
7. Le gerarchie biologiche consistono in una serie di condizioni al contorno
La teoria delle condizioni al contorno riconosce i livelli superiori della vita come formanti una gerarchia, ogni livello della quale si basa per le sue operazioni sui principi dei livelli inferiori, anche se è esso stesso irriducibile a questi principi inferiori. Illustrerò la struttura di questa gerarchia mostrando il modo in cui cinque livelli formano una composizione letteraria espressa a parole.
Il livello più basso è la produzione di una voce; il secondo, l’espressione di parole; il terzo, l’unione delle parole a formare frasi; quarto, la funzione delle frasi in uno stile; il quinto, ed il più alto, la composizione del testo.
I principi di ciascun livello operano sotto il controllo dei livelli superiori successivi. La voce che producete è modellata in parole da un vocabolario; un dato vocabolario è modellato in frasi in accordo con una grammatica; e le frasi sono adattate ad uno stile, che a sua volta è fatto per esprimere le idee della composizione. Così ciascun livello è soggetto a controllo duale: 1. controllo in accordo con le leggi che si applicano ai suoi elementi in se stessi, e 2. controllo in accordo con le leggi dei poteri che controllano l’entità comprensiva formata da questi elementi.
Tale controllo multiplo è reso possibile dal fatto che i principi che governano i particolari isolati di un livello inferiore lasciano indeterminate condizioni che devono essere controllate da un principio superiore. La produzione di voce lascia largamente aperta la combinazione di suoni in parole, che è controllata da un vocabolario. Quindi, un vocabolario lascia largamente aperta la combinazione di parole a formare frasi, che è controllata dalla grammatica, e così via. Di conseguenza, le operazioni di un livello superiore non possono essere spiegate dalle leggi che governano i suoi particolari al livello immediatamente inferiore. Non si può derivare un vocabolario dalla fonetica; non si può derivare la grammatica da un vocabolario; un uso corretto della grammatica non spiega il buono stile; e un buono stile non fornisce il contenuto di un pezzo di prosa.
Gli esseri viventi comprendono un’intera sequenza di livelli che formano una gerarchia del genere. I processi al livello più basso sono causati dalle forze della natura inanimata, ed i livelli superiori controllano completamente le condizioni al contorno lasciate aperte dalle leggi della natura inanimata. Le funzioni inferiori della vita sono quelle chiamate vegetative; queste funzioni vegetative, che sostengono la vita al suo livello più basso, lasciano aperte – sia nelle piante che negli animali – le funzioni superiori della crescita e negli animali lasciano aperte anche le operazioni della azioni muscolari; quindi, a loro volta, i principi che governano le azioni muscolari negli animali lasciano aperta l’integrazione di tali azioni in modelli innati di comportamento; e, di nuovo, tali modelli sono aperti a loro volta ad essere modellati dall’intelligenza, mentre l’attività della stessa intelligenza può essere messa nell’uomo in condizione di servire ai principi ancora più elevati della scelta responsabile.
Ciascun livello si basa per le sue operazioni su tutti i livelli soggiacenti. Ciascuno riduce la portata di quello immediatamente inferiore imponendo ad esso un confine che lo imbriglia al servizio del livello immediatamente superiore, e questo controllo è trasmesso per stadi giù giù fino al livello inanimato di base.
I principi addizionali al dominio della natura inanimata sono il prodotto di un’evoluzione, i cui stadi più primitivi mostrano solo funzioni vegetative.
Questa progressione evolutiva è descritta di solito come una complessità crescente ed una crescente capacità di mantenere lo stato del corpo indipendente dall’ambiente. Ma se noi accettiamo, come io faccio, l’opinione che gli esseri viventi formano una gerarchia in cui ogni livello superiore rappresenta un principio distintivo che imbriglia il livello sottostante (essendo esso stesso irriducibile ai suoi principi inferiori), quindi la sequenza evolutiva acquista un significato nuovo e più profondo. Possiamo riconoscere allora una progressione strettamente definita, che parte dal livello inanimato verso sempre più alti principi addizionali della vita.
