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La causalità di Dio nella creazione: sulle "rationes seminales" e l'evoluzione dei viventi

Agostino di Ippona
401-415

De Genesi ad litteram, IV, 12, 33, V, 21-23 e VI, 6

I brani qui selezionati da una delle principali opere esegetiche del vescovo di Ippona manifestano la comprensione che sant’Agostino ebbe del rapporto fra provvidenza di Dio, capace di raggiungere i più piccoli dettagli del creato, e sviluppo del mondo della vita, con le sue forme e le sue potenzialità. Il Creatore è causa ed energia per cui sussiste ogni creatura; la sua "virtù operativa" dà esistenza, vita e movimento ad ogni cosa. Il mondo, quando Dio creò simultaneamente tutte le cose, conteneva inoltre gli esseri che l'acqua e la terra produssero virtualmente e causalmente, prima che comparissero nel corso dei tempi e che noi ormai conosciamo come opere che Dio continua a compiere fino al presente. Sebbene le sue riflessioni, prese in senso stretto, siano più facilmente applicabili all’embriogenesi che all’ontogenesi, lette in un contesto più ampio, offrono luci chiare per una corretta visione del rapporto fra creazione ed evoluzione.

Un altro modo di conciliare il riposo di Dio e la sua continua attività. 

12. 22. Si potrebbe anche pensare che Dio si riposò dal creare altre specie di creature poiché in seguito non creò più nuove specie, ma da allora egli opera fino al presente e continuerà anche dopo a operare governando le medesime specie di esseri che furono create allora; nondimeno neppure in quello stesso settimo giorno Dio cessò di governare con la sua potenza il cielo, la terra e tutti gli altri esseri ch'egli aveva creato, altrimenti sarebbero caduti nel nulla. In effetti la potenza del Creatore e l'energia dell'Onnipotente e dell'Onnipresente è la causa per cui sussiste ogni creatura; se questa energia cessasse un sol momento di governare gli esseri creati, finirebbe allo stesso tempo anche la loro essenza, e ogni natura cadrebbe nel nulla. Poiché Dio non è come un costruttore che, dopo aver costruito un edificio, se ne va, ma la sua opera sussiste anche quando egli cessa di agire e se ne va; il mondo invece non potrebbe continuare a esistere neppure un batter d'occhio se Dio gli sottraesse la sua azione reggitrice.

Ancora lo stesso argomento.

12. 23. Ecco perché anche l'affermazione del Signore: Il Padre mio opera ancora fino al presente mostra una - diciamo così - continuazione dell'opera del Padre, grazie alla quale mantiene e governa tutto il creato. Diverso infatti potrebbe essere il senso di queste parole, se il Signore avesse detto: "e opera adesso", poiché non sarebbe necessario che l'intendessimo come continuazione della stessa opera. Ma un altro è il senso che ci è imposto dall'espressione: fino al presente, vale a dire: "dal momento in cui egli operò creando tutte le cose". Inoltre quando la Scrittura dice riguardo alla Sapienza di Dio: Si estende da un confine all'altro con forza e governa con bontà ogni cosa, della quale la stessa Scrittura dice parimenti: il suo movimento è più veloce di tutti i moti, appare assai evidente, a chi bene osserva, ch'essa comunica questo medesimo suo movimento, incomparabile e ineffabile - che potremmo chiamare stabile se potessimo concepire un simile attributo - alle cose per disporle con bontà; se però questo movimento venisse loro sottratto, se cioè Dio cessasse di esercitare questa sua azione, le cose scomparirebbero immediatamente. Quanto poi all'affermazione che fa l'Apostolo parlando di Dio agli Ateniesi: È in lui che noi abbiamo la vita, il movimento e l'essere , se viene intesa chiaramente nella misura concessa alla mente umana, essa suffraga la convinzione per cui crediamo e affermiamo che Dio agisce continuamente riguardo agli esseri da lui creati. Noi infatti non esistiamo in lui come un elemento che costituisca la sua natura nel senso in cui la Scrittura dice ch'egli ha la vita in se stesso; ma pur essendo esseri certamente differenti da lui, noi siamo in lui solo perché egli effettua ciò mediante la sua azione e quest'azione è quella per cui egli mantiene tutto e per cui la sua Sapienza si estende da un confine all'altro con forza e governa tutto con bontà; è in virtù di questo divino governo che noi abbiamo la vita, il movimento e il nostro essere in lui. Per conseguenza, se Dio sottraesse alle creature questa sua virtù operativa, noi cesseremmo di vivere, di muoverci e di essere. È chiaro dunque che Dio non ha cessato nemmeno per un sol giorno la sua azione di governare le creature da lui create, per evitare che perdessero sull'istante i loro movimenti naturali mediante i quali si muovono e vivono e così sono nature complete e ciascuna continua a rimanere nello stato ch'essa ha conforme alla sua propria specie; altrimenti le creature cesserebbero completamente di esistere, se fosse loro tolto il movimento della divina Sapienza con cui Dio governa tutto con bontà. Noi perciò intendiamo il fatto che Dio si riposò da tutte le sue opere che aveva fatte, nel senso che da quel momento in poi non creò più nessun'altra natura nuova, non nel senso che cessò dal mantenere e governare gli esseri da lui creati. È dunque vero non solo che Dio si riposò il settimo giorno, ma altresì ch'egli continua ad agire fino al presente.

