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Come si forma l’arcobaleno?

Federica Volpi
Laurea Magistrale in Astrofisica, Università degli Studi La Sapienza, Roma, Master in Scienza e Tecnologia Spaziale, Università degli studi di Roma Tor Vergata
2015

L'arcobaleno

L'arcobaleno è certamente una delle manifestazioni della natura che più ha affascinato l'umanità. Non solo è stato e continua ad essere fonte di ispirazione per molti artisti, ma ha anche incuriosito e appassionato i pensatori e gli scienziati di tutte le epoche, che hanno cercato di comprenderne sempre più nel dettaglio l’origine e la causa.

Colori

Vedere un arcobaleno non è così facile: in una nazione piovosa come l’Inghilterra, ad esempio, si contano solamente una decina di avvistamenti l’anno. Sono molti infatti i fattori che, insieme, permettono l’origine e l’osservazione di tale fenomeno. Gli ingredienti fondamentali sono una sorgente luminosa (generalmente il Sole, ma anche la Luna o una sorgente artificiale molto intensa) e goccioline d’acqua disseminate nell’atmosfera.

Le gocce di pioggia all’origine di un arcobaleno sono sferiche, e non hanno la forma allungata e “a lacrima” con la quale vengono solitamente rappresentate. Se il raggio della goccia è inferiore al millimetro, infatti, la forma della goccia sospesa in aria è praticamente una sfera perfetta in quanto la forza di gravità non riesce a deformarla, ma vincono le forze di tensione superficiale. Gocce di dimensioni un po’ più grandi possono allungarsi o oscillare durante la caduta, subendo la resistenza dell’aria: in quel caso, l’arcobaleno non sarà perfetto ma subirà delle deformazioni.

Arcobaleno primario

L'arco luminoso e colorato che talvolta possiamo vedere in cielo dopo un temporale è detto arcobaleno primario. Esso è visibile quando il Sole si trova alle spalle dell’osservatore e illumina una nuvola con pioggia che si trova davanti a quest’ultimo. La caratteristica principale di un arcobaleno primario è certamente la molteplicità di colori dell’arco, i quali possono variare per luminosità e nitidezza ma seguono sempre la stessa sequenza dall’interno verso l’esterno: violetto, blu, verde, giallo, arancio e rosso.

Come si originano questi colori?

I colori del primario si formano dalla rifrazione e riflessione dei raggi solari attraverso le gocce d’acqua. Un raggio solare all’interno di una goccia si rifrange e si scompone nei diversi colori, e ad ogni lunghezza d’onda corrisponde un diverso angolo di deviazione. Sulla parete opposta della goccia si ha una riflessione, in quanto quest’ultima si comporta come uno specchio concavo. Uscendo dalla goccia, il raggio si rifrange nuovamente. È la rifrazione, dunque, a scomporre la luce solare bianca nei sette colori dello spettro, come accade in un prisma.

I raggi incidenti che, entrando nella goccia, arrivano vicini al suo centro sono deviati quasi a 180°, tornando indietro. Gli altri, invece, più sono distanti dal centro e meno sono deviati, finché la deviazione non raggiunge un minimo (circa 137.5° per la luce rossa). Questo angolo di minima deviazione viene definito “angolo d’arcobaleno”. La deviazione aumenta di nuovo se il raggio entrante si avvicina al bordo della goccia.

Le deviazioni sono tradizionalmente misurate a partire dalla direzione della luce solare entrante. Abbiamo detto che l’angolo di deviazione per la luce rossa, che forma la parte più esterna dell’arcobaleno primario, è circa 137.5°. Il centro dell’arcobaleno è direttamente opposto al Sole (dunque un angolo di deviazione di 180°). Il raggio del bordo rosso del primario quindi è 180°-137.5°=42.5°. La luce blu, di lunghezza d’onda minore, viene rifratta con un angolo di deviazione maggiore, dunque il raggio del bordo blu del primario sarà minore: per questo motivo il blu è il colore che troviamo nel bordo interno dell’arcobaleno. Per la precisione, il raggio di un arcobaleno primario va dai 38.72° a 42.86°.

A motivo di ciò, non è un caso che gli arcobaleni siano più facili da vedere al mattino (tre ore dopo l’alba) e nel tardo pomeriggio (tre ore prima del tramonto): se il Sole si trova ad un'altezza maggiore di 42°, come in genere avviene nel momento in cui esso è più alto sopra le nostre teste, non saremo in grado di vedere alcun fenomeno. Inoltre, la parte di arcobaleno che riusciamo a vedere è tanto più grande quanto più il Sole è basso, e lo vediamo interamente solo quando il Sole è proprio all’orizzonte.

