Riportiamo un’intervista rilasciata dall’astronomo statunitense Allan Rex Sandage. Occupatosi a lungo dello studio di evoluzione stellare e di cosmologia osservativa, a lui si deve nel 1961 l’identificazione del primo quasar, 3C 48. In questa intervista, l’astronomo espone la sua visione della relazione tra la ricerca scientifica e la sapienza della fede. Il lettore noterà che con l’uso del termine “creazione”, lo scienziato vuole semplicemente riferirsi agli stadi iniziali del nostro universo.
Riportiamo un'intervista rilasciata dall'astronomo statunitense Allan Rex Sandage. Nato ad Iowa City, Iowa, nel 1926, dopo gli studi all'Università dell'Illinois e al California Institute of Technology nel 1952, Sandage si è occupato a lungo dello studio di evoluzione stellare e di cosmologia osservativa. A lui si deve nel 1961 l'identificazione con T.A. Matthews del primo quasar , 3C 48, sul cui spettro egli poté riconoscere la presenza di un alto redshift, tipico di queste sorgenti extragalattiche. Oltre allo studio di radiosorgenti, negli anni successivi Sandage si è dedicato alla misura accurata della “costante di Hubble”, parametro mediante il quale è possibile risalire all'età dell'universo. In questa intervista, l'astronomo espone la sua visione della relazione tra la ricerca scientifica e la sapienza della fede. Il lettore noterà che con l'uso del termine “creazione”, lo scienziato vuole semplicemente riferirsi agli stadi iniziali del nostro universo.
D. L'esistenza di Dio può essere dimostrata?
R. «Dovrei dire di no con lo stesso tipo di certezza che attribuiamo ad affermazioni come: “La Terra orbita attorno al Sole ad una distanza media di 93 milioni di miglia, facendo un giro completo in 365,25 giorni” o “L'informazione genetica è codificata in lunghe catene di proteine di DNA, che, nelle cellule di un particolare individuo, si replicano durante la mitosi, e nella riproduzione si uniscono col DNA di un altro individuo per produrre la somiglianza ereditaria della progenie con i loro genitori, ecc. ”. È innegabile il successo enorme della scienza nel mostrare tali fatti, che hanno una forte dose di certezza, e questo successo semplicemente non può essere ignorato. Le prove dell'esistenza di Dio sono sempre state di tipo differente – e questo è un punto cruciale che deve essere capito da quegli scienziati che accettano solamente risultati che possano essere ottenuti tramite il metodo scientifico. Per loro Dio non potrà mai essere dimostrato per questa ragione (quelli che negano Dio al principio non troveranno mai Dio con qualche forma di ragionamento circolare). La scienza illumina intensamente, ma solo una parte della realtà. Le prove classiche di Dio da parte di Anselmo e di Tommaso d'Aquino attraverso la “Teologia naturale” non danno lo stesso tipo di appagamento come le prove di affermazioni che giungono attraverso il metodo scientifico. Alla mente moderna sembrano inventate. Tuttavia furono sufficienti a Pascal per giungere finalmente alla sua certezza nell'esistenza di Dio, preparando la sua mente alla necessità di Dio, se il mondo deve avere un senso ultimo. Dopo questa preparazione, semplicemente ha potuto abbandonare il Dio della teologia naturale e dei filosofi e alla fine ha voluto se stesso nella fede saltando al di là dell'abisso, dal limite della ragione su questo lato del baratro. Per quelli che hanno fatto esperienza di questa strada per giungere a Dio, direi che, per loro, l'esistenza di Dio è stata dimostrata oltre ogni dubbio»
D. Deve per forza esserci un conflitto fra scienza e religione?
R. «Per me no, se è chiaro che ciascuna tratta un aspetto differente della realtà. La Bibbia non è certo un libro di scienza: uno non la studia per trovarci le intensità e le lunghezze d'onda delle linee di Balmer per l'idrogeno, né la scienza ha a che fare con le proprietà ultime spirituali del mondo, che sono anch'esse reali. La scienza rende esplicito l'incredibile ordine naturale, le interconnessioni a molti livelli tra le leggi della fisica, le reazioni chimiche nei processi biologici della vita, ecc. Ma la scienza può rispondere solo ad un tipo fissato di domande, che concernono il cosa, il dove e il come. Con il suo metodo, potente quanto esso sia, non risponde (e in verità non può) al perché. Perché c'è qualcosa invece che niente? Perché gli elettroni hanno tutti la stessa carica e massa? Perché la progettualità e l'ordine (design) che noi vediamo dappertutto è così veramente miracoloso? Perché così tanti processi sono così profondamente interconnessi? Ma dobbiamo ammettere che quegli scienziati che vogliono vedervi un progetto ci vedranno davvero un progetto, mentre quelli che sono contenti di vivere completamente come riduzionisti materialisti (che è ciò che dobbiamo tutti fare tuuti, ma solo in quanto scienziati in laboratorio, che è il luogo della pratica della nostra arte) non ammetteranno mai un mistero nelle cose che vedono, sempre rinviando di volta in volta, aspettando una spiegazione riduzionista per ciò che è ancora ignoto. Ma portare questo credo riduzionista al livello più profondo e a un tempo indefinito nel futuro (e indefinito sempre rimarrà), quando “la scienza conoscerà ogni cosa”, è esso stesso un atto di fede, che nega che ci possa essere qualcosa di sconosciuto alla scienza, almeno per principio. Ma le cose dello spirito non sono cose della scienza. Non c'è bisogno di conflitti fra scienza e religione se ciascuno apprezza i propri confini e se ciascuna prende seriamente in considerazione le domande dell'altra. I successi ottenuti della scienza non possono essere semplicemente ignorati dalla Chiesa. Né può essere ignorata la pretesa della Chiesa di spiegare il mondo secondo un livello più profondo. Se Dio non esistesse, la scienza dovrebbe (in realtà deve) inventarne il concetto al fine di spiegare ciò che essa sta scoprendo al nocciolo più intimo delle sue ricerche. Suona ancora vero il detto di Abelardo del XII secolo: “La verità non può essere contraria alla verità. Le scoperte della ragione devono accordarsi con le verità della Scrittura, altrimenti il Dio che ci ha date entrambe ci ha ingannati, con l'una o con l'altra”. Se non c'è Dio, niente ha senso. La condizione di atei è basata su un inganno, che segue già dalle loro premesse iniziali, premesse che essi vogliono fare su se stessi. E se c'è un Dio, deve essere vero sia per la scienza che per la religione. Se così non appare, allora l'ermeneutica di una di esse (quella di un pastore o di uno scienziato) deve essere sbagliata. Io credo che ci sia una chiara, grave e immediata responsabilità per la Chiesa di capire e di credere ai risultati straordinari e alle affermazioni della scienza: il suo successo è semplicemente troppo evidente e visibile per essere ignorato. È altresì incombente per gli scienziati capire che la scienza è incapace, a causa delle limitazioni del suo metodo basato sulla sola ragione, di spiegare e comprendere ogni cosa della realtà. Se il mondo deve essere banalmente compreso da un nichilismo materialista-riduzionista, alllora il mondo non avrebbe senso. Per questo, appaiono profondi i versetti Rm 1,19-21: “poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa”. E più profondamente ogni scienziato si spinge nel suo lavoro, più tale lavoro diviene profondo».