La creazione avvenne simultaneamente o a intervalli di giorni?

33. 51. Ma se l’intelletto può afferrare simultaneamente tutte le cose che la Scrittura narra separatamente ad una ad una in base all'ordine delle cause connesse tra loro, possiamo chiederci: furono forse fatte simultaneamente anche tutte le cose, come il firmamento, l'ammassarsi delle acque in un sol luogo, l'apparire della terraferma, il germinare degli alberi e dei frutti, la formazione dei luminari del cielo e delle stelle, gli animali acquatici e terrestri? Tutte le cose non furono piuttosto create a intervalli di tempo ciascuna in un giorno fissato? O dobbiamo forse immaginare che la costituzione delle cose nella loro origine primordiale sia avvenuta non secondo l'esperienza che noi abbiamo dei loro movimenti naturali, ma secondo il mirabile e ineffabile potere della Sapienza di Dio che si estende con forza da un'estremità all'altra del mondo e governa con bontà ogni cosa? Infatti l'estendersi della Sapienza non è graduale né arriva - diciamo così - per passi successivi. Ecco perché quanto facile è per la Sapienza effettuare il suo movimento nella misura più efficace, altrettanto facile fu per Dio creare tutte le cose, poiché queste furono create per mezzo di essa; di conseguenza, se noi adesso vediamo le creature muoversi attraverso vari periodi di tempo per compiere le azioni proprie della natura di ciascuna di esse, ciò deriva dalle ragioni [causali] che Dio ha inserito in esse e che ha sparso a guida di semi nell'istante della creazione, quando disse e le cose furono fatte, comandò e le cose furono create.

Perché si deve sostenere la creazione simultanea delle cose.

