Johann Gregor Mendel nacque il 22 luglio 1822 nella Slesia austriaca, in una famiglia profondamente cristiana. Dal 1834 al 1840 frequentò il ginnasio statale di Troppau, e poi la facoltà di Filosofia ad Olmütz. Conclusi gli studi entrò nel monastero agostiniano di Brno, centro di cultura e di scienza molto apprezzato all'epoca. Ricevette l'ordinazione sacerdotale il 6 agosto del 1847. Negli anni 1851-1853 si recò presso l'Università di Vienna per completare la formazione scientifica e avviarsi alla metodologia sperimentale, specie all'applicazione dei metodi matematici nell'elaborazione dei risultati. Tornato a Brno, fu docente di fisica e storia naturale alla Scuola Reale Superiore.
Nel 1854 iniziò gli esperimenti di incrocio di piante impiegando come laboratorio l'orto del suo monastero, con lo scopo di trovare delle leggi che spiegassero la continuità nella trasmissione dei caratteri. Selezionò 22 varietà di piselli e prestò attenzione a 7 coppie di proprietà opposte, facili da distinguere (forma del seme, grandezza della pianta, colore dei cotiledoni, ecc.). Ogni primavera guardava i risultati e li interpretava con cura, procedendo all'elaborazione statistica dei dati. Dopo aver analizzato circa 30.000 piante di Pisum sativum in dieci anni di lavoro, arrivò a formulare le leggi fondamentali dell'ereditarietà, valide ancor oggi, e spiegate a distanza di più di un secolo anche a livello della biologia molecolare.
Mendel constatò che, con l'incrocio di diverse specie di piselli, si otteneva una prima generazione di ibridi formati da individui apparentemente uniformi, e che, nelle generazioni seguenti, aveva luogo una segregazione di caratteri, seguendo proporzioni matematiche. Lo studio simultaneo della trasmissione di caratteri differenti mostrava che ciascuno di essi si ereditava indipendentemente. Questi risultati si spiegavano soltanto se i "caratteri" (giallo e verde, liscio e rugoso, ecc.) si fossero considerati come portati da "unità" che, pur associandosi negli ibridi, restavano distinte e capaci di separarsi di nuovo al momento della formazione delle cellule gametiche, e di ricombinarsi poi a caso, attraverso queste, in una successiva generazione. Formulò un ulteriore piano di esperimenti al fine di verificare le supposizioni fatte. I risultati corrisposero alla previsione teorica.
Seguendo la regolare prassi scientifica, Mendel presentò i risultati durante due sedute della Società di Scienze Naturali di Brno, nel febbraio e nel marzo del 1865. Gli assistenti non diedero importanza alla novità di combinare botanica e matematica. La ricerca fu pubblicata negli Atti della Società nel 1866, con il titolo Ricerche su ibridi vegetali. Furono spedite in Europa 120 copie della relazione, che giunsero ai maggiori biologi del momento, ma nessuno si accorse dell'importanza veramente rivoluzionaria di questo lavoro. Dovettero passare 35 anni prima che Mendel fosse riconosciuto come iniziatore della genetica.
Mendel ha vissuto l'attività scientifica con la massima dedizione, senza esitare a distaccarsene quando, nel 1866, fu eletto all'unanimità abate del monastero. Egli adempì scrupolosamente i suoi obblighi come uomo religioso e sacerdote. La nostra conoscenza della personalità di Mendel è stata di recente arricchita dalla pubblicazione di due sunti autografi di prediche da lui tenute, compilati negli ultimi anni di vita. Chi scorre queste sue riflessioni avverte che in esse parla un uomo di fede profonda, un buon pastore di anime, che pensa in unità con la Chiesa e intende trasmettere queste sue convinzioni al suo uditorio.
Negli ultimi anni della vita dovette impegnare le sue forze lottando per vedere riconosciuto un presunto diritto. Il governo austriaco, per ridurre il dissesto finanziario, aveva imposto gravi tasse ai monasteri, e Mendel riteneva ingiusta questa legge. Ripetutamente egli scrisse lunghe lettere spiegando il suo modo di intendere la legge e, con la sua tipica perseveranza, rifiutò di pagare le tasse. Per questa situazione egli venne gradualmente isolato dai suoi precedenti amici e anche dalla comunità.
La scoperta di Mendel fu di importanza straordinaria. Si è discusso molto se egli fosse giunto alle sue conclusioni solo per tentativi, grazie alla costanza di accumulare casi su casi, ma sembra che le cose non siano andate così. Da una parte, bisogna riconoscere che la scelta del pisello comune si rivelò fortunata perché questa specie presenta caratteristiche costanti e ben definite. D'altra parte, Mendel aveva ben presente quale ipotesi andasse a verificare: che l'ereditarietà fosse un fenomeno "particellare", dovuto cioè all'azione di "unità" o "fattori specifici" presenti nei genitori. Come è noto, si trattava di un'ipotesi innovativa, dato che il modello generalmente accettato era quello di ereditarietà per "rimescolamento" di caratteri plasmabili esistenti nel sangue. C'è anche chi ricorda il ruolo attribuito da sant'Agostino alle proporzioni matematiche nella comprensione della natura. Fin da giovane, Mendel era convinto che «le forze della natura agiscono secondo una segreta armonia, che è compito dell'uomo scoprire per il bene dell'uomo stesso e la gloria del Creatore».
È proprio a livello del metodo che si rileva un fondamentale contributo di Mendel: egli applica per la prima volta lo strumento matematico, in particolare la statistica e il calcolo delle probabilità, allo studio dell'ereditarietà biologica. Trentacinque anni dopo la scoperta delle leggi mendeliane, l'olandese Hugo de Vries, il tedesco Carl Correns e l'austriaco Erich von Tschermak dopo essere giunti alle stesse conclusioni del monaco boemio, si accorsero della sua opera e riconobbero il merito a Gregor Mendel. Così, nel 1900 l'opera di Mendel riuscì ad avere il luogo che li corrispondeva nella storia della scienza. La scienza dell'ereditarietà ricevette il nome di Genetica nel 1906 ad opera di William Bateson; il termine "gene" fu introdotto ancora più tardi, nel 1909, da Wilhem Johansen.
Bibliografia:
GIOVANNI PAOLO II, Discorso per la commemorazione dell'Abate Gregorio Mendel nella ricorrenza del I centenario della morte, 10 marzo 1984
C. RICHTER, Remembering Johann Gregor Mendel: a human, a Catholic priest, an Augustinian monk, and abbot, in «Molecular Genetics & Genomic Medicine», Novembre 2015 (doi: 10.1002/mgg3.186)
A. SERRA, Johann Gregor Mendel, in DISF, vol. II, pp. 1967-1972
G. SERMONTI, Mendel, nascita e rinascita della genetica, La Scuola, Brescia 1984
A. SERRA, G. NERI (a cura di), Nuova genetica uomo e società. Atti del simposio nel centenario della morte di J. G. Mendel, Vita e pensiero, Milano 1986