Questo non significa dire che i livelli della vita sono del tutto assenti in stadi precedenti dell’evoluzione. Essi possono essere in tracce assai prima di diventare prominenti. L’evoluzione può esser vista allora come una progressiva intensificazione dei principi superiori della vita. Questo è ciò di cui siamo testimoni nello sviluppo dell’embrione e del bambino che cresce, processi affini all’evoluzione.
Ma questa gerarchia di principi solleva ancora una volta una difficoltà seria. Sembra impossibile immaginare la sequenza dei principi superiori, che trascendono ulteriormente ad ogni stadio le leggi della natura inanimata, sono presenti in forma incipiente nel DNA e sono pronti ad essere trasmessi alla discendenza. Il concetto di programma non riesce a spiegare la trasmissione di facoltà, come la coscienza, che nessun dispositivo meccanico può possedere. È come se la facoltà della visione dovesse essere resa intelligibile ad una persona nata cieca da un capitolo sulla fisiologia dei sensi.
Appare allora che il DNA evoca l’ontogenesi dei livelli superiori, piuttosto che determinare questi livelli. E ne seguirebbe che l’emergenza del tipo di gerarchia che io ho qui definito può essere solo evocata, ma non determinata da eventi atomici o molecolari. Comunque, questa questione non può essere discussa qui.
8. Comprendere una gerarchia necessita concezioni «da-a» (5)
Ho detto prima che la trascendenza dell’atomismo da parte del meccanicismo si riflette nel fatto che la presenza di un meccanismo non è rivelata dalla sua topografia chimico-fisica.
Possiamo dire la stessa cosa di tutti i livelli superiori: la loro descrizione in termini di qualsiasi livello inferiore non ci parla della loro presenza. In genere possiamo discendere ai componenti di un livello inferiore analizzando un livello superiore, ma il processo inverso implica un’integrazione dei principi del livello inferiore, e quest’integrazione può andare oltre le nostre possibilità.
In pratica questa difficoltà può essere evitata da un’importante qualificazione. Per prendere un esempio comune, supponiamo che abbiamo ripetuto una parola particolare, facendo grande attenzione al suono che stiamo facendo, finché questi suoni hanno perso il loro significato per noi; possiamo recuperare questo significato prontamente evocando il contesto in cui la parola è comunemente usata. Atti successivi di analisi e di integrazione sono di fatto in genere usati per approfondire la nostra comprensione di entità complesse che comprendono due o più livelli.
Tuttavia la differenza strettamente logica tra due livelli successivi resta. Si può guardare ad un testo scritto in un linguaggio che non si comprende e vedere le lettere che lo formano senza essere coscienti del loro significato, ma non si può leggere un testo senza vedere le lettere che ne veicolano il significato. Questo ci mostra due maniere differenti e mutuamente esclusive di essere coscienti del testo. Quando guardiamo alle parole senza comprenderle, focalizziamo su di esse la nostra attenzione, mentre, quando leggiamo le parole, la nostra attenzione è diretta al loro significato, come parte di un linguaggio.
Siamo coscienti quindi della parole solo in modo sussidiario, in quanto prestiamo attenzione al loro significato. Così nel primo caso guardiamo alle parole, mentre nel secondo, guardiamo a partire da esse al loro significato; il lettore di un testo ha una conoscenza da-a del significato delle parole, mentre ha solo una consapevolezza a partire da delle parole che sta leggendo; se egli potesse spostare interamente la sua attenzione verso le parole, queste perderebbero per lui il loro significato linguistico.
Così una condizione al contorno che imbriglia i principi di un livello inferiore al servizio di un nuovo, superiore livello, stabilisce una reazione semantica fra i due livelli. Quello superiore comprende le operazioni dell’inferiore e così forma il significato dell’inferiore. E come noi saliamo lungo una gerarchia di confini, raggiungiamo sempre più elevati livelli di significato.