33. 52. La creazione pertanto non avvenne lentamente affinché nelle creature, che sono lente per loro natura, potesse inserirsi un lento sviluppo né i secoli furono creati nello spazio di tempo con cui essi trascorrono. I tempi infatti conducono a termine le potenzialità relative allo sviluppo degli esseri in loro inserite quando furono creati in un attimo senza tempo. In caso contrario, se pensassimo che quando le cose furono create all'origine dal Verbo di Dio, i loro movimenti naturali e l'abituale durata dei giorni fossero come quelli che noi conosciamo, ci sarebbe stato bisogno non d'un solo giorno, ma di più giorni perché le piante, che si sviluppano dalle radici e rivestono la terra, germogliassero prima sotterra e poi spuntassero verso l'alto dopo un determinato numero di giorni, ciascuna secondo la sua specie. Dovremmo inoltre supporre che ciò fosse un processo continuo anche se la Scrittura narra la creazione della loro natura come avvenuta in un sol giorno, cioè nel terzo giorno. E poi quanti giorni sarebbero occorsi perché gli uccelli volassero se, venendo alla luce da un proprio germe primordiale, arrivarono a rivestirsi di piume e di penne seguendo i ritmi propri della loro natura? Si può forse dire ch'erano state create solo le uova quando la Scrittura dice che al quinto giorno le acque produssero ogni volatile alato secondo la sua specie? Oppure, se ciò potesse esser detto ragionevolmente, poiché nella sostanza liquida delle uova c'erano già tutti gli elementi che in un determinato numero di giorni si organizzano e si sviluppano in un certo modo - dato che v'erano già le stesse ragioni [seminali] determinanti il ritmo di sviluppo intimamente inserite in modo incorporeo negli esseri corporei -, perché non sarebbe giusto dire la stessa cosa anche prima che esistessero le uova, poiché nell'elemento liquido sarebbero già state prodotte le stesse ragioni [seminali] grazie alle quali gli uccelli sarebbero potuti nascere e arrivare al completo sviluppo nello spazio di tempo richiesto per ciascuna specie? La Scrittura infatti, a proposito del medesimo Creatore, del quale narra che terminò tutte le sue opere in sei giorni, in un altro passo, non contrastante con questo, dice che creò tutte le cose nello stesso tempo. Per conseguenza Colui che tutte le cose creò nello stesso tempo anche simultaneamente fece questi sei o sette giorni o, per meglio dire, l'unico giorno ripetuto sei o sette volte. Che bisogno c'era dunque d'enumerare questi sei giorni in modo tanto preciso e ordinato? Sicuro: era necessario poiché quelli che non possono comprendere l'asserzione della Scrittura: [Dio] creò tutto nello stesso tempo, non potrebbero arrivare allo scopo a cui li conduce il racconto se questo non procedesse seguendo la lentezza dei loro passi.

da De Genesi ad litteram, libro IV, 12, 33.

 

Tutto è governato dalla divina Provvidenza

21. 42. Gli esseri, che si formano e nascono nel tempo, ci devono insegnare come dobbiamo considerare queste cose. Non senza ragione infatti la Scrittura dice che la Sapienza si mostra benignamente a coloro che l'amano nei loro sentieri e va loro incontro con la sua infallibile provvidenza (Sap 6,17). Noi inoltre non dobbiamo ascoltare coloro, i quali pensano che dalla divina provvidenza sono governate solo le regioni più alte del mondo, quelle cioè che sono al margine esterno e al di sopra della nostra atmosfera più densa, ma che la parte più bassa che è la terra e il mare, come pure quella dell'atmosfera terrestre più vicina, che s'impregna d'umidità a causa delle esalazioni terrestri e marine — in cui si formano i venti e le nubi — sia piuttosto il gioco del caso e agitata da moti fortuiti. Contro questi tali parla il Salmo, che dopo aver espresso la lode [a Dio] degli esseri celesti, si rivolge anche a quelli della terra e dice: Lodate il Signore dalla terra, mostri marini e voi tutti, abissi; fuoco e grandine, neve e ghiaccio, venti di bufera che adempiono il suo comando (Sal 148,7-8). Ora, nulla pare essere tanto regolato dal caso quanto tutti questi fenomeni burrascosi e turbolenti, da cui è deformato e sconvolto l'aspetto di queste regioni inferiori del cielo — che non senza ragione è denotato anche con il nome di "terra" — ma quando [il Salmo] soggiunge: che adempiono il suo comando, mostra assai bene che anche l'ordinamento di questi fenomeni, soggetto al comando di Dio, anziché mancare alla natura dell'universo, sfugge piuttosto alla nostra intelligenza. Che dire dunque? Il Salvatore non ha forse detto di propria bocca che non cade in terra nemmeno un passero senza il permesso di Dio (cf. Mt 10,29). e che Dio riveste tuttavia l'erba dei campi sebbene destinata poco dopo ad essere gettata nel forno (cf. Mt 6,30)? Dicendo così, nostro Signore non ci assicura forse che non solo tutta questa parte del mondo assegnata agli esseri mortali e corruttibili ma anche le particelle più spregevoli e umili sono governate dalla divina provvidenza?