E’ interessante sottolineare che due persone non vedono mai un arcobaleno esattamente allo stesso modo: il centro dell’arcobaleno, infatti, si trova sulla linea ipotetica che congiunge il Sole agli occhi dell’osservatore, e dipende quindi dalla sua posizione.  Ogni osservatore vede un arcobaleno differente: per questo motivo, se ci spostiamo, cambia anche la dimensione dell’arcobaleno. Se volessimo raggiungerlo, camminando nella sua direzione, inizialmente lo vedremmo allontanarsi, per poi vederlo scomparire. 
Un arcobaleno non è solo un insieme di archi colorati. Le gocce di pioggia indirizzano la luce nella zona di cielo all’interno dell’arco primario, e i colori si sovrappongono: per questo la regione interna di un arcobaleno primario appare molto luminosa e non colorata.  

Arco secondario

In particolari situazioni collegate all'altezza del Sole, alle dimensioni della zona investita dalla pioggia, alla posizione dell'osservatore, si può osservare un secondo arco, con un raggio di circa 52°, più in alto nel cielo rispetto all'arco primario: il cosiddetto arco secondario. Esso si forma quando nella goccia di pioggia avvengono due riflessioni, invece di una sola. In esso i colori si susseguono in ordine rovesciato.

Inoltre, osservando con attenzione lo spazio che si trova tra l’arco primario e secondario, possiamo scorgere una regione di cielo più scura rispetto al cielo circostante: questo perché la luce in quella zona viene polarizzata dalle gocce d’acqua e convogliata verso le parti esterne.

Questa regione prende il nome di “banda scura d'Alessandro”, in quanto il primo a descriverla fu Alessandro di Afrodisia, filosofo del II secolo e commentatore di Aristotele.

Arcobaleni soprannumerari

Un fenomeno molto affascinante, difficile da osservare, è quello della formazione di una serie di bande deboli (soprattutto rosa e verdi) nel lato interno dell'arco primario, e più raramente anche nel lato esterno dell'arco secondario. Il loro numero può variare di minuto in minuto.

Questi tenui arcobaleni di ordine superiore al secondo sono detti soprannumerari, e il loro numero d’ordine è determinato dal numero di riflessioni interne alla goccia d’acqua. Tali riflessioni multiple si originano da gocce di pioggia piccole e delle stesse dimensioni. 

Il fenomeno degli arcobaleni soprannumerari venne spiegato per la prima volta da Thomas Young nel 1804, fornendo una prova della natura ondulatoria della luce. Le bande color pastello dei soprannumerari, infatti, non si possono spiegare con la teoria classica. Secondo l’ottica geometrica, due raggi luminosi che investono una goccia di pioggia percorrono al suo interno due cammini differenti, e le loro intensità si sommano: la loro luce si combina per produrre una luminosità ancora maggiore nella direzione della deviazione. Questo non è ciò che accade nel caso degli archi soprannumerari: non si presenta un unico fascio luminoso ma bande alternativamente chiare e scure. Come spiegare tale fenomeno?

Se abbandoniamo la teoria classica e consideriamo i raggi luminosi come onde, abbiamo un comportamento diverso: le creste d’onda incidenti sono inizialmente sincronizzate quando attraversano la goccia, ma poiché entrano nella goccia in punti diversi e le lunghezze dei cammini sono diverse, tali creste emergono dalla goccia  con fasi differenti.

Le intensità delle onde emergenti non si possono sommare semplicemente  perché le onde interferiscono: quando le creste sono completamente fuori fase, le loro ampiezze positive e negative si annullano e c’è poca luce, mentre quando sono in fase la luce aumenta.

La differenza di fase e l’interferenza variano al variare dell’angolo di deviazione dell’arcobaleno. Si ha un picco di intensità vicino l’angolo di arcobaleno classico con bande soprannumerarie all’interno. Dunque, al diminuire delle dimensioni delle gocce di pioggia, la differenza di fase cambia più lentamente con l’angolo. Il picco dell’arcobaleno si allarga e le bande degli archi soprannumerari risultano più spaziate. Ecco perché sono necessarie gocce di piccole dimensioni per osservare tale fenomeno.

Anche i colori cambiano con le dimensioni delle gocce: un arco è dato dalla sovrapposizione di archi di luce monocromatica. Quando gli archi si allargano, i diversi colori si sovrappongono maggiormente e le tonalità risultanti sono pastello.

Arcobaleno lunare

Gli arcobaleni lunari si generano grazie alla luce della Luna, e sono molto rari in quanto essa non è molto intensa. È necessaria una notte particolarmente tersa e una Luna quasi piena per osservare tale spettacolo.

La Luna non deve essere più alta di 42° e deve piovere in opposizione rispetto ad essa. L’arcobaleno lunare risulta normalmente senza colori, perché per il nostro occhio è difficile riconoscere i colori al buio: osserveremo dunque semplici archi bianchi.

Solo fotografie a lunga esposizione permettono di distinguere con chiarezza i colori dell'arcobaleno.