D. Le recenti scoperte astronomiche hanno un significato teologico?
R. «Non direi, sebbene la scoperta dell'espansione dell'Universo con le sue conseguenze riguardanti la possibilità che astronomi abbiano identificato l'evento della creazione mette veramente la cosmologia astronomica vicino al tipo di teologia naturale medievale che ha cercato di trovare Dio identificandolo con la causa prima. Gli astronomi possono aver trovato il primo effetto, ma non, quindi, necessariamente la causa prima cercata da Anselmo e Tommaso. Tuttavia ci sono serie riviste scientifiche che discutono su eventi avvenuti molto poco dopo la creazione (dal nulla?) con il Big Bang, con il quale tutti i tipi di materia che conosciamo sono stati fatti, e in quali quantità. Ora si dice che la creazione della materia è stata finalmente capita. Le osservazioni astronomiche hanno anche suggerito che l'evento della creazione, segnalato dalla espansione dell'Universo, è accaduto solo una volta. L'espansione continuerà per sempre, l'Universo non collasserà su se stesso e perciò questo tipo di creazione non accadrà più. Ma la conoscenza della creazione non è la conoscenza del Creatore, né qualsiasi scoperta astronomica ci dice perché l'evento è successo. È veramente qualcosa di oprannaturale (cioè fuori dalla comprensione del naturale ordine delle cose), e dunque per definizione, un miracolo. Ma la natura di Dio non deve essere trovata dentro alcuna di queste scoperte della scienza. Per questo si deve tornare alle Scritture, se davvero il nostro limitato intelletto umano vuole cogliere una risposta ».
D. Può una persona essere uno scienziato e un cristiano?
R. «Sì. Come ho già detto, il mondo è troppo complicato in tutte le sue parti e interconnessioni per essere dovuto solamente al caso. Sono personalmente convinto che l'esistenza della vita con tutto il suo ordine in ognuno dei suoi organismi è assemblata semplicemente troppo bene. Ogni parte di un corpo vivente dipende da tutte le alte parti (del corpo) per potere funzionare. Come fa ogni parte a saperlo? Come ogni parte si differenzia al concepimento? Più si studia la biochimica, più diventa incredibile che non ci sia una qualche sorta di principio organizzatore, un architetto, per chi crede, o un mistero che deve essere risolto (proprio come il perché) in qualche momento di futuro indefinito, per coloro che si riconsocono riduzionisti e materialisti. La complicatezza e l'ordine che permette il funzionamento di un organismo, dove il tutto è più grande della somma delle parti (e cioè appartiene ad un ordine superiore), diventano più stupefacenti ogni anno, via via che i risultati scientifici divengono più dettagliati. A causa di ciò, molti scienziati ora sono portati verso la fede dal loro stesso lavoro. In ultima analisi, è una fede che sembra irrobustirsi a partire dall'“argomento del disegno”. Personalmente non credo che la filosofia riduzionista, pur così necessaria per il metodo scientifico, un metodo – lo ripeto – che ogni scienziato deve padroneggiare e praticare con tutta la sua forza e le proprie capacità, possa spiegare ogni cosa. Spinti, attraverso il percorso di Pascal e Kierkegaard, dalla necessità di trovare una finalità nelle cose, fino a giungere al limite dell'abisso della ragione, gli scienziati possono, con Anselmo, “credere per capire” quello che vedono, piuttosto che “capire per credere”. Avendo uno desiderato intensamente la fede, saltando all'altro lato del fossato, uno può lanciare inizialmente un piccolo filo sull'abisso, tirandovi poi dietro una corda più robusta, fino a quando uno costruirà un ponte capace di attraversare quel fossato che collega quei due aspetti della vita umana che sono la fede e la ragione. È quindi attraverso la fede che uno scienziato può diventare un cristiano, e rimanere uno scienziato credente, secondo la forma del detto di Abelardo. Senza questa fede non c'è scopo, e quando non c'è scopo tutti gli argomenti che ne riconoscono invece la necessità finiscono col guidare ancora una volta a costruire il ponte di Pascal».
Fonte: http://www.leaderu.com/truth/1truth15.html
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