Argomenti comprovanti la divina Provvidenza

22. 43. Ma coloro che negano questa verità e non credono nella grande autorità delle Sacre Scritture, pensano che la parte del mondo abitata da noi è soggetta a movimenti dovuti al caso anziché governata dalla Sapienza del sommo Dio; per provarlo ricorrono ingiustamente a due argomenti: quello della variabilità delle stagioni, da me più sopra ricordato, o quello della felicità o infelicità degli uomini che capita loro ma non corrisponde ai meriti acquisiti nella vita. Se però osservassero il meraviglioso ordine che appare nelle membra del corpo d'un qualunque essere vivente — non dico ai medici, che per la necessità della loro professione le scrutano con cura dopo averle messe a nudo e identificate sezionandole, a un individuo qualunque d'intelligenza e riflessione mediocre — non esclamerebbero forse che questi corpi non cessano neppure un istante d'essere governati da Dio, autore d'ogni regola di misura, d'ogni armonia di numeri, d'ogni misura di pesi? Quale opinione può essere più assurda e più stolta di quella secondo la quale l'universo creato sarebbe sottratto alla volontà e al governo della Provvidenza, quando si vede che le creature più infime e spregevoli sono formate con un ordine così straordinario che, se ci si riflette più attentamente, suscitano un indicibile timore reverenziale e ammirazione? Dato poi che la natura dell'anima è superiore a quella del corpo, che c'è di più insensato che pensare che la provvidenza di Dio non giudica affatto il comportamento degli uomini, dal momento che nel loro corpo appaiono con straordinaria evidenza tante prove della sapiente cura che Dio ha delle creature? Ma siccome queste piccole creature sono alla portata dei nostri sensi e possiamo indagarle facilmente, risulta evidente in esse l'ordine che le regola, mentre quelle di cui non possiamo vedere l'ordine, sono giudicate prive di ordine da coloro che pensano non esista nient'altro all'infuori di ciò che possono vedere oppure, se credono che esista, lo suppongono della stessa natura di ciò che sono soliti vedere.

Come Dio ha creato simultaneamente ogni cosa eppure opera senza interruzione.

23. 44. Noi invece, i cui passi sono guidati dalla medesima divina provvidenza mediante la sacra Scrittura affinché non cadiamo in quell'errore, dovremmo sforzarci d'indagare, considerando le opere di Dio con il suo aiuto, dove egli aveva creato simultaneamente queste cose quando si riposò dalle opere che aveva portato a termine e delle quali produce fino al tempo presente le forme visibili attraverso la successione dei tempi. Consideriamo dunque la bellezza di un albero qualunque nel suo tronco, nei suoi rami, nelle sue foglie e nei suoi frutti; questa forma non è certo uscita all'improvviso dalla terra tale e quale in tutta la sua grandezza, ma piuttosto in seguito ad un processo di crescita che ci è noto. Esso infatti spuntò da una radice che un germe aveva piantato precedentemente nella terra e di poi tutti quegli elementi crebbero dopo aver preso la loro forma ed essersi sviluppati nelle diverse loro parti. Il germe inoltre proveniva da un seme: nel seme dunque erano originariamente tutti quegli elementi non già quanto alle dimensioni della loro massa corporea, ma come una forza e una potenza causale. Poiché le dimensioni [raggiunte dall'albero] si formarono grazie a una quantità di terra e di umidità. Ma più meravigliosa e più eccellente è l'energia insita in un piccolo granello, grazie alla quale l'umidità circostante, mescolata alla terra, forma — per così dire — una materia capace di cambiarsi in legno di tale natura, in rami che si spandono, in foglie verdi e di forma appropriata, in frutti attraenti e abbondanti, il tutto in un'ordinata diversità di tutte le sue parti. In realtà che cosa spunta o pende da un albero che non sia stato estratto o ricavato da quella sorta di tesoro nascosto che è il seme? Il seme però deriva da un albero, anche se non da quello ma da un altro, e quello deriva a sua volta da un altro seme; alle volte però l'albero deriva da un altro quando se ne toglie un virgulto e lo si trapianta. Non solo dunque il seme deriva dall'albero ma anche l'albero deriva dal seme e l'albero dall'albero, ma il seme non può derivare mai dal seme se non per tramite di un albero; un albero invece può derivare da un albero anche senza il tramite del seme. Così dunque l'uno deriva dall'altro attraverso alterne generazioni, ma l'uno e l'altro provengono dalla terra, mentre la terra non deriva da essi, ai quali perciò è anteriore la terra che li genera. Ciò vale anche per gli animali: può rimanere il dubbio se il germe viene dagli animali o viceversa ma, qualunque sia il primo di essi, è tuttavia assolutamente certo ch'esso viene dalla terra.