La nostra comprensione dell’intero edificio gerarchico si approfondisce via via che ci muoviamo di passo in passo sempre più in alto.
9. La successione dei confini influenza la nostra visione scientifica
Il riconoscimento di un’intera sequenza di principi irriducibili trasforma i passi logici per la comprensione dell’universo degli esseri viventi. L’idea che ci viene da Galileo e Gassendi, che ogni tipo di cose debba esser compreso in ultima istanza in termini di materia in moto, è confutata. Lo spettacolo della materia fisica che forma la base fondamentale tangibile dell’universo appare quasi vuoto di significato. La topografia universale delle particelle atomiche (con le loro velocità e forze) che, secondo Laplace, ci offre una conoscenza universale di tutte le cose sembra contenere a mala pena qualche conoscenza interessante. Le affermazioni, successive alla scoperta del DNA, secondo cui tutto lo studio della vita potrebbe ridursi alla fine alla biologia molecolare, hanno mostrato ancora una volta che l’idea laplaciana di conoscenza universale è ancora l’ideale teorico delle scienze naturali; l’opposizione corrente a queste dichiarazioni ha spesso confermato questo ideale, difendendo lo studio dell’organismo nel suo insieme solo come un approccio temporaneo. Ma l’analisi della gerarchia degli esseri viventi mostra che ridurre questa gerarchia a particolari ultimi significa cancellare la nostra stessa visione di essa. Tale analisi prova che questo ideale è sia falso sia distruttivo.
Ciascun livello separato di esistenza è ovviamente interessante in se stesso e può essere studiato in se stesso. La fenomenologia ha insegnato ciò mostrando come salvare i livelli più alti, meno tangibili di esperienza non tentando di interpretarli in termini delle cose più tangibili in cui è radicata la loro esistenza. Questo metodo era inteso a prevenire la riduzione dell’esistenza mentale dell’uomo a strutture meccaniche. I risultati del metodo sono stati abbondanti ed ancora lo sono, ma la fenomenologia ha lasciato intatto l’ideale della scienza esatta e così non è riuscita ad assicurare l’esclusione delle sue tesi. Così gli studi fenomenologici sono riamasti sospesi sopra un abisso di riduzionismo. Inoltre, la relazione dei principi superiori con le operazioni dei livelli in cui essi sono radicati fu persa del tutto di vista.
Ho menzionato come debba essere studiata una gerarchia controllata da una serie di principi di confine. Quando esaminiamo qualsiasi livello superiore, dobbiamo rimanere consapevoli in modo sussidiario dei suoi fondamenti nei livelli inferiori e, volgendo la nostra attenzione a questi, dobbiamo continuare a vederli come influenti sui livelli al disopra di essi. Questa alternanza di dettaglio e di integrazione certo lascia aperti molti rischi. Il dettaglio può portare ad eccessi di pedanteria, mentre integrazioni troppo ampie possono offrirci un vago impressionismo. Ma il principio delle relazioni stratificate offre almeno un quadro razionale per una ricerca sugli esseri viventi ed i prodotti del pensiero umano.
Ho detto che la discesa analitica dai livelli superiori ai loro sussidiari di solito è fattibile in qualche misura, mentre l’integrazione di elementi di un livello inferiore tanto da predire il loro possibile significato in un contesto superiore può andare oltre l’ambito delle nostre capacità di integrazione. Posso ora aggiungere che le stesse cose possono apparire dotate di un significato congiunto se viste da un certo punto di vista, ma prive invece di questa connessione se viste da un altro punto di vista. Da un aeroplano possiamo vedere le tracce di siti preistorici che, lungo i secoli, sono passate inosservate da parte delle persone che ci passavano sopra; in effetti, una volta atterrato, lo stesso pilota può non vedere più queste tracce.
La relazione della mente con il corpo ha una struttura simile. Il problema mente-corpo nasce dalla disparità fra l’esperienza di una persona che osserva un oggetto esterno, per esempio un gatto, ed un neurofisiologo che osserva il meccanismo corporeo mediante il quale la persona vede il gatto.
