Presentiamo una breve testimonianza di Arthur Compton, Nobel per la Fisica nel 1927, sui “modi” con cui di Dio si fa presente, anche all’uomo di scienza: come sommo bene, come fondamento dell’essere e, infine, attraverso l’esempio dei cristiani.
Dio mi si presenta sotto tre aspetti strettamente connessi. Nel primo aspetto, quello generalmente considerato, Dio appare come il sommo bene conosciuto, a cui perciò si dedica la propria vita. In lui è amore, bellezza, armonia e bontà, “la voce impercettibile”, in cui il cristiano trova la sua luce, la sua coscienza e la fonte della felicità.
Sotto il secondo aspetto Dio è, a mio avviso, il fondamento dell'essere, della vita e dell'azione – rappresentato come forza pensante che partecipa in modo particolare alla vita delle sue creature dotate come lui di pensiero, le quali assieme a lui sono responsabili per la loro parte della formazione del mondo. Questa concezione di Dio supera il concetto di forze naturali conosciute scientificamente, e investe un ambito che è al di là di ogni esperienza.
Quando una tale concezione è compresa da coloro che dispongono di una certa esperienza delle cose religiose, essa diventa per loro di importanza vitale. La possibilità di collaborare con il loro Dio alla creazione della vita per raggiungere la libertà, è per loro incitamento e obbligo insieme, anzi missione ad ampliare sempre di più la cerchia dei collaboratori responsabili e con ciò rendere possibile anche ad altri di divenire partecipi di quei diritti inalienabili che il Creatore ha concesso ai suoi figli.
Inoltre Dio mi si manifesta nella vita esemplare di nobili uomini. Infatti sono essi che mi mostrano la possibilità di quell'azione attiva che conferisce alla nostra esistenza il suo vero contenuto. Potrà apparire strano che Cristo non abbia mai sollevato il problema della guerra e della pace tra gli uomini. Per lui non c'era altra preoccupazione che quella dell'uomo singolo come personalità al cospetto di Dio. Il suo scopo era quello di mostrare all'uomo la via della pace interiore, che le necessità esteriori, la guerra o la morte, non possono turbare. D'altra parte Gesù s'interessò molto della vita stessa e dell'atteggiamento interiore degli uomini verso gli altri uomini. Così la fede cristiana determinò una società umana più libera, che supera le comunità comunali e statali, in quanto ogni membro nella società degli uomini liberi si preoccupa sinceramente del bene del suo prossimo.
È tipico della società della nostra era tecnica, che i suoi membri dipendano strettamente gli uni dagli altri. Ognuno di noi lavora per altri. Ma questo lavoro può essere valido solo se esso soddisfa anche gli altri per i quali è compiuto. Con ciò la società in cui l'amore del prossimo è un primato dell'ordine sociale, acquista nuova forza. Il grande compito che ci è riservato è niente di meno che quello di sviluppare una civiltà in cui gli uomini crescano in vera libertà, per essere degni della loro grande eredità di “figli di Dio”.
Arthur Compton, Lebensgestaltung und Menschheitsziele im Atomzeitalter, in Universitas, Zeitschrift für Wissenschaft, Kunst und Literatur, Stoccarda 1957, fasc. 6, pp. 612-613 ; tr. it. in H. Muschalek, Dio e gli scienziati, Paoline, Alba 1972, pp. 43-45.