Potenzialità e causalità nella creazione

23. 45. Nel granello dunque erano già presenti invisibilmente tutti insieme gli elementi che nel corso del tempo si sarebbero sviluppati per formare l'albero; allo stesso modo dobbiamo immaginare che il mondo, quando Dio creò simultaneamente tutte le cose, conteneva simultaneamente tutti gli elementi creati in esso e con esso quando fu fatto il giorno: conteneva cioè non solo il cielo con il sole, la luna e le stelle — la cui forma specifica rimane inalterata durante il loro moto circolare — ma anche il mare e gli abissi che sono soggetti a movimenti — per così dire — incostanti ed essendo situati al di sotto [del cielo] costituiscono l'altra parte del mondo; conteneva inoltre gli esseri che l'acqua e la terra produssero virtualmente e causalmente, prima che comparissero nel corso dei tempi e che noi ormai conosciamo come opere che Dio continua a compiere fino al presente.

Conclusione

23. 46. In questo senso quindi [è detto]: Questo è il libro della creazione del cielo e della terra; quando fu creato il giorno, Dio fece il cielo e la terra e ogni specie di piante selvatiche prima ch'esistessero sulla terra e ogni specie di piante coltivate prima che germogliasse (Gen 2,4). Dio fece non già come agisce fino al presente mediante la pioggia e la lavorazione della terra praticata dagli uomini; per questo infatti [la Scrittura] aggiunge: Poiché Dio non aveva ancora fatto piovere, e non c'era ancora l'uomo che coltivasse la terra (Gen 2,5), ma nel modo in cui creò tutti gli esseri simultaneamente e li portò a termine in sei giorni presentando sei volte agli esseri da lui creati il giorno che aveva creato e lo presentò non già nell'avvicendarsi successivo di periodi di tempi, ma in un piano fatto conoscere qual era nelle sue cause. Dio si riposò dalle sue opere il settimo giorno, degnandosi di rivelare il suo riposo anche al "giorno" perché questo gioisse nel conoscerlo. Ecco perché Dio benedisse e dichiarò sacro quel giorno non a causa di alcuna sua opera ma del suo riposo. Da allora perciò Dio non crea più alcun'altra creatura ma agisce continuamente in quanto governa e guida con l'azione della sua assistenza tutte le creature da lui fatte simultaneamente mentre si riposa e agisce allo stesso tempo, come è stato già spiegato. Delle opere che Dio continua a compiere e che si devono sviluppare lungo il volgersi dei secoli la sacra Scrittura comincia in certo qual modo a narrarli dicendo: Una sorgente sgorgava dalla terra e irrigava tutta la superficie della terra (Gen 2,6). Poiché di questa sorgente abbiamo già detto tutto ciò che abbiamo creduto necessario dire, dobbiamo considerare adesso le cose seguenti come da una specie di nuovo inizio.

da De Genesi ad litteram, libro V, 21-23.

 