La differenza nasce dal fatto che una persona posta all’interno del suo corpo ha una conoscenza a partire da delle risposte corporee evocate dalla luce nei suoi organi di senso, e questa conoscenza a partire da integra il significato congiunto di queste risposte a formare la visione del gatto; mentre il neurofisiologo che guarda a queste risposte dall’esterno ha solo una conoscenza a di esse che, come tale, non è integrata nella visione del gatto.
Questa è la stessa dualità che esiste fra l’aviatore e il pedone nell’interpretare le stesse tracce; ed è anche la stessa che esiste fra una persona che, quando legge una frase scritta, vede il suo significato ed un’altra persona che, essendo ignorante del linguaggio, vede solo lo scritto. La mente è il significato di certi meccanismi corporei; essa è persa di vista quando guardiamo ad essi in modo focale.
La consapevolezza della mente e del corpo ci pone quindi di fronte due cose differenti. Grazie all’esistenza di due tipi di consapevolezza – la focale e la sussidiaria – possiamo distinguere nettamente fra la mente come un’esperienza da-a ed i sussidiari di quest’esperienza quando sono visti in modo focale, come un meccanismo corporeo. Possiamo allora vedere che, sebbene radicata nel corpo, la mente è libera nelle sue azioni – esattamente come il nostro senso comune sa che essa è libera. La mente imbriglia meccanismi neuro-fisiologici; sebbene essa dipenda da essi, non è determinata da essi.
Inoltre, la stessa mente include una sequenza ascendente di principi. Le sue funzioni appetitive ed intellettuali sono trascese da principi di responsabilità. Così lo sviluppo dell’uomo fino ai suoi livelli più elevati appare avere luogo lungo una sequenza di principi crescenti. E vediamo questa gerarchia evolutiva costruita come una successione di confini, ciascuno rivolto verso realizzazioni superiori imbrigliando gli strati al disotto di esso, cui essi stessi non sono riducibili. Questi confini controllano una serie crescente di relazioni che possiamo comprendere solo essendo coscienti delle loro parti costitutive in modo sussidiario, riferendole al livello superiore al cui servizio esse sono.
Il riconoscimento di certe impossibilità di base ha posto i fondamenti di alcuni principi fondamentali della fisica e della chimica; in modo simile, il riconoscimento dell’impossibilità di comprendere gli esseri viventi in termini di fisica e di chimica, lungi dal porre limiti alla nostra comprensione della vita, la guiderà nella direzione giusta. Ed anche se la dimostrazione di questa impossibilità dovesse risultare di non grande vantaggio per lo sviluppo della ricerca, essa aiuterebbe a disegnare un’immagine della vita e dell’uomo più vera di quella che presentano le attuali concezioni di base della biologia.
(1) Il programma portato dalla molecola di DNA di un particolare zigote prescrive anche caratteri individuali di questo organismo, che contribuiranno alle fonti della valutazione selettiva; ma lasceremo qui da parte questi caratteri.
(2) Cfr. Paul Weiss, La combinazione di unità complesse macromolecolari e cellulari nella struttura dei tessuti, «Proceedings of the National Academy of Sciences» 42 (1956), pp. 819-830.
(3) Il concetto di campo è stato usato per la prima volta da Spemann (1921) per descrivere l’organizzatore; Paul Weiss (1923) lo ha introdotto per lo studio della rigenerazione e lo ha esteso (1926) fino ad includere l’ontogenesi. Cfr. Paul Weiss, Principles of Development, Henry Holt, New York 1939, p. 290.
(4) Cfr. Per esempio, C.H. Waddington, The Strategy of the Genes, Allen & Unwin, London 1957, in particolare la spiegazione grafica dell’«assimilazione genetica» a p. 167.
(5) Cfr., per esempio, M. Polanyi, Logica e psicologia, «American Psychologist» 23 (1968), pp. 27-43.