Bisogna comprendere bene la creazione primordiale o causale

6. 9. In quanto alla suddetta distinzione delle opere di Dio, alcune appartengono ai "giorni" invisibili in cui Dio creò tutte le cose in un solo istante, e altre ai giorni che noi conosciamo e nei quali egli produce ogni giorno tutte le cose che si sviluppano nel tempo e derivano da quelle, che si potrebbero chiamare involucri primordiali. Spiegando così le cose, credo di non aver detto nulla di errato né d'illogico, interpretando le parole della Scrittura che mi hanno indotto a fare quella distinzione. Ma poiché è un po' difficile comprendere questi argomenti che sono al di sopra della portata dei lettori piuttosto tardi d'ingegno, devo preoccuparmi che non si pensi che io pensi o affermi qualcosa che so bene né di pensare né di affermare. Sebbene nelle mie precedenti spiegazioni io abbia premunito — per quanto possibile — il lettore, credo tuttavia che ci saranno parecchi i quali da queste spiegazioni non siano stati istruiti con sufficiente chiarezza e immaginano che nella creazione primordiale, in cui tutti gli esseri furono creati simultaneamente, l'uomo esistesse già dotato d'una certa forma di vita con cui potesse capire, credere e comprendere la frase rivoltagli da Dio allorché disse: Ecco, vi ho dato ogni specie di piante erbacee aventi in se stesse il seme (Gen 1,29). Chi dunque immagina ciò, sappia che io non ho né pensato né affermato una simile cosa.

L'uomo fu creato dapprima nelle sue cause

6. 10. D'altronde se dirò che nella creazione primordiale, in cui Dio creò tutti gli esseri simultaneamente, l'uomo non era non solo come quando è giunto all'età matura ma neppure come quando è bambino, né solo come un bambino ma neppure com'è un embrione nel ventre materno - e non solo non era un embrione, ma neppure un germe visibile d'uomo - se dirò così, uno potrà credere che l'uomo non esisteva affatto. Questo eventuale individuo torni dunque alla Scrittura e vi troverà che l'uomo fu fatto ad immagine di Dio il sesto giorno e fu fatto maschio e femmina (cf. Gen 1,27). Cerchi parimenti quando fu fatta la donna e troverà che fu fatta all'infuori di quei sei "giorni", poiché fu fatta quando Dio con la terra formò "ancora" le bestie del campo e gli uccelli del cielo, non già quando le acque produssero gli uccelli e la terra produsse esseri viventi, tra cui c'erano anche le bestie. Allora, nella creazione primordiale l'uomo fu fatto maschio e femmina; dunque, sia allora che dopo, non allora e non dopo o, al contrario, dopo e non allora; e neppure erano esseri diversi poi, ma erano gli stessi identici, in un modo però allora e in un altro modo poi. Mi si chiederà: "In che modo poi?". Risponderò: "Visibilmente, nella forma della struttura umana che noi conosciamo, pur non generato da genitori ma l'uomo formato dal fango e la donna formata dalla sua costola". Mi si chiederà ancora come furono fatti nella creazione primordiale e io risponderò: "Invisibilmente, potenzialmente, nelle loro cause, come sono fatti gli esseri destinati a esser fatti ma non ancora fatti".

Le cause costitutive dell'uomo sono anteriori a tutti i germi visibili

6. 11. Forse però quel tale non mi capirà poiché gli vengono sottratte tutte le nozioni delle cose che gli sono familiari, inclusa la materialità dei semi. L'uomo infatti non era già qualcosa di simile quando fu creato nella creazione primordiale dei sei "giorni". I semi presentano — è vero — una certa rassomiglianza con ciò, di cui qui trattiamo, per i princìpi in essi racchiusi e destinati a svilupparsi, e tuttavia le cause di cui qui parlo esistono prima di tutti i semi visibili. Quel tale però non comprende. Che dovrei fare dunque, se non dargli un consiglio salutare — per quanto mi è possibile — di credere cioè alla Scrittura di Dio, che l'uomo fu creato non solo allorché Dio, dopo aver creato il "giorno", fece il cielo e la terra; di lui in un altro passo la Scrittura dice: Chi vive per sempre ha creato ogni cosa simultaneamente (Sir 18,1) ma [fu creato] anche allorché Dio, creando le cose non più simultaneamente, ma ciascuna al proprio tempo, formò l'uomo con il fango della terra e la donna con un osso di lui. La Scrittura infatti non ci consente né d'interpretarla nel senso che [l'uomo e la donna] furono creati in questo modo al sesto giorno né tuttavia nel senso che non furono creati al sesto giorno.

De Genesi ad litteram, libro VI, 6

 

da “Opere di Sant'Agostino”, tr. it. di L. Carrozzi, Città Nuova, Roma 1982, vol. IX,2, pp. 183-185, 221-223, 277-283 e 295-299.